Dietro l’obiettivo, oltre lo schermo: intervista alla regista Gia Coppola tra fotografia e cinema

La regista racconta come una semplice Polaroid abbia acceso la scintilla di una passione destinata a trasformarsi in una carriera nell’arte visiva. Al centro, il film The Last Showgirl e la figura di Shelley in una Las Vegas che riflette sogni e disillusioni

Fotografa e regista, Gia Coppola (Los Angeles, 1987) non è solo — e tantomeno semplicemente — la nipote di Francis Ford Coppola. Il suo esordio dietro la macchina da presa risale al 2013 con Palo Alto, delicata e raffinata trasposizione dei racconti di James Franco contenuti in In stato di ebbrezza, che già rivelava una spiccata sensibilità autoriale. Nel 2020 è tornata alla regia con Nessuno di speciale, commedia drammatica interpretata da Andrew Garfield e Maya Hawke, con cui ha ulteriormente definito il proprio stile: uno sguardo intimo e personale, capace di cogliere le contraddizioni dell’era digitale attraverso una cifra visiva stratificata e originale.

The Last Showgirl
The Last Showgirl

“The Last Showgirl”: l’ultimo film di Gia Coppola

Con The Last Showgirl (2025, distribuito in Italia da BeWater Film), terzo lungometraggio, Coppola sceglie di girare in 16 mm e affida il ruolo da protagonista ad una sorprendente Pamela Anderson. L’attrice interpreta una showgirl di Las Vegas alle prese con la fine di un’epoca: tra ricordi irrisolti e la necessità di reinventarsi, il film delinea un ritratto struggente e sincero della trasformazione, tanto personale quanto generazionale. Un’opera che conferma la regista come una voce autoriale da seguire con attenzione.
Ispirato alla pièce teatrale Body of Work di Kate Gersten — anche coautrice della sceneggiatura — il film si immerge in un racconto corale e sfaccettato al femminile, attraversando le vite di donne di diverse generazioni, tutte costrette a confrontarsi con un futuro improvvisamente sospeso. Un’indagine autentica e sensibile sulla forza e la vulnerabilità di chi, di fronte al cambiamento, cerca il coraggio di ricominciare. Abbiamo incontrato Gia Coppola al Filming Italy Sardegna Festival: ecco cosa ci ha raccontato.

Gia Coppola al Filming Italy Sardegna Festival 2025
Gia Coppola al Filming Italy Sardegna Festival 2025

L’intervista a Gia Coppola

Come è nata la sua passione per la fotografia?
È iniziato tutto dal sentirmi come se non fossi brava in niente. Non prendevo buoni voti a scuola. Non mi sentivo in grado di dipingere. Ero troppo timida per recitare a teatro. E quando ho preso in mano una macchina fotografica mi sono sentita molto a mio agio. Era solo una Polaroid all’epoca, ma in qualche modo – e sono sempre stata un’osservatrice – mi permetteva di osservare e allo stesso tempo di nascondermi.

E poi cosa è successo?
Da lì in poi, semplicemente non sapendo cos’altro fare, ho seguito ciò che in qualche modo mi faceva sentire bene. Ho conosciuto il mio professore all’università, Stephen Shore, un fotografo che ammiro molto. Lui mi ha aperto un nuovo mondo nell’arte, dove non era necessario essere esperti dal punto di vista tecnico, ma bastava avere un punto di vista.

Dalla fotografia si è poi avvicinata al cinema…
La passione per la fotografia, per l’immagine e la narrazione, mi ha poi portato a desiderare un mezzo più collaborativo, e che mi sembrava a tutti gli effetti una sua un’estensione: il cinema. Ho capito che attraverso il cinema potevo far parte di tutte quelle cose che mi piacciono davvero pur non essendo necessariamente un’esperta in ognuna di loro.

Quali sono gli artisti che l’hanno ispirata?
Come ho detto, adoro Stephen Shore. Credo che abbia avuto un impatto davvero importante sulla mia vita. E poi, ho sempre amato Godard. Scoprirlo è stato un momento davvero importante per me. Amo anche molti registi moderni, come mia zia Sofia Coppola: The Virgin Suicides per me è stato il film definitivo per una ragazza adolescente. E adoro Paul Thomas Anderson e David Fincher. Per The Last Showgirl però sono stata più attratta dalla struttura dei film di John Cassavetes, anche se non direi necessariamente che sia il mio preferito in assoluto.

Gia Coppola su “The Last Showgirl”

Riguardo The Last Showgirl, cosa rappresenta per lei Las Vegas? E cosa per Shelley?
Las Vegas è una città unica, che io adoro. È piena di magia e tristezza, ma in molti modi rappresenta l’America. È nostalgica, ma allo stesso tempo no… Perché distrugge tutto. Lì non esiste nulla che risalga a prima del 1980. E per Shelley è brillante, luccicante. È un posto dove i sogni possono diventare realtà, ma è anche un luogo che non ti restituisce l’amore.

Shelley, la protagonista, è una guerriera. In che modo lei e Pamela Anderson si somigliano e si differenziano, e quale delle due considera più vicina?
A volte mi è difficile separare Shelley da Pamela, perché ci sono molte somiglianze, anche se ci sono differenze importanti… Pamela è una donna che riesce a reinventarsi, a seconda di dove si trova nella vita e di ciò che la interessa, mentre Shelley sembra bloccata nei suoi modi di fare, in un punto che potrebbe essere problematico. Non mettere radici, forse con sua figlia, non è una scelta che consiglierei.

Il cinema oggi ha ancora il potere di cambiare il modo in cui vediamo e viviamo il mondo?
Spero di sì. Credo che questo sia proprio lo scopo dell’arte: ampliare i nostri orizzonti, vedere le cose da un altro punto di vista, fare esperienze di luoghi che altrimenti non conosceremmo. Gran parte di questa storia per noi è stata anche un modo per mostrare i limiti sistemici che affrontano le donne, soprattutto le madri lavoratrici, e quanto ci sia contro di loro. Penso che Shelley non avesse molte scelte, ed è questo che l’ha portata sul percorso che ha dovuto intraprendere.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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