Musica. West Side Story all’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma

L’Accademia Nazionale Santa Cecilia di Roma ha dato una svolta alla sua programmazione, rivolgendosi a un pubblico sempre più eterogeneo e giovane.

Sin dal concerto inaugurale, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia c’è aria di cambiamento, una svolta a favore di un pubblico nuovo e giovane. Lo si nota già dalla politica dei prezzi, che prevede l’ingresso gratuito per chi ha meno di 18 anni e sconti per chi li accompagna.
Ulteriore cambio di direzione: non si inizia con una grande partitura dell’Ottocento o del Settecento, bensì con la raramente eseguita versione per teatri d’opera di West Side Story che Leonard Bernstein (che fu presidente e direttore onorario dell’Accademia) approntò nel 1984. Musical innovativo, ispirato alla tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta, West Side Story è – come afferma lo stesso Bernstein – un “appello per la tolleranza razziale”. A Broadway, nel 1957, lo spettacolo, che mette in scena la rivalità tra due gang giovanili in una periferia urbana dove la differenza razziale è motivo di scontro all’ultimo sangue, venne replicato per 732 sere. Un successo strepitoso, che porterà alla realizzazione, qualche anno dopo, della versione cinematografica che vinse nel 1962 dieci Oscar e tre Golden Globe.
Per i tradizionali abbonati alla stagione sinfonica di Santa Cecilia, iniziare la stagione con West Side Story rappresenta, senza dubbio, un’operazione di rottura, un segno forte da parte di un’istituzione che ha deciso di aprirsi a un pubblico nuovo. Per l’Italia è una rarità. Infatti, mentre il musical West Side Story è stato presentato un po’ ovunque dalle poche compagnie che, sino a qualche anno fa, avevano l’esclusiva per la messa in scena, l’opera West Side Story è stata rappresentata unicamente a Torino e a Trieste.

Leonard Bernstein, West Side Story. Direttore d'orchestra Antonio Pappano. Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma 2018. Photo Musacchio&Ianniello

Leonard Bernstein, West Side Story. Direttore d’orchestra Antonio Pappano. Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma 2018. Photo Musacchio&Ianniello

LE PAROLE DI CECILIA BARTOLI

La consacrazione come grande opera moderna è avvenuta nel 2016 al Festival di Salisburgo, in cui ha rappresentato l’elemento centrale del Festival di Pentecoste (diretto da Cecilia Bartoli che ha interpretato il ruolo della protagonista) e una delle colonne del Festival Estivo dove il lavoro è stato ripreso. Ai due festival nella città austriaca, West Side Story ha sempre segnato il “tutto esaurito”. A Salisburgo, l’opera è stata messa in scena nell’enorme Felsenreitschule, il magnifico spazio della cavallerizza del Principe Arcivescovo. Le luci erano allestite da Patrick Woodroff, che in passato ha lavorato con Michael Jackson e i Rolling Stones. In buca Gustavo Dudamel con l’orchestra venezuelana “Simon Bolivar”.
Cecilia Bartoli in quell’occasione disse: ‘’Il libretto e la musica sono fantastici. West Side Story è uno dei lavori migliori per il palcoscenico del ventesimo secolo. Amo l’energia, il ritmo, il temperamento latino del lavoro, il dialogo brillante e anche il dolore commovente con cui il lavoro termina. Ne ho conosciuto le canzoni per tutta la vita. Dopo tante eroine, dee, regine e principesse – tutte dei tempi antichi – adoro essere quella che sono: una ragazza semplice piena di sogni. In effetti lo ero da giovane e, in fondo al cuore, lo sono ancora adesso”.

Leonard Bernstein, West Side Story. Direttore d'orchestra Antonio Pappano. Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma 2018. Photo Musacchio&Ianniello

Leonard Bernstein, West Side Story. Direttore d’orchestra Antonio Pappano. Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma 2018. Photo Musacchio&Ianniello

GLI INTERPRETI

Protagonisti della versione in forma di concerto, diretta da Antonio Pappano, oltre all’Orchestra di Santa Cecilia e il Coro, un cast internazionale costituito, tra gli altri, da Nadine Sierra, Alek Shrader, Jessica Vosk e Mark Stone, Aigul Akhmetshina. A Santa Cecilia (così come a San Francisco), West Side Story non viene presentato strettamente in un’edizione da concerto ma piuttosto in una versione ‘semi-scenica’. I cantanti, il coro e anche parte degli strumentisti indossano abiti di foggia americana della fine degli Anni Cinquanta. C’è un ottimo dialogo su palco tra orchestra e coro femminile. Le parti dialogate sono riassunte in didascalie, mostrate sui soprattitoli. Il dramma è evocato non solo in buca e dalle voci, ma anche dall’azione scenica. Pappano ama moltissimo il lavoro e lo ha concertato in modo appassionato e infiammato, estraendo dall’orchestra sonorità sontuose. Ottimo, come sempre, il coro diretto da Ciro Visco; quello femminile accenna, mentre canta, anche a passi di mambo. Un cast di altissimo livello. Conosciamo da tempo Nadine Sierra per le sue interpretazioni da soprano lirico di coloratura nei maggiori teatri lirici anche italiani, che qui è una Maria dolcissima. Non conoscevamo Alek Shrader (Tony) un incantevole tenore lirico americano dalla voce leggermente brunita con un ottimo fraseggio, un perfetto legato e acuti squillanti. Di grande livello tutti gli altri, anche gli artisti del coro che svolgono ruoli da solisti nelle parti minori. Molto pubblico giovane, a cui si rivolgono sempre più le politiche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Applausi durante l’esecuzione e al termine dieci minuti d’ovazioni.
Nella stagione 2018-2019 dei concerti dell’Accademia Nazionale di Santa, l’omaggio alla musica americana include un concerto dedicato a Gershwin, un altro alla prima italiana di un lavoro molto innovativo di John Adams, su libretto di Peter Sellars, The Gospel according to the other Mary. Nel programma è poi presente la seconda scuola di Vienna (ad esempio, con il Pelléas und Melisande di Schönberg). Ricompare il grandissimo Petrassi ed è in calendario il frutto di una commissione a Ivan Fedele in prima esecuzione mondiale. È stata annunciata una “grande iniziativa” di musica contemporanea. La svolta è quindi concreta e reale.

Giuseppe Pennisi

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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

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