Tutti i segreti sulla vita di Ornella Vanoni in un nuovo libro. Intervista all’autore
Nel nuovo libro-diario di confessioni sulla grande cantante italiana, il musicista e scrittore Pacifico rivela i fatti della sua vita, pubblica e privata, che si sono trasformati in canzoni ed emozioni. Lo abbiamo intervistato

“Ho avuto una vita difficile, dolorosa. E bella, bellissima, gioiosa. Ho avuto tutto”, così Ornella Vanoni si racconta nel suo “diario sentimentale” Vincente o perdente (La nave di Teseo) con voce limpida, disarmata e luminosa. A raccoglierla con la penna giusta in questo libro-confessione, restituendola potente sulla pagina, è Luigi De Crescenzo, in arte Pacifico – musicista, autore e scrittore milanese, due volte vincitore del Premio Tenco – tra i narratori più sensibili e raffinati della canzone italiana. Parole, le sue, che sapienti non invadono, ma accompagnano nel disegnare un ritratto profondo, fedele e umano di una grande artista. Lo abbiamo intervistato.
Dall’idea al libro di Pacifico su Ornella Vanoni
“Vincente o perdente”: titolo schietto e senza sfumature.
Ornella, fin da subito, ha deciso che non ci dovesse essere il punto di domanda. Credo si senta e si sia sempre sentita tutte e due le cose, vincente e perdente, fragile e forte. Ha avuto una vita piena di vittorie clamorose, successi, celebrazioni. Ma è anche precipitata nel silenzio, nell’indeterminatezza, nella solitudine opprimente in cui ti costringe la depressione. Sia chiaro: a vederla così, oggi, a me sembra stra-vincente.
Come nasce l’idea di questo ritratto così intimo?
Andando spesso a trovarla, ipotizzavamo un progetto da sviluppare insieme. Un giorno, mi ha detto: “Facciamo un libro! Ma non una biografia tradizionale, sai che noia… Cerchiamo le mie emozioni, le cose e le persone che mi hanno fatto piangere o ridere…”. E così è stato. S’inoltrava dentro la sua vita e appena trovava qualcosa, chiamava per raccontarmelo.
Un diario scritto in presa diretta, mediato dal tuo sguardo. Mantenere fede a una voce senza filtrarla troppo non dev’esser stato semplice…
Ho lavorato molto per non sovrappormi. È stato un impegno analogo a quello di chi scrive canzoni: cerchi di avvicinare l’emozione dell’altro, di darle forma. In alcuni momenti era chiarissima, in altri riscopriva ricordi dimenticati, che sprigionavano ancora luce. Leggevo ad alta voce quello che scrivevo, imitandola. Mi chiedevo: “Questo lo direbbe Ornella?”. È rimasto solo ciò a cui potevo rispondere sì.
“Mi sono affidata a Pacifico, che ha una sensibilità rara. Non deforma quello che dico, semmai lo migliora” ha detto Ornella. Una bella (e meritata) dichiarazione di fiducia.
La ringrazio, naturalmente. La mia timidezza è spesso paralizzante. Però questo passo indietro, o questo passo che non riesco a fare in avanti, mi tiene forzatamente all’ascolto. E lei, da sempre, ha avuto con me grande attenzione. Come se conoscesse il luogo dove i timidi aspettano di essere visti. Forse perché, soprattutto da ragazza, ci si riparava anche lei.

La vita di Ornella Vanoni nel nuovo libro scritto da Pacifico
Quali sono stati i momenti più delicati da raccontare?
Il rapporto con il figlio. Una sorta di automutilazione nella prima fase della maternità. E i ricordi del padre. Le lacrime calde e dolci per Gaber, Pratt, Dalla, Jannacci, Bardotti. Convenivamo, in quei momenti, che le persone care perdono con gli anni “dei pezzi”: i capelli, gli occhi, le mani. Diventano emozioni. Le abbiamo definite “lampadine, appese dentro, e che di tanto in tanto si accendono”.
Ornella è una combinazione di fragilità, determinazione, malinconia, umorismo: come si tiene in equilibrio tutto questo con le parole?
In ogni frase mescola gli elementi. Si commuove, si scopre, poi si protegge con l’ironia. Nel libro ho cercato di restituire quest’alternanza, riscrivendo fedelmente il suo pensiero.
Cosa rappresenta meglio la sintonia tra di voi?
Direi il brano che le scrissi quando ci siamo incontrati. Un pezzo non conosciuto, e che però amo molto. S’intitola E del mio cuore, e già vent’anni fa restituiva l’immagine che mi è cara di Ornella, la stessa che è lì tra le pagine del libro.
Avete mai avuto delle divergenze?
Mai. Poi, devo dire, l’ho blandita e perfidamente addolcita prendendola per la gola. Sapendola golosa, le ho portato nei mesi vassoi interi di chiacchiere, che finivano rapidamente, tra imprecazioni gioiose e mugolii di soddisfazione.
“Scrivere per gli artisti” secondo Pacifico
Cosa s’impara dai grandi artisti?
Spesso sono dotati di un talento naturale, del quale sono anche inconsapevoli. È un po’ come con la bellezza, cosa ti può trasmettere chi è bellissimo, se non ammirazione o invidia? Però, Ornella, e i talenti enormi come lei, ti costringono a restare vigile. Sulla scrivania del mio computer ho una foto di Morricone – uno scatto trovato in rete, dove guarda nell’obiettivo – quindi me – severo. Ecco, quella grandezza ti impone di restare vigile, di non “disunirti” come diceva Sorrentino: lavora con scrupolo, non approssimare, non buttare lì.
L’emozione è l’inchiostro del tuo lavoro. In te si accende con…?
La sorpresa, la cosa che sapevo – ma non sapevo – di conoscere. Poi arriva un artista, scrittore, attore, cantante che sia, e questa cosa me la rivela. Mi emoziona accorgermi ancora ragazzo, fermo, come credo siamo tutti, ai trent’anni o giù di lì. Che il corpo intorno e sopra maturi e si frolli, faccia quel che deve. Ma quando seguo una mia intuizione, anche illogica e infruttuosa, mi sento vivo.
E domani?
Canzoni per altri. Ma anche canzoni mie. O, più probabilmente per uno spettacolo teatrale, un mio taccuino di riflessioni, ognuna sottolineata da una canzone. E poi ho un paio di idee per un nuovo libro, devo solo trovare il coraggio di buttarmi.
Ginevra Barbetti
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