Che differenza c’è nell’analizzare un’opera d’arte tra esperti e non?

Ci sono delle differenze, nella percezione dell’arte, tra artisti, - “addetti ai lavori” - e semplici amateurs? Ancora una volta, le evidenze neuroscientifiche, attraverso l’analisi dei dati di tracciamento oculare, ci forniscono una valida chiave di lettura

Nell’ambito dello studio della percezione di un’opera d’arte, il dibattito sulla definizione dei processi che contribuiscono all’affiorare di un’esperienza estetica è molto controverso: alcuni sostengono la dominanza dei processi “dal basso verso l’alto”, detti bottom-up, e altri di quelli “dall’alto verso il basso” definiti top-down. I processi bottom-up si riferiscono, ad esempio, alle caratteristiche visive dell’opera d’arte quali l’illuminazione, la dinamicità o la simmetria; i processi top-down riguardano fattori personali o caratteristiche dello spettatore, inclusi il suo grado di istruzione, lo stato emotivo in cui egli versa e il suo background culturale. A seconda di queste caratteristiche, lo sguardo dell’osservatore si concentrerà prima su certi elementi piuttosto che su altri e questo influenzerà completamente la relazione che, nell’esperienza estetica, si crea tra spettatore e opera. Una di queste componenti, la preparazione culturale dello spettatore, la sua più o meno vasta conoscenza del mondo dell’arte, il suo grado di “expertise”, in gergo tecnico, secondo le neuroscienze, condiziona massicciamente le modalità di fruizione e percezione di un dipinto, di una scultura, di un’installazione artistica. 

LA FRUIZIONE DELL’OPERA D’ARTE

Un artista è sicuramente “avvantaggiato” nella percezione di un’opera rispetto a chi è a “digiuno” d’arte. Ma quanto? E ancora, ci sono differenze percettive? Ovvero: su cosa si concentra primariamente lo sguardo di chi è del mestiere rispetto a chi non lo è? Durante la visualizzazione di un dipinto, gli artisti, a parità di tempo di osservazione, sembrano recepire più informazioni dal dipinto, sulla base della loro esperienza e conoscenza, rispetto ai “novizi”. Gli esperti colgono immediatamente forme, pattern geometrici caratteristici, soggetti rappresentati e memorizzano molti più dettagli inerenti all’opera rispetto ai non addetti ai lavori e in un lasso di tempo minore. I risultati di alcuni studi neuroscientifici, poi, rivelano che le valutazioni degli artisti mostrano un interesse maggiore per la qualità delle opere d’arte, ovvero la loro originalità e complessità, mentre i principianti sono perlopiù influenzati da caratteristiche emotive come piacevolezza e potere comunicativo. Questo ha una diretta conseguenza sulle parti dell’opera su cui lo sguardo dell’osservatore, artista o meno, si posa: gli artisti, infatti, sembrano essere attratti da punti diversi dell’immagine rispetto agli altri.

QUANDO UN ARTISTA OSSERVA UN’OPERA D’ARTE, COSA GUARDA?

Gli studi condotti fino ad ora e che hanno portato a questa conclusione si fondano sull’analisi del comportamento degli occhi di alcuni soggetti, utilizzando strumenti come l’eye tracking che mappa e monitora traiettoria e percorso dello sguardo mentre le persone osservano un’opera d’arte. Durante la visualizzazione di dipinti o fotografie rappresentativi, gli artisti sembrerebbero fissare di più lo sfondo in un’immagine (Antes & Kristjanson, 1991): questo risultato suggerisce che essi rivolgono la propria attenzione su caratteristiche più “strutturali” dell’opera d’arte come composizione dello spazio ed orientamento della luce mentre i principianti tendono a concentrarsi su elementi semanticamente più informativi come un volto umano o una figura nel caso di quadri figurativi e forme ed elementi preponderanti, nel caso di quadri astratti. Questo implica che gli artisti abbiano una conoscenza esplicita e più profonda dei modelli visivi non semantici, non posseduta dai novizi: un’analisi accurata della composizione dell’opera permette loro di scoprire dettagli trascurati o poco in evidenza, che solo un occhio esperto è in grado di cogliere ad un primo acchito. Non solo: gli autori riferiscono che la competenza conduce a un minor numero di fissazioni oculari su regioni dell’immagine salienti, suggerendo quindi che la conoscenza dell’arte degli artisti prevale sugli stimoli e guida lo sguardo, aprendo la possibilità di focalizzare la loro attenzione alle aree dell’immagine meno preminenti e quindi meno “banali” (Koide et al., 2015). Insomma, da un punto di vista psicologico, gli artisti, essendo abituati all’osservazione (e alla produzione) del bello, riescono a coglierlo con più prontezza, percependo forme nascoste o pattern specifici in modo più accurato; riuscendo a comprendere con quale concezione l’autore dell’opera osservata ha costruito lo spazio virtuale dell’immagine, quali indicatori spaziali ha utilizzato, se si tratta di uno spazio coerente con l’uso della prospettiva geometrica e da quale punto di vista è stata osservata e riprodotta la scena. 

E IN NON ADDETTI AI LAVORI?

Questo non vuol dire che i semplici amateurs non possano apprezzare e godere a pieno della bellezza che l’arte restituisce, ma solo che gli artisti e gli addetti al mestiere sembrano essere più veloci e più pronti a coglierla. Ricordiamoci però che, come tutte le abilità, anche la capacità di comprendere la complessità della bellezza è questione non solo di studio e preparazione ma anche di pratica. E’ per questo che, se da una parte, chi produce arte deve continuare ad allenare questa capacità, ricercando stimoli sempre nuovi, coloro che si vogliono aprire alla contemplazione estetica, cercando di affinare il proprio spirito di osservazione, non devono avere paura di osare e perseverare. E poi, essere un “semplice” appassionato ha i suoi vantaggi e ancora una volta, la scienza ha qualcosa da dirci a riguardo. Sembra infatti che, esattamente come i Grandmaster degli scacchi, per quanto formidabili nell’architettare ingegnose tattiche per arrivare agli atti finali di una partita, a volte non colgono la sconvolgente semplicità della mossa più banale, anche essere esperti del mondo estetico, implica l’essere così abituati a recepire quel determinato tipo di stimoli da non riuscire più a meravigliarsi, sorprendersi e perfino cogliere la semplice bellezza di alcuni elementi. È un equilibrio delicato e difficile da raggiungere: essere attenti osservatori e contemporaneamente non dare mai nulla per scontato, cercando sempre di vedere le cose come per la prima volta, attraverso gli occhi di un bambino. Difficile ma non impossibile.

– Marta Pizzolante

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Marta Pizzolante

Marta Pizzolante

Dottoranda di ricerca presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha ottenuto la laurea triennale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca per poi proseguire i suoi studi specialistici in Neuroscienze Cognitive presso l’Università di Trento/CIMeC (Center for Mind/Brain Sciences). La sua…

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