Daniela Ferraria e Mara Coccia: storia di due galleriste a Roma

Fino al 20 settembre 2020 la Galleria Nazionale di Roma ospita due mostre preziose dedicate ad altrettante galleriste che hanno lavorato sullo sfondo della Capitale.

Nel tempo si era creata una piacevole abitudine, la galleria era diventata un punto di incontro, verso l’ora di chiusura venivano amici pittori, giornalisti, gente di teatro e di cinema come fosse un tacito appuntamento”. Così Daniela Ferraria descrive la Roma degli Anni Settanta, poco prima degli Anni di Piombo che trasformeranno l’Italia in un luogo di terrore e repressione. Dopo essere stata l’assistente di Mara Coccia nella galleria Arco d’Alibert, aperta nel 1963 e chiusa nel 1970, decide di riaprire l’attività cinque anni dopo ma questa volta da sola, mantenendo il nome, mentre l’amica si avvia verso un percorso diverso: la galleria Mara Coccia aprirà i battenti nel 1982, prima a via Condotti e poi a via del Corso 530, a due passi da piazza del Popolo, principale punto di incontro della cultura romana nei mitici Anni Sessanta. Due storie partite insieme e poi divise, ma caratterizzate entrambe da un profondo e vitale rapporto di amicizia e scambio con gli artisti: Franco Angeli, Mario Schifano, Gastone Novelli, ma anche Asger Jorn e soprattutto Alexander Calder, protagonista di una personale all’Arco d’Alibert nel 1967, dominata dalla presenza della scultura Les Arêtes de poisson posizionata sul terrazzo di fronte alla galleria, allora in via dell’Orto di Napoli, nel cuore di Trastevere. Negli Anni Ottanta la Coccia presenta Piero Dorazio, Mario Sasso e Fabio Mauri, per lasciare poi spazio a un gruppetto di giovani come Mauro Folci, Licia Galizia e Roberto Pietrosanti, mentre la Ferraria si lega a Paolo Cotani e si interessa prevalentemente di opere su carta: la sua attività spazia da Anne e Patrick Poirier a Hidetoshi Nagasawa, da Giuseppe Uncini a Lui Mainolfi fino ai disegni per la pubblicità di Pino Pascali.
La scelta degli artisti avveniva in modo spontaneo, spesso erano gli artisti stessi a promuoverne altri. I Poirier, durante un soggiorno a Villa Medici, mi invitarono a visitare lo studio del giovane borsista Ange Leccia, un artista di origine corsa che lavorava con proiezioni fotografiche”, ricorda la Ferraria.

Sandro Vannini, Ritratto fotografico di Mara Coccia, 1999. Fondo Mara Coccia. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

Sandro Vannini, Ritratto fotografico di Mara Coccia, 1999. Fondo Mara Coccia. Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

LE MOSTRE ALLA GALLERIA NAZIONALE

In occasione della donazione degli archivi delle due gallerie, la Galleria Nazionale ha inaugurato due piccole ma preziose mostre, che ricostruiscono con dovizia di materiali documentari la storia degli spazi espositivi di Mara Coccia e Daniela Ferraria, curate rispettivamente dalle storiche dell’arte Francesca Gallo e Ilaria Bernardi. “In assenza della gallerista, scomparsa nel 2014, ho optato per una ricostruzione filologica dell’attività di Mara Coccia”, spiega la Gallo. Si parte con un capolavoro, icona del clima felice di piazza del Popolo: il dipinto di Franco Angeli Natale di Roma (1964), acquistato dalla GNAM su consiglio della Coccia, insieme a otto disegni di Osvaldo Licini. Le fotografie di Claudio Abate documentano la performance Ittiodromo di Aldo Mondino (1968), mentre alcune teche ospitano i libri d’artista, realizzati da Gastone Novelli (Viaggio in Grecia, 1966) ed Eugenio Carmi (Stripsody, 1969, con Cathy Barberian e Umberto Eco), presente in mostra anche con Foulards, una camicia di seta realizzata per l’occasione. Ilaria Bernardi ha suddiviso il percorso della Ferraria in due tappe: nella prima sala sono esposti i suoi “oggetti di affezione”: opere di artisti legati alla sua galleria di dimensioni piccole e medie, quasi a costruire una sorta di wunderkammer intima, affiancata a una serie di documenti e di immagini fotografiche delle mostre che si sono susseguite all’Arco d’Alibert. Così dalla collezione della gallerista sono state selezionate una gommapiuma grigia di Giulio Turcato (Senza titolo, 1968), una gouache su carta di Carla Accardi (Senza titolo, 1964), uno Spazio luce (1968) di Francesco Lo Savio e Rotolo (1996) di Hidetoshi Nagasawa. La seconda sala è un ricostruzione de L’arco d’oro e il continente analogo, la mostra personale di Paolo Cotani datata 1979, con alcune opere a parete tra le quali spicca Arco d’oro (1979).

Ralph Gibson, Ritratto di Daniela Ferraria, 1983. Collezione Daniela Ferraria, Roma

Ralph Gibson, Ritratto di Daniela Ferraria, 1983. Collezione Daniela Ferraria, Roma

Il percorso si conclude con una selezione di disegni realizzati da Pino Pascali per la pubblicità, riproposti in galleria nel 1991 e poi in alcune istituzioni italiane e internazionali come la Biennale di Venezia nel 1993. “L’arte ha sempre fatto parte della mia vita, le opere che oggi vengono esposte hanno accompagnato il mio vivere quotidiano”, conclude la Ferraria nel suo testo Percorso di memorie, pubblicato nel rigoroso catalogo della mostra Le opere e gli archivi. Mara Coccia e Daniela Ferraria, edito da Silvana Editoriale. Una maniera sobria ma lodevole per riaprire la Galleria Nazionale dopo i mesi di lockdown.

Ludovico Pratesi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

Scopri di più