Un reportage sull’edizione 2025 di Primavera dei teatri a Castrovillari 

La cittadina di Castrovillari, in provincia di Cosenza, ha ospitato a fine maggio la venticinquesima edizione del festival dedicato ai nuovi linguaggi della scena contemporanea: nel nostro reportage gli spettacoli più interessanti

Primavera dei teatri, il festival dei nuovi linguaggi della scena contemporanea giunto alla sua XXV edizione, quest’anno dedicata a Claudio Facchinelli, da poco scomparso, amico e critico di questa rassegna, è l’immagine dell’eccellenza che a Sud ancora stenta a decollare. Drammaturgia e danza contemporanee in un cartellone fitto e variegato.

La danza contemporanea in scena a Primavera dei teatri

Si comincia dalla danza, con Lo spazio occupato, prima nazionale della Nuova Compagnia di Balletto di Calabria, realtà di spicco del panorama calabrese, fondata dal coreografo Massimiliano De Luca, prematuramente scomparso, ma non nell’anima di questa performance, rigorosamente tutta femminile. Un trittico che centra in primo piano sguardi, gesti, volti per soffermarsi sul tema dell’identità, lontana dall’indigestione di parole, ferma sull’essenziale, che domina la scena attraverso l’elemento affascinante dello specchio, dove Giorgia Conte, Laura Colombo, Valentina Militano evocano legami rotti impossibili da ricucire, nello spazio occupato dalla perdita ancora viva, dal vuoto che è un pieno di interrogativi, di vissuti interrotti, che solo sulla scena trovano dimora.   La coreografia di Luca Signoretti, che firma anche la regia con Anna Pignataro, conserva tutta l’eredità stilistica di De Luca, personalissima nel linguaggio di sperimentazione.

Lo spettacolo di Daniele Ninarello

Si prosegue, poi, con la compagnia di Daniele Ninarello, protagonista unico di una performance profondamente autobiografica, segnata dalla solitudine dell’isolamento pandemico. L’immagine che ne esce è quella di un essere umano ridotto a verme, mezzo nudo, che giace offeso riverso sul pavimento. Nobody nobody nobody. It’ok not be ok è una confessione d’impotenza che genera spaesamento negli occhi di chi guarda e che probabilmente ora ha dimenticato il malessere da distanziamento provocato dalla pandemia. Un discorso che vuole essere danzato, ma che manca di coreografia: mette in scena la sola pelle, restituisce l’idea del trauma anche se non visibile, del dolore anche se non udibile. Il corpo nella sua vulnerabilità è il solo modo per continuare a essere presenti.

Primavera dei Teatri 2025. Angelo Maggio
Primavera dei Teatri 2025. Angelo Maggio

La danza di Francesco Marilungo

A chiudere la giornata, Stuporosa, premio UBU 2024 come miglior spettacolo di danza, firmato Francesco Marilungo, produzione Körper. Un bagno di umanesimo da un catino d’acqua nero posto al centro della scena. La potenza di Stuporosa sta nell’esaltazione della miseria della condizione umana, nella grazia dell’appartenenza, nel recupero della sacralità attraverso la sintesi dei gesti. Alice Raffaelli, Barbara Novati, Roberta Racis, Francesca Linnea Ugolini, Vera Di Lecce, vestite a lutto, si seguono come un’ombra, cercando di ristabilire le leggi del pathos e del rito funebre. Una performance che risulta potente in diversi momenti, belli come quadri, dalla svestizione al sacrificio, in cui protagonista è sempre l’anima che abita certi (non) luoghi, intesa come essenza, mito, ritualità del mutuo soccorso, rappresentato come una parabola, unica via d’uscita dalla nostra condizione individuale che ne esce sconfitta. La danza diventa il nervo centrale per sentirsi accomunati da una stessa specie. É un tentativo di autoconservazione, dopo l’iniziazione al pianto. É uno schema lirico che si ripete all’infinito e s’interrompe solo nel momento della rottura col passato, nel taglio di capelli, una lunghissima treccia nera, simbolo di codici che non significano più niente, forse, ma da conservare e da proteggere per tramandarli, nel passaggio di testimone dall’una all’altra compagna, fino alla fine.

