Intervista a Ilaria Gobbi sul suo libro che fa luce sulle artiste marchigiane 

Dopo anni di oblio anche le pittrici marchigiane vengono alla luce grazie a “Figlie di Kalypso” il volume in cui sono convogliati i più recenti studi della ricercatrice e docente da sempre attenta alle presenze femminili nella storia dell’arte

Negli ultimi anni si sono moltiplicate ricerche e pubblicazioni sulle protagoniste femminili del mondo dell’arte. E, dato che ne mancava una sulle pittrici marchigiane, Ilaria Gobbi, dottorata all’UNIMC e docente di storia dell’arte, ha pensato di colmare il vuoto facendo convogliare i suoi studi sull’argomento nel saggio Figlie di Kalypso. Un’affascinante panoramica sulle pittrici della Regione, da Giovanna Garzoni a Simona Bramati, passando per l’Italienne a Parigi Agostina Segatori, più famosa di molti pittori… Per approfondire ne abbiamo parlato con lei. 

Intervista a Ilaria Gobbi, autrice di “Figlie di Kalypso” 

Quale è il tuo percorso di studi e ricerca che ti ha spinto a questa pubblicazione? 

Incontrai la storia dell’arte al femminile tra i banchi del liceo classico, grazie a letture e autrici che aprirono un varco allora inatteso. Da quel momento l’interesse crebbe autonomo e, parallelamente al percorso accademico, intrecciai lo studio del talento femminile, stupita di constatare come fosse, a ogni livello di formazione, taciuto o depotenziato. Durante il Dottorato, accanto alla tesi ufficiale, avviai una ricerca indipendente dedicata alle artiste conterranee. Quelle vite divennero per me presenze costanti, “attaccate all’orlo della mia gonna”, che mi sollecitavano a restituire loro ascolto. 

Da dove arriva il suggestivo titolo e come hai selezionato le protagoniste? 
Il titolo prende forma dal XXXV libro della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Mi colpì che un autore del I secolo citasse artiste donne. Tra i nomi incontrai Kalypso, che in greco significa “nascondere”. Significativo, quasi premonitore, il fatto che dall’oblio sia nata la nostra genealogia di donne dell’arte… La scelta delle artiste, invece, si è delineata in modo naturale, senza finalità tassonomiche, privilegiando quelle vite che apparivano narrativamente più compiute. 

Qual è stato il riscontro che stai avendo, sono previste iniziative particolari? 
Sono vivamente grata ai musei marchigiani che mi hanno ospitata per le presentazioni, momenti di dialogo attento e partecipato, testimonianza di un interesse autentico e diffuso. Da questo fermento sono germinati nuovi sviluppi progettuali, anche attraverso altri linguaggi, come l’idea di realizzare un documentario. 

Possiamo aspettarci un seguito? É bello pensare che “là fuori” ci sono tante alte vite artistiche da raccontare 
Sono già al lavoro sulla stesura del Volume II. Reperire le fonti è sempre più complesso, ma il recente incontro con le eredi di un’artista di straordinario valore, rimasta ai margini della storiografia, mi ha confermato l’urgenza di portare avanti la mia visione. Entrare nelle vite di queste famiglie è ogni volta un’esperienza profonda: consegnano alla mia voce la loro memoria, ed io sento il dovere di restituire loro un giusto riconoscimento. Figlie di Kalypso è un viaggio difficile ma necessario, che intende raccontare l’altra metà della storia dell’arte. Anche noi marchigiani dobbiamo imparare a “strappare le orchidee dall’obitorio”, come scriverebbe Lea Vergine. 

Annalisa Trasatti 

Libri consigliati:  

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti) 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Annalisa Trasatti

Annalisa Trasatti

Sono laureata in Beni culturali con indirizzo storico artistico presso l'Università di Macerata con una tesi sul Panorama della didattica museale marchigiana. Scrivo di educazione museale e didattica dell'arte dal 2002. Dopo numerose esperienze di tirocinio presso i principali dipartimenti…

Scopri di più