Un thriller surreale nello spettacolo di danza dei belgi Peeping Tom
Al festival Oriente Occidente e a Torinodanza la geniale trilogia “Triptych”, un mondo inquietante tra acrobazie, fantasmi della mente e humour nero.
Nell’angolo della grande stanza con cinque porte chiuse e delle luci fioche alle pareti, c’è un uomo immobile, riverso su una sedia accanto a un tavolinetto. Un cameriere entra e, prendendo per le gambe il corpo senza vita di una donna a terra, lo trascina fuori. Ritorna e comincia a pulire il pavimento e il tavolo per cancellare delle tracce con uno straccio che, strofinato, si macchia di sangue. Un lungo suono cupo e dei rumori indecifrabili accompagnano la sequenza e quelle che seguiranno. Il clima di suspense è subito creato. Climax che ci inchioderà alle poltrone per tutte le due ore di spettacolo, avvolgendoci in un’atmosfera da thriller che rimanda al cinema surreale di David Lynch. E un autentico set da film, smontabile e rimodulabile, è l’allestimento scenico di Triptych. Cinematografici, d’altronde, sono tutti gli allestimenti di Gabriela Carrizo e Franck Chartier dei belgi Peeping Tom.
DANZA E TEATRO SECONDO PEEPING TOM
Ancora tra le più visionarie e stimolanti compagnie della scena europea, il loro inconfondibile linguaggio è noto per quell’estetica iperrealistica dove, in un geniale mix drammaturgico di teatro e danza, complice l’accuratezza delle scenografie, confluiscono e deflagrano le relazioni umane, e in esse tempo e spazio, immaginazione, realtà e subconscio. Una cifra stilistica con accentuati codici dinamici e fisici che prevedono grande atletismo, raffinatezza mimica, respiro ritmico. Creato tra il 2013 e il 2017 originariamente per il Nederlands Dans Theater, Triptych, ora riallestito per la compagnia di Garrizo e Chartier, è composto di tre pezzi: The Missing Door, The Lost Room e The Hidden Floor, visti, i primi due con il titolo Diptych in prima nazionale al festival Oriente Occidente, e completi, con il titolo Triptych, a Torinodanza. Uno spettacolo perturbante nell’accezione freudiana del termine, denso di humour nero, che ritrae un gruppo di personaggi inquieti e inquietanti ‒ evocati dalla sola mente di un uomo anziano ‒ collocati emotivamente e psicologicamente in un mondo instabile in balia di misteriose forze naturali. Quel mondo rappresentato è, fisicamente, l’interno di un transatlantico, con tre spazi diversi – corridoio, cabina, ristorante ‒ distribuiti nelle tre performance. L’impossibilità di uscire dalla stanza con le porte che non si aprono, o si spalancano contemporaneamente sul vuoto rivelando ambienti sempre diversi, o catapultando violentemente a terra altre figure sbattute da un forte vento improvviso, sono solo alcune delle sequenze con l’uomo della scena iniziale in preda a fantasmi mentali che vorrebbero spiegare e ricostruire gli eventi di un amore svigorito e difficile.
LE INQUIETUDINI DI TRIPTYCH
Le azioni che si susseguono nel salotto si trasformano in incubi, ricordi affioranti da un tempo confuso che si riconnettono con la realtà del presente. La grande stanza da letto con armadi e un balcone, ricostruita nella seconda parte, dischiuderà ulteriori labirinti della mente, presagi di visioni distopiche. C’è di mezzo un bambino che piange, un anziano con delle valigie sulle spalle, l’amante della donna, armadi che mutano all’interno catapultando fuori dei cadaveri; suoni martellanti ed elettrici che fanno vibrare i corpi come automi; la coperta del letto che rivela passaggi segreti, inghiotte e restituisce i vari personaggi, tra cui la coppia di amanti, e la testa di una donna che emette il suono di un uccello ferito. Sorprende ulteriormente la terza parte, The Hidden Floor, con la scena invasa d’acqua – l’oceano ‒ scaturita dalle lacrime dall’anziano che ritroviamo affranto, seduto con la testa tra le mani nell’angolo del letto. Tra rumori e smottamenti della nave che sembra prossima ad affondare, i personaggi si aggrappano l’uno all’altro, rotolano spinti da un vento vorticoso, saltano e cadono violentemente, scivolano convulsamente nell’acqua, si rannicchiano sulle sedie, mentre c’è chi mangia e beve tranquillamente ingozzato da mani invisibili, e chi appicca il fuoco alla stanza. Tutto brucia. Nel tentativo di sopravvivenza e di una via di fuga anche mentale, c’è la coppia pietrificata in un ultimo amplesso, chi cerca di dividerli salvando uno dei due e buttando l’altro dall’oblò, chi piange tenendo sulle ginocchia un corpo morto, come in una Deposizione pittorica, mentre s’amplifica il rumore dell’inabissarsi della nave. Illusioni, fragilità, utopie, premonizioni, follia, amori perduti, ricerca e lotta interiore, pulsioni incontrollate: temi che i sette danzatori esprimono con quel linguaggio virtuosistico e tagliente del corpo fatto di prese furiose, di cadute acrobatiche e di rimbalzi, di fluide contorsioni, di movimenti reiterati e bloccati. Magistrali.
Triptych sarà in scena al Festival Aperto di Reggio Emilia, il 6 e 7 novembre, in concomitanza con il progetto La Visita commissionato da Aperto alla Collezione Maramotti, prima assoluta in programma dal 4.
‒ Giuseppe Distefano
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