Alla Berlinale 2024 tre film mettono al centro il cinema di genere con spunti horror

A24, casa di produzione di culto, porta a Berlino "Love Lies Bleeding", e "A Different Man": sfidando Hollywood, perché la vera deformità è la bellezza

Cosa hanno in comune A Different Man (metafora della maschera sociale/artistica, in Concorso), Love Lies Bleeding (critica splatter al sogno americano, in Berlinale Special) e I Saw the Tv Glow (allegoria trans per horror streamer in stile “Buffy”, nella sezione Panorama)? Sono tre film ipnotici che condividono lo stesso DNA, il cinema indie americano, hanno la stessa spina dorsale, A24 che li produce e distribuisce, e si mostrano con la stessa pelle, il cinema di genere con cicatrici horror. E, va detto, i primi due ne sono eccelsi esempi.

“A different man”: il più “mostruoso” e spiazzante film in concorso

Edward, interpretato da uno straordinario Sebastian Stan, è un attore affetto da una malattia che gli deforma atrocemente il viso, permettendogli di recitare solo in video di sensibilizzazione e inclusione verso persone dall’aspetto “diverso”. Edward, però, non accetta la sua condizione, non ha amici, si nasconde, è timido. Fino a quando non si invaghisce della vicina di casa, la bellissima Renate Reinsve (Another End), un’enigmatica drammaturga, che non osa neppure sfiorare. Ma tutto precipita quando gli viene proposta una cura miracolosa e Edward accetta. Così il film si sporca di “horror”, la pelle cade, il protagonista rinasce in un volto nuovo. Ora è bello, ambito, “amato”? Non proprio, e quando ritrova la drammaturga che sta allestendo una pièce sulla sua vita, purtroppo non può interpretare se stesso, perché adesso il suo volto è “normale”. E qui la trama si infittisce, mischiando i generi, dal melò al dramma, dall’horror al thriller. Sulla sua strada appare l’affascinante Oswald, l’incredibile Adam Pearson, realmente affetto da neurofibromatosi e noto attivista e conduttore televisivo. Oswald è un uomo sicuro, amato, di gran talento ed è lui a portare via tutto a Edward. È lui a chiudergli la porta in faccia, perché il film è pieno di porte, da sbattere, aprire, chiudere, sradicare. Una pellicola claustrofobica in cui riecheggia Eva contro Eva con la sua ode all’apparenza, al potere manipolatorio della maschera, alla forza salvifica del teatro e alla divinazione del cinema, che qui smembra lo stereotipo della bellezza, sfida i cliché Hollywoodiani e li riduce a brandelli di sogni destinati a svanire. Come nella scena cult: L’uomo che visse due volte, ovvero, Edward si finge morto per potere indossare la sua nuova maschera di bellezza, ma finirà col doversi rimettere il calco del suo vecchio volto per poter essere “amato”, perché la vera deformità è la bellezza.

Love Lies Bleeding
Love Lies Bleeding

“Love Lies Bleeding”, il corpo dell’America per vincere deve farsi di steroidi

Kristen Stewart ci ha abituati ai ruoli più disparati, ma da quando ha fatto coming out, il suo cinema si colora spesso delle tonalità dell’arcobaleno. Eppure, i suoi personaggi non sono mai una semplice scusa per parlare di tematiche LGBTQ+, al contrario sono sempre più spesso una accesa critica alla società e ai cliché del sogno americano. E Love Lies Bleeding ne è summa perfetta con la sua America rurale, la criminalità disperata, i fast food di armi, i denti marci, i capelli unti, i corpi che sudano solo per espellere ogni goccia di umanità in luride palestre, il cui unico culto è la forza estetica e muscolare. Kristen Stewart gestisce proprio una di queste palestre ed è la figlia di un boss, un eccelso e respingente Ed Harris. Il cognato è Dave Franco, stereotipo dell’uomo che picchia le donne. Nella cittadina arriva Jackie, una culturista (Katy O’Brian), che ha solo un’ambizione: vincere una gara di bodybuilding a Las Vegas. Le due si innamorano tra sesso frenetico e steroidi anni Ottanta che trasformano Jackie in un Hulk al femminile che aggredisce e uccide chiunque possa irritarla. E il film assurge a cinema splatter impegnato, grazie a Rose Glass, regista di horror, che inietta qui tutta la sua follia, la sua critica all’arrivismo americano, al vuoto sociale, al machismo diffuso. Scena Cult: L’incredibile Hulk è donna, Jackie si trasforma in un “gigante” che ricorda I viaggi di Gulliver tra le grotte di Polifemo, strizzando l’occhio alla violenza introiettata del patriarcato.

Barbara Frigerio

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Barbara Frigerio

Barbara Frigerio

Connettere tutte le forme d’arte è la sua ossessione. È un’autrice, story editor, script doctor, executive producer, critica e giornalista. Ha collaborato con il Mereghetti Dizionario dei Film e con numerose riviste tra cui Rolling Stone, Vogue, GQ, occupandosi di…

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