Sanremo 2024. Intervista a Diodato tra l’omaggio a De André e un tour teatrale

Abbiamo incontrato il cantautore in gara al Festival a pochi passi dall’Ariston, pronto a rendere omaggio ai 25 anni dalla scomparsa di De André nella serata delle cover. Ecco cosa ha ispirato la sua ballad ‘Ti muovi’

Nel contesto musicale italiano degli ultimi anni, si è distinta un’esigua ma significativa cerchia di figure di spicco nel panorama del cantautorato, e Diodato può sicuramente annoverarsi tra queste. Celebre per la sua intensità e ricerca stilistica, il cantautore emerge come uno degli artisti più apprezzati del nuovo pop italiano. Il suo ritorno al Festival di Sanremo nel 2024 con “Ti muovi” ha catturato l’attenzione, non solo per la potenza della ballad intensa ed energica, ma anche per il videoclip, un atto performativo che esplora il legame indissolubile tra emozioni e movimento. Attraverso la regia di Giorgio Testi e Filippo Ferraresi, Diodato, insieme a Irma Di Paola, ha plasmato un’opera che unisce la sua cifra estetica unica a una rappresentazione visiva della connessione tra emozioni e movimento. Lo incontriamo a pochi passi dall’Ariston cercando di gettare luce sulle ispirazioni, le collaborazioni e le scelte artistiche che hanno plasmato la sua attuale visione.

La ballad “Ti muovi”, cantata a Sanremo 2024, è stata scritta, composta e arrangiata da te. In che modo la visione artistica personale si riflette nella creazione di questo brano, e come hai tradotto l’emozionalità inaspettata che lo caratterizza?
Volevo che Ti muovi fosse la rappresentazione più fedele di chi sono e che catturasse il momento attuale della mia vita. Questo brano ha radici profonde nell’interiorità, ma si sviluppa in un viaggio di emersione che culmina in un abbandono emotivo, trasformando la tristezza in gioia. Sono felice di averlo portato al Festival di Sanremo proprio per questo motivo: mostra chi sono oggi e, forse, indica anche la direzione in cui desidero andare.

Il videoclip di “Ti muovi” rappresenta un atto performativo con una forte connessione tra emozioni e movimento interiore. Potresti condividere con noi l’ispirazione dietro questa scelta visiva e coreografica?
Ad un certo punto, abbiamo sentito l’esigenza di raccontare ciò che aveva ispirato questa canzone e di esprimere musicalmente e visivamente il suo significato. Avevamo bisogno di un videoclip che viaggiasse insieme a Ti muovi. Utilizzo il plurale perché tutto è nato da un confronto iniziale con Irma Di Paola, una coreografa con cui avevo già lavorato in passato. Successivamente, è nata la collaborazione con Giorgio Testi, Filippo Ferraresi e l’intero team di Cascavel. Nel video compaiono anche figure importanti come Rodrigo D’Erasmo, Fabio Rondanini, Cane Sulla Luna e molte altre persone che si sono unite alla realizzazione del progetto. 

Qual è il processo creativo che ha portato alla realizzazione del concept?
L’idea era quella di narrare uno stato d’animo, ambientando tutto all’interno di una sala d’aspetto dove le persone cercano di nascondere le loro sensazioni e il movimento emotivo che a volte emerge fisicamente. Alla fine, si arriva a un completo abbandono e alla gioia che ne deriva. È stato un lavoro corale molto intenso, non avendo a disposizione molto tempo, ma tutti hanno contribuito con la testa e l’anima per concretizzare l’idea iniziale. Infine, abbiamo avuto il cameo speciale e straordinario di Filippo Timi, che conclude il videoclip. Un artista che amo, e quindi lo ringrazio pubblicamente ancora una volta per la sua partecipazione.

