A lezione di storia (dell’arte). Con i Mummenschanz

Il Teatro Diego Fabbri di Forlì ha inaugurato il 2016 ospitando la storica compagnia svizzera, che da quarant’anni stupisce il pubblico con performance originali e silenziose. Ecco alcune riflessioni su uno spettacolo-summa, difficile da classificare.

UN TEATRO SILENZIOSO
Essi probabilmente osservarono, un giorno, in un tronco d’albero o in una zolla di terra e in altri simili oggetti inanimati dei contorni che rappresentavano qualcosa di molto simile ai reali aspetti della natura”: la tendenza a vedere forme realistiche nella conformazione di montagne, nuvole e rocce di cui parla Leon Battista Alberti nel De statua pare essere alla base del patto silenzioso che Mummenschanz, da oltre quarant’anni, instaura con il proprio pubblico.
I quattro artisti della compagnia svizzera (fondata nel 1972 da Bernie Schürch e dallo scomparso Andres Bossard insieme all’italiana Floriana Frassetto, tuttora in scena) propongono un’asciutta concatenazione di fugaci apparizioni di volti e figure. Non usano né musica né scenografie e non mostrano mai i loro volti: vestiti di nero da capo a piedi, accennano azioni elementari compiute da figure antropomorfe e da agglomerati organici forse provenienti da misteriosi fondali marini o enigmatici pianeti alieni.

Mummenschanz - Teatro Diego Fabbri, Forlì 2015

Mummenschanz – Teatro Diego Fabbri, Forlì 2015

LE REGOLE FONDAMENTALI
Gli aspetti più interessanti di questa proposizione performativa che, con alcune evoluzioni, da oltre quarant’anni viene presentata in tutto il mondo, raccogliendo l’apprezzamento sia di esigenti intenditori sia di affollate platee di bambini, sono essenzialmente tre.
Il primo. Lo spettacolo evoca, con salvifica leggerezza, una quantità di frammenti della storia delle arti visive e performative dell’ultimo secolo: dalla Danza delle macchine di Nikolaj Foregger del 1923 a Le Cocu Magnifique di Mejerchol’d dell’anno prima, dal mimo corporeo di Étienne Decroux agli allestimenti teatrali del giovane Ejzenstejn, in procinto di passare al cinema, dalle figure di Pablo Picasso a quelle di Joan Miró, dai profili di Enrico Baj alle Silver Clouds di Andy Warhol e Billy Klüver.
Il secondo. A bilanciare quanto appena detto, i minimi accadimenti e le fugaci apparizioni che costituiscono lo spettacolo immediatamente, e irrimediabilmente, scompaiono. A ricordare, semmai ce ne fosse bisogno, che lo spettacolo dal vivo è davvero il territorio del qui e ora.
Il terzo (a proposito di spettacolo dal vivo): l’inclassificabilità. Ciò che Mummenschanz propone non è esattamente mimo (inteso nel senso tradizionale di una disciplina basata sulla produzione dei cosiddetti gestes-mots: uno spettacolo che, pur avendolo espunto, dipende strettamente dal linguaggio verbale). Non è danza. Non è nemmeno un’evidente esibizione di téchne: la maestria degli interpreti e la sapienza della costruzione non sono il fondamento dell’interesse per ciò che accade in scena. Mancano anche veri e propri racconti: nei numerosi quadri silenziosi, giustapposti con minime variazioni di luce, di fatto non accade quasi nulla. È qualche cosa che sta prima della narrazione.

Mummenschanz - Teatro Diego Fabbri, Forlì 2015

Mummenschanz – Teatro Diego Fabbri, Forlì 2015

SPAZIO ALL’IMMAGINAZIONE
I tracciati visibili dello spettacolo di Mummenschanz stimolano con apparente semplicità l’immaginazione e la memoria dello spettatore chiamandolo, per così dire, all’invisibile. E, dunque, a dar corpo a una mancanza. “L’occhio vede il mondo”, si potrebbe sintetizzare con Maurice Merleau-Ponty. “Ciò che manca al mondo per esser quadro, e ciò che manca al quadro per essere se stesso; vede sulla tavolozza il colore che il quadro attende, vede, una volta compiuto, il quadro che risponde a tutte queste mancanze”.
L’apertura a molteplici letture e pubblici, tratto distintivo del lavoro della Compagnia Mummenschanz, risuona nella direzione artistica che da quattro stagioni rinnova, con prudente intelligenza, il cartellone del più importante teatro della città di Forlì, per troppo tempo dominato da rassicuranti proposte consolidate.

Michele Pascarella

www.mummenschanz.com

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Michele Pascarella

Michele Pascarella

Dal 1992 si occupa di teatro contemporaneo e tecniche di narrazione sotto la guida di noti maestri ravennati. Dal 2010 è studioso di arti performative, interessandosi in particolare delle rivoluzioni del Novecento e delle contaminazioni fra le diverse pratiche artistiche.

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