Sulle rive svizzere del Lago Maggiore tre mostre su un’artista che esplora l’inconscio
È ancora poco conosciuta in Italia Valérie Favre, artista a cui la Fondazione Ignaz e Mischa Epper dedica il ciclo di tre mostre “Confirmer l’invisible”, in cui il curatore Noah Stolz, attraverso un eterogeneo corpus di opere ne sonda le intime dinamiche inconsce

C’è una villetta sulle rive svizzere del Lago Maggiore, ad Ascona, che è stata a lungo un punto d’incontro e scambio fra alcuni dei più brillanti ingegni della cultura elvetica. Qui abitavano e avevano il loro atelier i coniugi Ignaz (San Gallo, 1892 – Ascona, 1969) e Mischa Epper (Bloemendaal, Olanda, 1901 – Basilea, 1978). Se l’uno, erede della tradizione espressionista, aveva goduto di una certa rinomanza, ancora inedita e segreta resta l’opera dell’altra. Alla morte di lei è stata costituita la Fondazione Ignaz e Mischa Epper, che fino al 2020 ha trovato alloggio nella loro stessa casa e che oggi ha la propria sede in un palazzo storico nel centro di Ascona.
Valérie Favre in mostra sul Lago Maggiore
Dotata di un ingegno eclettico e visionario, profondamente legata allo psicanalista Carl Gustav Jung, di cui eseguì diversi ritratti, Maria Catharina Quarles van Ufford, detta Mischa e coniugata Epper, oggi al centro di numerose iniziative volte a rivalutarne la figura, è forse sul punto di trovare la sua meritata consacrazione.
Intanto, in attesa di aprire i battenti al lascito intellettuale e realizzativo di Mischa Epper, quasi a volerne anticipare e introdurne le tematiche, è stata invitata a esporre nei locali della Fondazione una figura femminile ritenuta in grado di condividerne contenuti spirituali e intensità espressiva: Valérie Favre (Evilard, Svizzera, 1959), protagonista di una serie di tre mostre consecutive iniziata a partire dallo scorso aprile; artista che, sebbene poco nota in Italia, dove ha fatto solo una sporadica apparizione, si può fregiare di un prestigioso curriculum internazionale. Docente di pittura all’Universität der Künste di Berlino, è stata insignita del Premio Meret Oppenheim 2024.
La psicoanalisi nell’opera di Valérie Favre alla Fondazione Ignaz e Mischa Epper
Il percorso espositivo proposto dal curatore Noah Stolz esplora, attraverso disegni preparatori, annotazioni e acquarelli, il rapporto di Valérie Favre con la psicanalisi e, come dice il titolo delle tre mostre, la sua capacità di dar vita a ciò che è invisibile. “Ho notato che Favre – spiega Stolz – pur sviluppando il suo lavoro per grandi temi paralleli, tende a ripetere e a far evolvere determinate figure simboliche. Ho quindi individuato le principali dinamiche messe in campo per restituirle attraverso i tre movimenti della mostra”. Il primo di questi “movimenti” era incentrato sul rapporto tra uomo e natura, indagato attraverso il ricorso a figure archetipiche esplorate in tutta la loro estensione e interconnessione; mentre, il secondo si è aperto sull’esigenza di organizzare questo materiale archetipico secondo formule e tassonomie che si trovano però a essere continuamente scompaginate e rimesse in discussione dall’ininterrotto fluire delle immagini psichiche.

Le prime due mostre dedicate a Valérie Favre ad Ascona
Nella prima e nella seconda esposizione, tra il dispiegamento di disegni e lavori di piccolo formato, spiccava un dipinto, centrale nella produzione dell’artista, La deuxième Daphnè. Un olio su tela realizzato nel 2015, parte di un ciclo in cui Favre riprende il mito di Dafne per esplorarne la metamorfosi e il legame con l’inconscio, mettendo in scena una trasformazione costantemente in divenire. Dilagante nei suoi toni cromatici che sullo sfondo di un nembo rosso fuoco evocano apparizioni di un bianco ectoplasmatico, quest’opera risulta costruita per stratificazioni di colore materico e formicolanti segni grafici: ampie campiture dialogano con tratti lineari che suggeriscono la figura di Dafne, o piuttosto la sua aura fantasmatica. Il contrasto fra questi toni crea un’atmosfera sospesa, in bilico tra racconto mitologico e paesaggio interiore. La superficie conserva tracce di impasto spesso e pennellate rapide, secondo un processo pittorico che si manifesta come un’azione ciclica di costruzione e decostruzione, per cui la pittura, come dice l’artista, richiama la figura di “Penelope che fa e disfa la sua tela ogni notte”, un esercizio di ri-narrativa in cui il senso si dirama, si ricuce e si riassesta continuamente strato su strato.

Valérie Favre e l’invisibile in mostra alla Fondazione Ignaz e Mischa Epper
Ed eccoci arrivati al terzo movimento. Confermare, dare sostanza a ciò che è invisibile significa mettere in scena un teatro di metamorfosi, di transiti, di evanescenze appena profilate, stati limbici, apparizioni allucinatorie. È un racconto elusivo e frammentato, in cui i ruoli si confondono e i personaggi si interscambiano le identità, si incorporano l’uno nell’altro, e l’umano si intreccia con l’animale e il vegetale. È la sostanza dei miti, dei sogni, delle fiabe. In questa terza mostra si distinguono in particolare i disegni acquarellati aventi per soggetto la storia di Cappuccetto Rosso, raccontata per frammenti temporali che sottolineano gli scarti d’interconnessione fra la bambina, la nonna e l’animale, alla stregua di un polittico medievale che scandisse i vari episodi di passione e resurrezione, in cui tutti gli eventi figurassero però contenuti nella contemporaneità sincronica di un tempo parallelo, il tempo, appunto, del sogno, del mito o della fiaba. Il segno fugace e stratificato, il ritmo mercuriale di questi quadri narrativi sono funzionali a un clima di stupore sospeso e a un dispiegarsi di significati che si ramificano, si smarriscono e si riannodano senza sosta.
Alberto Mugnaini
Ascona, Fondazione Fondazione Ignaz e Mischa Epper
Confirmer l’invisible, Valérie Favre
Fino al 18 ottobre
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