Jay Kelly: identità, paternità e disincanto nel nuovo film con George Clooney
George Clooney e il viaggio oltre la maschera: “Jay Kelly” di Noah Baumbach è un road movie sull’attore, l’uomo e le vite che non viviamo. Il trailer
“Quando fai un film su un attore – spiega Noah Baumbach – stai parlando di identità, così come un film sulla mafia parla di famiglia e un film di fantascienza parla di religione”. Si tratta di un’affermazione che sembra contenere già in sé l’intero respiro di Jay Kelly, il nuovo lavoro del regista newyorkese, in uscita al cinema il 19 novembre e su Netflix dal 5 dicembre e presentato in Concorso alla 82esima Mostra del Cinema di Venezia.
George Clooney diventa Jay Kelly per Baumbach
Il regista Baumbach (Storia di un matrimonio e Rumore bianco), da sempre interessato ai luoghi più fragili e sottili dell’esistenza – i rapporti intimi, le nevrosi quotidiane, le faglie emotive di una generazione – sceglie questa volta come protagonista del suo film una star popolarissima quale George Clooney.
È lui il corpo e volto su cui interrogare il tema dell’identità. Si tratta di un attore che interpreta un attore: un cortocircuito che apre a domande universali (e che spaziano, andando oltre la sfera artistico-lavorativa). Chi siamo davvero, al di là della parte che recitiamo nella vita? Quanto pesa lo scarto tra l’immagine che costruiamo e ciò che avremmo potuto essere?
La trama del film “Jay Kelly”
Il film racconta il viaggio del divo Jay Kelly, del suo manager Ron e di altri membri del team attraverso l’Europa – prima a Parigi e poi in Toscana -, in un ristretto road movie che scivola progressivamente dalla superficie patinata del successo alla profondità di un bilancio personale e generazionale.
Adam Sandler, che interpreta Ron, commenta sul suo personaggio: “Lavora duramente, ma cerca sempre di trovare tempo per la mia famiglia e tornare a casa per incontrarla”. Mentre nei panni dell’ufficio stampa c’è Laura Dern che aggiunge: “Questa è una grande riflessione sul sé. Io sono cresciuta in una famiglia di attori e l’onestà era un grande valore. Non ho mai pensato che fare l’attore fosse come portare sempre una maschera, ma un grande dono che mi ha dato la vita”.
Il film secondo il regista Noah Baumbach
Lungo la strada che compie Jay Kelly emergono i fantasmi delle scelte passate, le relazioni mai risolte, le domande che restano e rimbombano: cosa rende speciale una vita? “Ci siamo divertiti a rappresentare l’ambiente di una star del cinema, tutto quello che lo circonda – racconta Baumbach – ma alla fine il film parla della ricerca del proprio sé autentico”. E ancora: “Quando è troppo tardi per cambiare il corso della nostra vita?”.
Jay Kelly non è dunque (solo) un film sul cinema, ma sul vivere e l’esistere: sul doppio ruolo di attore e individuo che ciascuno si trova a interpretare. Con Clooney – divo maturo che porta con sé la memoria della sua stessa carriera in una scena omaggio molto bella – Baumbach sembra chiedere al pubblico non chi sia Jay Kelly, ma chi siamo noi quando la maschera cade.
Margherita Bordino
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