La prosa in scena a Primavera dei teatri

Rivelazione di questa Primavera anche lo spettacolo di Renata Antonante, Alla ricerca di una rosa ancora rossa, libera interpretazione del lavoro scritto e messo in scena nel 1998 da Franco Dionesalvi e Antonello Antonante sul poeta Franco Costabile. Il titolo trae spunto da una sua poesia tra le più belle, La rosa nel bicchiere, che evoca la bellezza della Calabria, in ogni suo aspetto, elementare e profondo, come il legame che unisce ognuno di noi al nostro inquieto Meridione, che qui si fa radici e parole. Uno spettacolo che non racconta fantasie, ma regala emozioni autentiche, un’occasione colta per conoscere un’intera raccolta di poesie di una bellezza disarmante e dolcissima, come l’anima di tutti gli interpreti che in scena portano sé stessi: Francesco Aiello, Renata Antonante, Lara Chiellino, Ernesto Orrico, Elvira Scorza, e i musicisti Checco Pallone e Piero Gallina, per nulla marginali. Ma Alla ricerca di una rosa ancora rossa non è soltanto un reading: la compagnia, giovane ma sapiente, si raccoglie intorno al suo stesso spettacolo, giocando a proporre un teatro nel teatro, con momenti di improvvisazione di grande interesse e naturalezza, anche con immagini attraenti, piene di ritmo, come la corsa dei migranti, l’inno alla vita finale che nasce sul gesto, delicatissimo, di piantare delle rose rosse sulla scena, metafora di una terra che può ancora (ri)fiorire. 

La storia di Antonio Cafiero

Ricorda, invece, Fiori per Algernon di Daniel Keyes, Crick, la storia di Antonio Cafiero, inserviente napoletano con una disabilità mentale da deficit cognitivo, uno spettacolo di Francesco Silvestri messo in scena a Napoli per la prima volta nel 1987. Sulla scena domina come un totem un grande mattoncino Lego, dove i cerchi sono prima quelli di un registratore da cassetta, poi oblò di lavatrici che girano ininterrottamente alle sue spalle. Perché Antonio, consapevole di essere “scemo”, volendo lui stesso diventare intelligente, ha bisogno del lavaggio del cervello; viene quindi scelto come cavia, insieme al topolino Crick per un esperimento che gli aumenterà il QI, fino a farlo diventare più intelligente del suo professore e medico (Francesco Roccasecca). Eccezionale l’interpretazione di Luca Iervolino, nella naturalezza della trasformazione graduale di Antonio prima, ma soprattutto dopo l’esperimento, nella rapida regressione finale del suo straordinario, meraviglioso e umanissimo personaggio.

La drammaturgia di Duncan MacMillan

A seguire Polmoni, spettacolo di drammaturgia contemporanea dell’autore britannico Duncan MacMillan. In scena Michele De Paola e Marisa Grimaldo, interpretano (U)omo e (D)onna: personaggi quasi caricaturali, mettono al centro la loro storia d’amore, con dialoghi lunghi una pagina per dire la nevrosi, il dubbio, l’ansia, il litigio, la tensione, lo scontro di essere coppia prima, e poi genitori, accettando il rischio del compromesso, nell’incertezza del nostro difficile tempo. Una lente d’ingrandimento sui nostri nervi tesi, dilatato su un ritmo scandito dalle ansie e dalle paure, ma anche filtrati dal sentimento del perdono, dell’amore, fino all’abbandono e alla solitudine che ci ricordano la bellezza di essere umani.
Molly non è solo uno spettacolo. È un fatto di cronaca realmente accaduto. Letizia Russo, interprete dall’espressività potente, ci porta dentro il mondo dei social, per far emergere una riflessione sul fenomeno diffuso e allarmante delle challenge on line, piaga sociale del nostro tempo. Una stanza buia dotata di postazione trucco, maxischermo, microfono e telecamera per filmarsi come le influencer dei nostri tempi, ma qui le parole sono atti di bellezza e di coraggio.

Reale e virtuale a Primavera dei Teatri

Molly, diretto da Girolamo Lucania, scandaglia tutti i meccanismi del virtuale, mettendo in luce le trappole, i rischi e le conseguenze estreme che una generazione che si sente sola può trovare senza un adeguato controllo e prevenzione di quella che può diventare una vera e propria dipendenza. Spettacolo necessario, dai toni volutamente inquietanti, arricchito da contributi interessantissimi di videoarte, destinato a rimanere nella memoria del nostro presente, sperando in un cortocircuito.

Lorena Martufi

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Lorena Martufi

Lorena Martufi

Lorena Martufi, critica, giornalista e docente di Arte e Immagine, è nata a Castrovillari (CS) il 3 novembre 1984. Si è laureata nel 2006 in Comunicazione e Gestione nei mercati dell'arte e della cultura (2006) e si è specializzata in…

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