Danza. L’Atlante umano di Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio

Un dialogo scenico tra due maestri sulla relazione tra gesto e marionetta, tra l’arte della danza e l’Opera dei pupi. Un’esperienza-performance sui temi fondanti della forza di gravità e della narrazione dei sentimenti umani. La “risonanza” quale fonte dei nostri spostamenti e della nostra postura di abitanti del mondo.

C’è, tra marionetta e corpo in azione, un umanissimo incontro; una sintonia di sensi esplorati nel momento in divenire, nello sguardo rivolto e indugiante che fa esistere l’uomo e il suo simulacro; nell’ascolto delle naturali articolazioni di braccia, mani, gambe, busti, che entrano in relazione fisica ed emotiva; nel riprendere, l’uno dell’altro, gesti e posture, e riconsegnarsele. Sta in questa tattilità sfiorata, penetrata, trasmessa, restituita e diventata altra materia poetica, la bellezza di Atlante_l’umano del gesto, che vede in scena l’incontro tra due linguaggi teatrali altamente espressivi: la danza di Virgilio Sieni e i pupi di Mimmo Cuticchio, cuntista e puparo della grande tradizione siciliana.

L’OPERA

Lo spettacolo è parte di un ampio progetto triennale dal titolo Palermo_Arte del Gesto nel Mediterraneo_ Accademia sui linguaggi del corpo e l’opera dei pupi, di cui si è vista, ai Cantieri Goldonetta di Firenze per il Festival “Democrazia del corpo”, un’ulteriore tappa. Ed è da iscrivere come tappa tra le più emozionanti del coreografo fiorentino nel suo inesauribile percorso di indagine di quell’arte del gesto primordiale e quotidiano che egli va esplorando da anni. Qui ora il vero incontro è a tre: tra due umani e una creatura di legno, la quale, agìta, diventa presenza viva che muove sentimenti. La si avverte già dall’iniziale lento avanzare dal fondo dello spazio scenico, passando da una zona di semioscurità a una più luminosa, cadenzata dal lieve rumore di passi lignei e dal mulinare di braccia del danzatore. La marionetta nuda, svestita dei suoi connotati e visibile nella sua ossatura, appare senza epica. È portatrice di alterità, di una dimensione di grazia, di fragilità, di innocenza. A consegnarle un’anima è il suo “manovratore”, che appare e scompare, si distanzia e si fa presente, dando alla sua creatura una vita propria, autonoma, nel dialogo che instaura con il corpo e i movimenti di Sieni. È il danzatore che segue la marionetta o viceversa? È il puparo che segna il ritmo o è il respiro del danzatore a dare l’impulso ai gesti di entrambi?

Virgilio Sieni & Mimmo Cuticchio, Atlante_l’umano del gesto

Virgilio Sieni & Mimmo Cuticchio, Atlante_l’umano del gesto

TRAIETTORIE ED EMOZIONI

In un silenzio emozionante, accompagnato da un leggero flusso musicale, seguiamo quel nascere e svilupparsi di un rapporto segnato da posture umanissime e primarie come camminare, sedersi, cadere, strisciare, toccare. Riprendendo i gesti l’uno dell’altro, entrambi si fermano, si guardano, si inginocchiano, rotolano a terra, si toccano, si distanziano. C’è un reciproco avvinghiarsi e un depositarsi cedevole ora sulle spalle ora sulle braccia, ora distesi a terra, ora porgendo la mano per rialzarsi e riprendere il gioco tornando in fondo e ricomparendo nuovamente attraversando la scena. In questa continua orizzontalità e verticalità di traiettorie, di attrazioni a terra e in alto, giunge inattesa la voce tremula di Cuticchio, che lamenta lo smarrimento della marionetta per aver perso i suoi giocattoli e non sapere dove si trova: “Dov’è mia madre? Non trovo mio padre. Non trovo la mia casa. Cammino nel buio”. Diventa straziante il suo lamento: “Perché sono nudo e senza le mie vesti? Ho gridato e mio padre non mi ha risposto”.

Virgilio Sieni & Mimmo Cuticchio, Atlante_l’umano del gesto

Virgilio Sieni & Mimmo Cuticchio, Atlante_l’umano del gesto

L’EPILOGO

Piange, la marionetta, appoggiandosi a Sieni; e insieme, di spalle, scompaiono verso il buio del fondo. La loro ricomparsa segna una nuova struggente visione. Rivestito dell’armatura completa, il pupo muove il suo combattimento a vuoto mentre Sieni ne placa l’impeto con un abbraccio dopo avergli preso delicatamente la spada e lo scudo, deponendoli a terra. Nell’ultimo quadro che volge al finale ecco l’apparizione di un piccolo angelo di legno volare radente sul corpo a terra del danzatore mentre articola faticosamente le sue braccia come ali spezzate, ferite, brancolanti. E il suo corpo annaspante, con in braccio la marionetta, si fa immagine potente del “cunto” di Cuticchio, che imprime un’ulteriore emozionante affondo vocale a questo umanissimo Atlante descrivendo, a mo’ di favola, la visione dall’alto del cielo sulla terra di barconi di migranti nella tempesta, del naufragio di due amanti abbracciati in fondo all’abisso marino fra i pesci che volevano aiutarli. E della pietà che ebbe il mare. Nel lento spegnersi della luce si è compiuta una trasfigurazione di corpi, oggetti, voci, suoni, che lascia col nodo in gola.

Giuseppe Distefano

www.virgiliosieni.it

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

Scopri di più