Gli studi fisiognomici di Goya in mostra a Roma al Cervantes

All’Istituto Cervantes di Roma in mostra 38 litografie di Francisco Goya appartenenti a tre delle sue famose serie, “Los Caprichos”, “Los Disparates”, “Los Desastres”, provenienti dall’Istituto di Calcografía Nacional Real Academia de San Fernando di Madrid. Una indagine analitica, attraverso l’interiorità e l’espressività dei personaggi, che evidenzia il rapporto complesso con la fisiognomica dall’antichità al XVIII secolo.

Lo studio della fisiognomica, le cui radici si rintracciano da Aristotele ad Albrecht Dürer, da Leonardo da Vinci a Giovanni Battista della Porta e Johann Kasper Lavater, è quella pratica che deduce i caratteri sociali, psicologici e morali di una persona dal suo aspetto fisico; elementi anatomici e zoomorfi che hanno influenzato l’iconografia di Francisco Goya (Fuendetodos, 1746 – Bordeaux, 1828). Ricco è il repertorio che si fonde con le tradizioni autoctone della fine del XVIII secolo a cui Goya, come sottolinea Juan Bordes, “riserverà il bisturi psicologico del ritratto, in cui se ne svela l’interiorità con i registri più sottili”.

GRAFICA E FISIOGNOMICA SECONDO GOYA

La brutalità, il tema del macabro, del deforme e del mostruoso, parti integranti della produzione di Goya, in queste litografie – che provengono dalle serie de Los Caprichos (1799), Los Desastres (1810) e Los Disparates (1815-23) – vedono l’evolversi delle fattezze anatomiche dell’uomo in quelle degli animali, nel loro essere irrazionale e demoniaco; fantasmi di un mondo lontano, inafferrabile e chimerico. È un universo in bianco e nero, metafora del senso della morte, in cui, come scrive Michel Vovelle in La mort et l’Occident: de 1300 à nos jours (1983), “da solo, il frontespizio dei ‘Capricci’ illustra senza ambiguità la svolta intervenuta: dietro un uomo addormentato si leva il volo degli uccelli della notte, e la leggenda chiarisce: ‘il sonno della ragione genera mostri’”.
Arpie, fantasmi e spettri che sono la sintesi di tutta una letteratura astrologica, medica, iconografica e antropologica che dalla Storia Naturale di Plinio (I sec. d. C.) e dalle teorie dei quattro temperamenti aristotelici, arriva a comprendere, proprio nel contesto culturale di Goya e soprattutto dal suo viaggio in Italia, le discussioni di anatomia comparata di Petrus Camper, il quale introdusse il concetto dell’angolo facciale, metodo che attraverso proiezioni craniometriche classificava i visi dandone attributi morali e antropologici.

Francisco Goya, Capricho 54. El vergonzoso, 1799, acquaforte e acquatinta, 217x152 mm

Francisco Goya, Capricho 54. El vergonzoso, 1799, acquaforte e acquatinta, 217×152 mm

GOYA E LE ANOMALIE

I parallelismi iconografici evidenziati da Juan Bordes danno vita a un evidente confronto che mostra tre tipologie di fisionomie: l’animale, il patologico e il degradato, tutti afferenti a un realismo che, se veramente tale, come scrive Argan, è anti-naturalistico perché “la struttura del discorso figurativo rimane barocca, ma portata al limite del disfacimento. Goya non s’illude di riscattare nell’arte l’assurdo storico e morale; all’idea del bello teorizzato da Mangs oppone la realtà del brutto. L’estasi del Greco, stravolta, diventa incubo: i cauchemar di cui parlerà Baudelaire”.
Un’estetica del negativo, si potrebbe teorizzare, che attraverso questa mostra, dai molti riferimenti iconografici e storici, pone l’arte grafica di Goya come specchio del suo interesse per le anomalie; la pazzia e il genio di una personalità preromantica che si interroga profondamente sull’Io e sull’alienabilità nella propria solitudine di uomo contemporaneo.

Fabio Petrelli 

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Fabio Petrelli

Fabio Petrelli

Nato nel 1984 ad Acquaviva delle Fonti, è uno storico dell’arte. Laureato nel 2006 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi in storia dell’arte (Storie notturne di donne. La rappresentazione perturbante della donna dal XV secolo ad…

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