La techno irregolare di Shifted

Con “Appropriation Stories”, album della maturità artistica, il producer britannico di stanza a Berlino dichiara l’influenza delle colonne sonore dei film di fantascienza e dei videogame. Facendo tesoro del passato per interpretare il futuro.

Guy Alexander Brewer, conosciuto con gli alias di Shifted e Covered In Sand, è uno dei musicisti della scena techno internazionale più versatili. Sebbene descriva la sua techno con un approccio da purista, allontanandola dall’immaginario britannico, non possiamo esimerci dal metterne in evidenza l’aspetto marcatamente irregolare. In una recente intervista rilasciata ad Artribune, parlando del suo ultimo album, Appropriation Stories, uscito con Hospital Productions, la storica label dell’East Village di Manhattan, di Ian Dominick Fernow (aka Prurient, Vatican Shadow), ha sottolineato il suo bisogno di oltrepassare una certa interpretazione del dancefloor: “La musica techno ha una struttura molto rigida, che si presta perfettamente a essere arricchita e risemantizzata. Raccogliere l’eredità della dj culture, introducendo un punto di vista personale, capace anche di prenderne le distanze, è per me un obiettivo costante”. Noise, drone, ambient convergono nella ritmica di Shifted, conferendole un aspetto intricato e disorientante.

Shifted, Appropriation Stories - artwork

Shifted, Appropriation Stories – artwork

DAGLI ANNI OTTANTA AL FUTURO

Con Appropriation Stories, la spinta alla diversificazione innesca un interessante cortocircuito col suo passato drum and bass. Come afferma lui stesso: “Non si tratta di un disco drum and bass, o attraverso cui voglio riappropriarmi delle mie origini. Semplicemente mi sono ritrovato ad ascoltare del materiale che avevo archiviato e collezionato negli anni, che per me ha un forte valore emozionale, e ho deciso di utilizzarlo in maniera nuova, all’interno di un album che è profondamente techno”. Figlio, a suo modo, della cultura popolare degli Anni Ottanta, Shifted si dichiara profondamente influenzato dai suoni futuristici delle colonne sonore dei film di fantascienza tanto quanto dai soundscape dei videogame. La sua musica – che al di là di ogni concettualizzazione è il frutto di uno stream of consciousness individuale –, pur non essendo melodica e assecondando la componente percussiva, ha, infatti, una forte connotazione atmosferica, in cui sono rintracciabili il sentire collettivo del clubbing, esattamente come l’immaginario sonoro delle metropoli del futuro.

Carlotta Petracci

www.hospitalproductions.net

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Carlotta Petracci

Carlotta Petracci

Sempre in bilico tra arte e comunicazione, fonda nel 2007 White, un'agenzia dal taglio editoriale, focalizzata sulla produzione di contenuti verbo-visivi, realizzando negli anni diversi progetti: dai magazine ai documentari. Parallelamente all'attività professionale svolge un lavoro di ricerca sull'immagine prestando…

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