Lo spirituale nella musica. Intervista al compositore Roberto Cacciapaglia

A poche ore dall’avvio del suo nuovo tour, abbiamo parlato con il compositore e pianista che mescola musica classica ed elettronica. E che è un grande appassionato di arcobaleni

Il compositore e pianista Roberto Cacciapaglia (Milano, 1959) da anni protagonista della scena musicale internazionale più innovativa, torna in Italia dopo i successi ottenuti in tutto il mondo per dare il via al nuovo tour, Invisible Rainbows, il 19 maggio a Verona. Il live concert prende il nome dall’omonimo album pubblicato a febbraio 2023, in vetta alle classifiche britanniche e italiane sin dai primi giorni di uscita. Lo stile di Cacciapaglia integra tradizione classica e sperimentazione elettronica: a parlarcene è l’artista stesso, approfondendo le tematiche del nuovo album e presentando l’imminente tour.

Roberto Cacciapaglia. Photo Sofia Elena Rovati

Roberto Cacciapaglia. Photo Sofia Elena Rovati

INTERVISTA A ROBERTO CACCIAPAGLIA

Invisible Rainbows è il suo nuovo progetto post pandemia, che sembra voler comunicare la sensazione di pace e bellezza trasmessa da un arcobaleno dopo la tempesta. È così?
Gli arcobaleni appaiono sempre dopo le tempeste, dopo l’oscurità. Dopo la pandemia, dopo i disastri ecologici, le guerre, il pianeta soffre, e tutto questo fa parte di una tempesta che sta vivendo l’umanità. L’arcobaleno è un simbolo di purezza, di trasparenza che ci appartiene sempre un po’ come il sole, che anche se è oscurato dalle nuvole rimane lì, è eterno. L’altro aspetto è l’arcobaleno invisibile che ognuno di noi si porta dentro e che è meraviglioso come quelli che vediamo apparire nel cielo. Questo arcobaleno interiore ‒ che oggi riusciamo a riconoscere poco perché siamo tutti molto occupati ‒ è come il suono, anch’esso invisibile ma che si può risvegliare. Questo è il lavoro che cerco di fare con la musica.

Quali sono i temi trattati nell’album?
I temi trattati in quest’ultimo lavoro sono i miei temi di sempre, fin dal primo lavoro, Sonanze, primo LP quadrifonico pubblicato in Italia. Io lavoro sul silenzio quando compongo, e quando suono mi rivolgo sempre all’interno: se riesco a raggiungere un livello di profondità interessante dentro di me, allora questo suono cresce, e come una freccia si dirige verso chi ascolta, creando una comunione profonda. Non ho temi legati all’esterno: il tema è la spiritualità e io nella musica metto a disposizione il mio lavoro sul suono, le esperienze che ho fatto nelle scuole e nel mio percorso di evoluzione spirituale, condividendole con il mio pubblico che vede nella musica non “arte per l’arte”, ma uno strumento di evoluzione, di scoperta, di esperienza totale.

Atlantis, London sleeps, Rainbows: tre singoli del nuovo album che hanno già riscosso molto successo tra il pubblico. London sleeps in particolare dipinge le atmosfere di una Londra notturna atipica. Nessun ritmo sincopato, bensì il silenzio di una città in cui l’architettura è l’unico confine del vento. Quali aspetti hanno ispirato la composizione di questo pezzo?
Ho composto London sleeps quando abitavo a Londra, l’anno scorso, nelle notti londinesi. Immaginavo questo suono uscire dalla finestra e dalla casa ed entrare nelle strade vuote, nei parchi, e attraversare questi palazzi silenziosi: è un inno alla Londra misteriosa, alla Londra notturna che pochi vedono. L’immagine di Londra è quella di una città che durante il giorno è sempre molto esuberante, caotica, piena di energia e di movimento. Invece di notte tutto si ferma e tutto diventa magico: non c’è nulla e non c’è nessuno nelle strade vuote, qualche volpe ‒ adesso tra l’altro sono tante ‒ e il silenzio. Allora il suono può espandersi e si potrebbe dire che questo sia il centro musicale del pianeta. Quindi questa musica è proprio un inno alla Londra e al silenzio, allo spazio: mentre tutto dorme, qualcosa si può sentire, qualcosa si fa strada, qualcosa che non è tenuto in sottofondo dal rumore della mente e del caos quotidiano.

