L’urlo dei tamburi di nove donne nello spettacolo di Marcos Morau

Investigatore visionario delle paure dell’uomo, l’artista spagnolo Marcos Morau con “Sonoma”, in prima assoluta al Festival Oriente Occidente, ci conduce in un mondo atavico per esorcizzare il nostro presente.

Dopo il pluripremiato Pasionaria, firma un altro allestimento ammaliante lo spagnolo Marcos Morau per il suo collettivo La Veronal, coproduzione internazionale con debutto mondiale a Oriente Occidente Dance Festival (la rassegna di Rovereto diretta da Lanfranco Cis, che quest’anno ha festeggiato la quarantesima edizione ancora una volta con un ricco programma post-pandemia).

SONOMA DI MARCOS MORAU

Sonoma è il titolo dello spettacolo del geniale regista e coreografo valenciano (classe 1982), capace, come pochi, di farci viaggiare dentro un universo surreale denso di teatralità, di originale visionarietà, di affreschi fantastici che evocano climax cinematografici, letterari, pittorici. Il titolo unisce il termine greco soma (corpo) e quello latino sonum (suono). E al surrealismo di Luis Buñuel, al mondo onirico del sovversivo e iconoclasta cineasta, s’ispira questo nuovo lavoro, prosecuzione, in qualche modo, del precedente Le Surréalisme au service de la Revolution – sempre di Buñuel, e creato, nel 2017, per il CNN-Ballet de Lorraine ‒ del quale ritroviamo soprattutto la presenza dei tamburi d’Aragona e un’enorme croce in scena. Su questa era inchiodata una donna, innalzata e poi deposta. Qui, attorno alla croce adagiata a terra, vediamo le nove interpreti impegnate a sciogliere delle corde a essa legate, e intanto sciorinare una lunga litania di Beatitudini partendo da quelle evangeliche.
Il rullare dei tamburi, invece, strumenti del folklore nativo di Buñuel il cui fragore è associato all’urlo che proviene dalle viscere, chiuderà lo spettacolo con le donne furiosamente impegnate a percuoterli, ciascuna il suo, tenuti al collo come arma di guerriere pronte ad affrontare la vita, a combattere. Una violenza sottesa (e una sofferenza, forse, trattenuta, influenzata dal Covid e dal lockdown che ha condizionato le loro e nostre esistenze), che sembra emergere pian piano, durante lo sviluppo dello spettacolo. Sono esse, le donne, le protagoniste. Quasi sempre compatte, cambiano i costumi dalle fantasiose fogge che rimandano alla tradizione spagnola, a sette religiose o di comunità rurali. Ai motivi floreali subentra il nero luttuoso di penitenti, di prefiche, e il biancore candido di lunghe vesti fanciullesche completate da corone di fiori a raggiera sul capo.

Marcos Morau & La Veronal, Sonoma. Courtesy Oriente Occidente Dance Festival. Photo © Simone Cargnoni Jump Cut

Marcos Morau & La Veronal, Sonoma. Courtesy Oriente Occidente Dance Festival. Photo © Simone Cargnoni Jump Cut

RELIGIONE, FOLKLORE E MISTICISMO

Sulla scena circoscritta da tre grandi pannelli luminosi, le performer ci riportano a un mondo arcaico dove religione, folklore, misticismo, ritualità e realtà trasfigurata si mescolano a seducenti canti e suoni della tradizione popolare di aree geografiche del mondo – Grecia, Russia, Messico, America Latina – mixate a note wagneriane e sonorità elettroniche. Inizialmente scivolano veloci come bambole meccaniche nelle loro ampie gonne che coprono i piedi; volteggiano come dervisci; trascinano enormi bauli che aprono e chiudono come a estrarre memorie che si materializzano nel cambio d’abito; due di loro indossano enormi faccioni rugosi di anziane, sperse e vaganti fino a quando saranno rinchiuse dentro il cassone per l’addio alla vita. Nel lento comporsi e scomporsi, articolano pose nitide e intricate di mani e braccia, di gambe in aria, sdraiate a terra o inginocchiate, in fila con effetto domino, eseguiti all’unisono o in fulminanti sequenze singole. Sono gesti aguzzi, a scatti, con una qualità plastica di movimento, di canoni convulsi che rallentano e riprendono.

Marcos Morau & La Veronal, Sonoma. Courtesy Oriente Occidente Dance Festival. Photo © Alfred Mauve

Marcos Morau & La Veronal, Sonoma. Courtesy Oriente Occidente Dance Festival. Photo © Alfred Mauve

DA BRUEGEL A DEBUSSY

Si apre una sequenza bucolica nel sostare calmo e giocoso delle donne sullo sfondo di un dipinto calato dall’alto di Pieter Bruegel raffigurante il Paradiso terrestre, e un riferimento musicale all’Apres midi d’un faune di Debussy. Accennavamo alle Beatitudini. Tutto lo spettacolo è accompagnato da un continuo e lungo elenco declamato in francese, snocciolato in coro o da singole voci, in cui tutto ciò che l’uomo può immaginare della biblioteca dell’esistenza, di ieri e di oggi, è contemplato in quelle parole tratte da testi di El Conde de Torrefiel, Violeta Gil, con le Benedizioni di Carmina S. Belda e Celso Giménez.  Ne citiamo alcune: “Beati gli scomparsi perché, ovunque tu sia, qualcuno ti cercherà/ Beati coloro che sono venuti per salvare il mondo/ Beato colui che ha cura del padre malato, che lo nutre, che lo lava/ Le donne dimenticate nei libri di storia/ E la caduta che ci riporterà alla vita, al sonno, alla paura, al dolore, alla bellezza”. E ancora: “Non ti guarderai allo specchio in ogni occasione. Non sentirai le voci che ti tormentano. Non lascerai che la paura ti trovi/ Non chiederai prove. Non lascerai che il tuo cuore si congeli. Non ti riposerai finché non saranno andati tutti”. Seguono le frasi di Violeta Gil con riferimento al “Noi”: “Noi che abbiamo imparato a dominare il fuoco/… Siamo il polline che nutre il mondo. La prima ape. La tempesta perfetta. Noi che vediamo il mondo da una prospettiva a volo d’uccello/… Siamo quelli che hanno fatto ciò che era necessario. Quelli che deviano dal sentiero/ … Noi che dirigiamo il ritmo dei venti, che muoviamo la terra con la rabbia dei tamburi”. È l’urlo, infine, di sentirsi vivi intonato dal forte e ritmico tamtam finale dei tamburi. Bellissimo.

Giuseppe Distefano

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Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

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