Il catalogo di museo, dai coccodrilli al digitale 

Tra i cataloghi dei musei e delle mostre si possono scorgere delle frizioni, che riflettono il rapporto problematico che spesso si rileva, a un livello più generale, tra gli uni e le altre

Madamina, il catalogo è questo” canta Leporello, illustrando le innumerevoli conquiste del suo padrone a un’attonita Donna Elvira. Pochi anni prima dell’esordio praghese del Don Giovanni di Mozart (1787), era stato pubblicato quello che si può considerare il primo catalogo moderno di museo, in cui a ogni opera è riservata una breve scheda, con le informazioni essenziali e una succinta descrizione: La Galerie Electorale de Dusseldorff, ou catalogue raisonné et figuré de ses tableaux di Nicolas de Pigage, uscito a Basilea nel 1778. I dipinti della Galleria Elettorale vi sono anche riprodotti, in tavole che raffigurano una ad una le pareti delle diverse sale in cui era esposta la raccolta: una sorta di anticipazione delle visite virtuali della nostra era tecnologica.  

I cataloghi museali e ragionati 

Il catalogo di Pigage è preceduto da una tradizione di volumi illustrati dedicati a singole collezioni, che partiva dalla fine del Cinquecento e che aveva conosciuto una notevole fioritura nel secolo seguente, con un buon numero di ‘cataloghi’ delle collezioni naturalistiche e antiquarie italiane (Imperato, Calzolari, Moscardo, Cospi, Kircher) e di altre parti d’Europa (quella di Ole Worm a Copenhagen). Corredati spesso di vedute d’insieme di questi musei di curiosità, sono fonti indispensabili e affascinantissime per conoscere le modalità di allestimento di raccolte come queste (vi si vede di tutto: coccodrilli appiccicati al soffitto come enormi gechi, pesci e uccelli delle più diverse specie, idoli egizi e animali fantastici). Al Catalogue raisonné della galleria di Düsseldorf è seguita un’enorme produzione di cataloghi museali, che si sono sempre più imposti come strumenti scientifici fondamentali, differenziandosi tra cataloghi che hanno continuato a privilegiare un’informazione concisa e altri che presentano schede molto ampie e approfondite (dei veri e propri saggi) sui singoli pezzi di una raccolta. 

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Un meme dalla pagina Mo(n)stre

Il concetto di catalogo di mostra 

Nel frattempo è nato e si è sviluppato anche il catalogo di mostra, che ha subìto nel corso del tempo un’evoluzione ancora più sensazionale di quella del suo omologo museale: da opuscoli non illustrati di poche pagine, in cui le opere sono solamente elencate (come i cataloghi delle mostre fiorentine nel chiostro della Santissima Annunziata, pubblicati – tra i primi – a partire dal 1706), si è passati a volumoni riccamente illustrati, con testi introduttivi e ampie schede, che in nessun modo possono essere usati come supporti della visita. Il catalogo di mostra ha insomma assunto la veste di un volume d’arte sempre più indipendente dalla rassegna che ne è all’origine, come prova anche il fatto che spesso i cataloghi non sono pronti per l’inaugurazione, ma escono molto tempo dopo, se non a mostra finita. Tra i cataloghi dei musei e delle mostre si possono scorgere delle frizioni, che riflettono il rapporto problematico che spesso si rileva, a un livello più generale, tra gli uni e le altre: su una certa opera si trovano più informazioni (e riproduzioni migliori) nei cataloghi delle mostre in cui quell’opera è stata esposta, che non nel catalogo del museo che la custodisce normalmente, o perché il catalogo del museo è troppo sintetico, o perché è vecchio e da aggiornare, o perché non c’è proprio; e, a questo proposito, è stato più volte rilevato come il rallentamento nell’attività di catalogazione di un museo sia dovuto al fatto che direttore e personale scientifico siano più impegnati su altri fronti, a cominciare da quello dell’organizzazione di mostre temporanee e del confezionamento dei relativi cataloghi. È vero anche, d’altro canto, che questa contrapposizione si è talvolta ricomposta in un quadro di fruttuosa armonia, come quando la redazione di un catalogo di museo ha potuto beneficiare dei progressi scientifici apportati dai cataloghi delle mostre riguardanti le raccolte di quel museo svoltesi negli anni precedenti. 

Da qualche anno il catalogo di museo si trova ad affrontare la sfida imposta dal digitale e dalla rete. I siti di molti dei principali musei del mondo offrono repertori online delle loro collezioni (completi o meno), da cui si ricavano le informazioni essenziali e buone riproduzioni, spesso scaricabili. Questo però non significa la fine del catalogo come volume cartaceo, che sembra ancora lo strumento più indicato non tanto per reperire notizie su singole opere, quanto per apprezzare la consistenza e le caratteristiche di una determinata raccolta nel suo complesso e per conoscerne la storia. 

Fabrizio Federici 

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Fabrizio Federici

Fabrizio Federici

Fabrizio Federici ha compiuto studi di storia dell’arte all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore, dove ha conseguito il diploma di perfezionamento discutendo una tesi sul collezionista seicentesco Francesco Gualdi. I suoi interessi comprendono temi di storia sociale dell’arte…

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