Roberto Cacciapaglia. Photo Studio Glance

Roberto Cacciapaglia. Photo Studio Glance

MUSICA E ARTE SECONDO CACCIAPAGLIA

Le sue opere mi ricordano spesso dei quadri musicali. Una sinestesia di colori e musica. Che cosa rappresenta per lei la musica?
Una bella domanda! A me non è mai interessata l’arte per l’arte, né in musica né in tutte le arti. Ho sempre e comunque visto la musica come un mezzo di evoluzione, e il suono come un potente mezzo di scoperta, di crescita e di esperienza. Quindi ho lavorato su questo: metto le mie esperienze spirituali, le scuole che ho seguito, come la scuola indiana, tibetana, gli sciamani degli indiani d’America, il cristianesimo, il sufi, al servizio della musica, per poterlo trasmettere. E anche il pubblico che mi segue pensa e sente come me, perché io vedo che in tutti i luoghi in cui sono stato, dalla Cina alla Russia, dall’America all’Inghilterra, dalla Turchia all’Italia, le differenze tra le persone si stemperano, non esistono più anche se si tratta ‒ storicamente, geograficamente o anagraficamente ‒ di persone diverse. Sono tutte accomunate dalla fascinazione del suono.

L’album Canone degli spazi del 2009 è un suo tributo a Magritte. Spazi che ritornano in London sleeps, nuovamente in una forma piuttosto surreale. Il lockdown le ha fornito un punto di osservazione diverso sulla tematica dello spazio?
Sicuramente il lockdown ci ha immersi in un’esperienza unica, che non so quante generazioni anche prima di noi abbiano potuto fare. Essenzialmente si pensava a noi stessi come fossimo isole, perché eravamo tutti uno distante dall’altro. Ma non soli: quando facevo le mie dirette dicevo sempre: “Siamo isole ma in fondo siamo un arcipelago, profondamente connessi”. Questa è la cosa più importante: capire come la distanza fisica, in fondo, non voglia dire molto. Certamente è stata una grande prova, che però ha sviluppato la coscienza del fatto che siamo comunque uniti e siamo comunque legati profondamente da una storia comune, universale e planetaria. Lo spazio di cui tanto parliamo nella musica è un elemento interessante: per esempio, quando registro un pianoforte, lo faccio con 18 microfoni in un auditorium per prendere le armoniche nello spazio più lontano; e quando faccio intonare una “A” che è il diapason, la sorgente del suono, si percepisce come nello spazio non ci siano divisioni. E dico al pubblico: “Un aspetto interessante è scoprire come in fondo lo spazio sia un’idea: la cosa principale è che non ha limiti, non ha ostacoli”. La musica può aiutarci a prendere coscienza di questo.

Roberto Cacciapaglia. Photo Studio Glance

Roberto Cacciapaglia. Photo Studio Glance

IL NUOVO TOUR DI CACCIAPAGLIA

Nell’album Canone degli spazi, uno dei brani si intitola Arcobaleno. Come mai in questo nuovo lavoro gli arcobaleni sono invisibili e cosa desidera comunicare attraverso questa analogia?
Gli arcobaleni in questo lavoro sono invisibili perché sono traccia dell’arcobaleno e degli arcobaleni che abbiamo dentro di noi. L’analogia con il suono consiste nel fatto che anche il suono è invisibile, e, come l’arcobaleno con i suoi colori che nascono dalla luce, anche il suono ‒ che noi percepiamo come corpo unico con il corpo sonoro ‒ è invisibile ed è composto da miriadi di armonici. Quindi i colori stanno alla luce come gli armonici stanno al suono. Questi arcobaleni che sono la nostra eternità, dentro di noi, possono essere a mio avviso attivati, riscoperti, ritrovati attraverso il suono, attraverso l’invisibile. Sono due invisibili che si incontrano e si salutano.

Il 19 maggio inizierà il tour del nuovo album al Teatro Ristori di Verona con I Virtuosi Italiani. Cosa sta preparando per noi?
Ho registrato al Teatro Ristori con i Virtuosi Italiani, che sono veramente un’eccellenza del nostro Paese, dopo cinque album con la Royal Philarmonic Orchestra. Il tour partirà proprio dal Teatro Ristori di Verona e avrà una forma minimale, più essenziale, microcosmica, cioè pianoforte, violino, violoncello e una postazione elettronica. Quindi una formazione quasi da band, e durante il concerto spero di riuscire a mettere in pratica quello che spesso dico: un’esperienza totale, non a senso unico ‒ chi suona da una parte, chi ascolta dall’altra ‒, che sia in un certo senso un concerto interattivo, in cui l’emozione arriva. Il suono emozionale è un po’ come un come un raggio di luce che entra in una stanza buia: se arriva la luce in un istante il buio sparisce. Ecco, il suono ha questa potenzialità e io spero di poterla esprimere e condividere con chi verrà ai miei concerti.

Elena Arzani

https://www.robertocacciapaglia.com/it/

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Elena Arzani

Elena Arzani

Elena Arzani, art director e fotografa, Masters of Arts, Central St. Martin’s di Londra. Ventennale esperienza professionale nei settori della moda, pubblicità ed editoria dell’arte contemporanea e musica. Vive a Milano e Londra.

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