“Welcome to Derry”, l’horror che fa riflettere sui mali dell’America e del mondo ripartendo dal mito di IT

La serie si immerge nel mito di IT e lo amplifica, lo decostruisce, lo politicizza persino, trasformando la città maledetta nel microcosmo perfetto per rappresentare i traumi, le ipocrisie del Novecento e oltre

Welcome to Derry, disponibile su Sky e in streaming su NOW, riporta l’universo di IT sullo schermo con un’ambizione che valica i confini del prequel. La serie, infatti, non solo mette in scena il passato della cittadina creata da Stephen King, ma la viviseziona, la colora, la rende la personificazione dell’amnesia di tutte le perversioni e crudeltà, trasformandola in un manifesto narrativo e artistico dei mali d’America. 

“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT
“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT

Una serie horror che fa critica sociale

Il sogno americano si tramuta così in un incubo e la sigla ne anticipa tutti i temi in una sorta di quadro che mutando, entra nella cattiveria, nella fogna dell’esistenza. Allo stesso modo, la regia mantiene un doppio livello, quello dell’estetica Anni Cinquanta, della pubblicità da cartolina, senza perdere la potenza delle scene horror: quella in macchina, al cinema e al supermercato sono veri e propri momenti cult. E anche le scenografie rafforzano la narrazione, ricostruendo Derry come una piccola città americana dall’estetica accattivante, seppur congelata nel proprio peccato originale. D’altronde il creatore della serie è Andy Muschietti, regista di IT, che raccorda il tutto in modo coerente con attori straordinari come Bill Skarsgård o Taylour Paige, sempre al servizio dei loro personaggi. Il risultato è un racconto che combina horror e critica sociale, affrontando temi come razzismo, violenza di genere, omofobia, povertà sistemica, memoria storica rimossa, espandendo sempre di più il mito di IT, senza però tradirne l’essenza.

IT vs Welcome to Derry

La differenza più evidente rispetto al romanzo sta nello spostamento del punto di vista. Se IT seguiva i perdenti fra infanzia e età adulta, Welcome to Derry indaga le generazioni precedenti, raccontando come il terreno fosse già fertile per l’arrivo di Pennywise, l’entità mutaforma, il clown che si nutre della paura dei bambini e dell’umanità intera. La serie trova la sua forza proprio in questo, nel mostrare che Pennywise non è la causa del male, ma la sua manifestazione. Il male è già nella città, nei suoi silenzi, nelle sue gerarchie, nei suoi compromessi. Se King descrive la città come corrotta da una rimozione collettiva, la serie la rappresenta come un luogo in cui le storture morali sono vere e proprie infrastrutture del razzismo, dell’emarginazione, dell’omertà, della violenza domestica… tutte parte dell’ecosistema che permette al mostro di prosperare. Ma il mostro/Pennywise evolve, da incarnazione, nel romanzo, di un male primordiale che si nutre di paure individuale, a simbolo, nella serie, dell’egemonia sul mondo. Il clown non è più solo un predatore, metafora del divenire adulti, dello scoprire l’attrazione per il male e del dimenticare quella per il bene, ma è anche il risultato di un sistema che normalizza l’orrore, mettendo a tacere ciò che disturba, accettando la scomparsa degli ultimi, la prevaricazione dei primi, la frustrazione dei mediocri. 

“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT
“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT

La paura la fa da padrone?

Il male è una presenza che si intreccia alle istituzioni, ai silenzi collettivi, ai privilegi di chi “vede e non dice”. La paura non è più soltanto un mostro, ma è la paura dell’altro, del diverso, del fuori ordine. Nella serie domina così un senso di fatalismo che schiaccia i personaggi ben prima che la creatura compaia. È un mondo in cui il soprannaturale non irrompe all’improvviso, ma emerge come prolungamento logico delle tensioni sociali, lasciando poco spazio all’eroismo o alla celebrazione dell’infanzia come rifugio morale. Le fogne di Derry non sono più solo l’habitat del clown, il luogo in cui nutrire le proprie frustrazioni, ma diventano il luogo dove la città/mondo nasconde i propri fallimenti e si prepara a diventare il bullo. 

“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT
“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT

Horror sociale

Welcome to Derry è un horror che non cerca solo di spaventare, ma di rivelare. E nel farlo, aggiorna il mito di King alla contemporaneità, raccontando un’America che continua a lottare contro gli stessi incubi, anche quando finge di essersi svegliata nel sogno… Americano. La serie non è solo un “romanzo” di formazione deformato dall’orrore, ma è un “romanzo” civico sull’orrore come fondamento della comunità. Nel libro, l’empatia è la chiave di fuga dei “perdenti”, nella serie prevale il senso di fatalità, chiunque cresca a Derry è già compromesso. King parla di traumi personali che si intrecciano al soprannaturale, la serie invece insiste sui traumi collettivi che producono il soprannaturale. Nel romanzo il nemico si incarna nei bulli, nei genitori violenti, negli adulti distaccati. Nella serie il nemico è anche istituzionale: la polizia, la stampa locale, i politici che “fanno finta di non sapere”. 

“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT
“Welcome to Derry”: la serie horror ambientata nella cittadina di IT

Il mito di King e l’orrore contemporaneo

Welcome to Derry non vuole solo spaventare, vuole denunciare, vuole diventare una lettura adulta, quasi sociologica, del mito creato da King, non un racconto dell’orrore, ma un’analisi del contesto che permette all’orrore di prosperare. E nel farlo, paradossalmente, ci restituisce il motivo per cui IT rimane immortale, perché parla dell’America e del mondo, e l’America come il mondo sembrano incapaci di smettere di fare paura e di generare orrore, soprattutto oggi!

Barbara Frigerio

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Barbara Frigerio

Barbara Frigerio

Connettere tutte le forme d’arte è la sua ossessione. È un’autrice, story editor, script doctor, executive producer, critica e giornalista. Ha collaborato con il Mereghetti Dizionario dei Film e con numerose riviste tra cui Rolling Stone, Vogue, GQ, occupandosi di…

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