Quando la natura è cultura. A Lugano

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Lugano – fino al 16 giugno 2019. Alla Collezione Olgiati una mostra riunisce variazioni contemporanee sul tema della natura. Da Rondinone a Förg, da Cuoghi a Christopher Wool. L'occhio dei contemporanei su un tema ormai vissuto come spunto filosofico senza alcuna velleità realistica.

A un nucleo pressoché costante ormai noto ai visitatori, che spazia dal Nouveau réalisme ai nuovi big del contemporaneo, la Collezione Olgiati affianca ciclicamente mostre temporanee tematiche che presentano nuove acquisizioni e opere finora non viste, talvolta con apporti da altre raccolte.
La mostra primaverile del 2019 sceglie un tema volutamente ampio come la natura, utilizzando come titolo una frase di Emily Dickinson: Nature is what we see. Come a dire che il concetto di natura espresso dagli artisti contemporanei, definitivamente liberi da espressioni “di genere”, è per forza di cose relativo. Anzi si può dire che il soggetto viene affrontato “in negativo”, sottolineando come sia difficile discernere la natura tra successi e catastrofi della civilizzazione postmoderna.

ARTIFICIALE E STILIZZATA

L’idea di natura espressa dalle opere in mostra è dunque per forza di cose mediata dalla percezione, dalla cultura, dalla consapevolezza che è impossibile e forse indesiderabile rintracciare un’origine mitica e immutabile dell’odierna conformazione del mondo.
Il campionario di poetiche è eterogeneo e va percorso col gusto della libera successione di riferimenti più o meno letterali al tema. I rimandi tutt’altro che scolastici che l’allestimento crea tra le singole opere sono un punto di forza.
Dopo un prologo affidato agli Alfabeti di Remo Salvadori, che alludono alla trasformazione alchemica, la mostra entra subito nel vivo con la natura dichiaratamente artificiale delle rocce colorate di Ugo Rondinone. Nella stessa sala l’Iceberg dipinto da Harold Ancart dialoga con le rocce pseudoarcadiche di Markus Lüpertz, mentre la stilizzazione di spunti vegetali di Gunther Förg rinnova la tradizione astratta aggiornandola all’era digitale, senza snaturarsi.

Christopher Wool, Untitled, 2006. Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

Christopher Wool, Untitled, 2006. Collezione Giancarlo e Danna Olgiati

PROLIFERAZIONE E METAMORFOSI

Il concetto di natura viene poi declinato nel senso di proliferazione di forme, ad esempio nel bel lavoro di Tauba Auerbach e nell’altra opera di Rondinone esposta, e di metamorfosi. Con quest’ultimo spunto si apre una sequenza che propone opere di inizio carriera di Enrico David (tra i protagonisti del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia di quest’anno), un perturbante ibrido scultoreo di Roberto Cuoghi e un’opera di Nairy Baghramian che mette in discussione l’idea stessa di scultura e di corpo. Più rarefatta l’ultima parte della mostra, con le sculture minimali di Roni Horn che riportano proprio frasi di Emily Dickinson, le fotografie acquatiche, sempre di Roni Horn, un’incisione di Markus Raetz e un Christopher Wool come sempre da non perdere.

Stefano Castelli 

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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