Come hai collaborato con Irma Di Paola per sviluppare ed eseguire i movimenti che enfatizzano questo legame in modo così potente?
Il lavoro con Irma Di Paola è sempre caratterizzato da un confronto intenso; siamo grandi amici, e di solito inizio raccontando ciò che mi ha spinto a scrivere una canzone. Ho visioni che, tuttavia, non saprei tradurre completamente, soprattutto dal punto di vista coreografico. Ci confrontiamo per giorni e settimane, e alla fine è molto gratificante perché partiamo da un groviglio di idee e gradualmente cerchiamo il filo giusto, cercando una sorta di sintesi che porti all’essenza. Speriamo di esserci riusciti anche questa volta, come è successo in collaborazioni passate, come quella per l’Eurovision a Torino. Irma è stata protagonista fin dal mio primo videoclip; è una compagna di vita e di viaggio a cui tengo profondamente e che stimo enormemente sia come coreografa che come artista.

Diodato. Photo Alessio Albi
Diodato. Photo Alessio Albi

Per la serata dedicata alle cover, hai selezionato “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio De André, in occasione del venticinquesimo anniversario della sua scomparsa. 
Il brano Amore che vieni, amore che vai è fondamentale per me, poiché mi ha introdotto al mondo di De Andrè, avvicinandomi in modo più concreto alla sua musica. Ha fatto emergere la potenza delle parole nelle canzoni, rivelando quanto possano essere delicate e penetranti allo stesso tempo. Molti anni fa, ho preso la decisione coraggiosa di realizzare una cover di Amore che vieni, amore che vai, inclusa nel mio primo album. Successivamente, la canzone è stata inserita nel film di Daniele Luchetti Anni Felici, proiettando un piccolo riflettore su di me come cantautore emergente. Questa opportunità mi ha aiutato ad esibirmi al mio primo Festival dieci anni fa.

Sul palco di Sanremo la eseguirai insieme Jack Savoretti. In quale misura l’interpretazione di questo brano si integra nel tuo percorso artistico?
A dieci anni dalla mia prima partecipazione a Sanremo e a 25 anni dalla scomparsa di De Andrè, ho sentito la necessità di rendergli omaggio e ringraziarlo su un palco così importante per la storia della musica italiana. Ho scelto di farlo con un brano con cui ha avuto pochissime interazioni, a pochi chilometri da casa sua e con la compagnia di Jack Savoretti, un cantautore britannico dal cuore e sangue genovese. Mi sembrava il contesto ideale per esprimere la mia gratitudine per questo viaggio che, nella mia mente, abbiamo compiuto insieme in questi dieci anni.

Hai annunciato l’intenzione di catturare l’energia dei tuoi prossimi live trasformandola in un’esperienza sonora unica. Come intendi raggiungere questo obiettivo e cosa ti aspetti che il pubblico percepisca?
Per me, il concerto è un corpo vivo. Durante le esibizioni live, non impongo mai troppe limitazioni e mi piace salire sul palco con musicisti che mi consentano di sperimentare ogni sera, sentendosi liberi di fare altrettanto. Chiunque partecipi ai concerti vedrà sempre qualcosa di nuovo e forse percepirà anche la volontà di interagire con i luoghi in cui ci esibiamo. Le vibrazioni che ritornano sono fondamentali, non solo quelle del pubblico, ma anche del club, del teatro e della natura circostante. Quindi, ad ogni esibizione, c’è qualcosa da scoprire, sia su di me che sulla mia musica. In questi anni, molte canzoni si sono trasformate grazie a questo approccio, ed è affascinante pensare che ogni concerto e ogni canzone possano rivivere in modo imprevedibile.

Come ti prepari a portare questa intensità nei teatri italiani e nei live internazionali previsti per l’autunno 2024?
Questo tour rappresenta il mio primo vero tour teatrale importante, in cui suonerò nei più prestigiosi teatri italiani. È una bella sfida perché ti mette di fronte al sacro silenzio del teatro, dove ogni cosa si trasforma in magia e qualsiasi evento è possibile. È una stimolante sfida creativa a cui sto dedicando molta riflessione, poiché desidero creare qualcosa di davvero speciale.

Alessia Caliendo

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Alessia Caliendo

Alessia Caliendo

Alessia Caliendo è giornalista, producer e style e visual curator. Formatasi allo IED di Roma, si è poi trasferita a Londra per specializzarsi in Fashion Styling, Art Direction e Fashion Journalism alla Central Saint Martins. Ha al suo attivo numerose…

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