Veronesi e De Angelis insieme per ‘Comandante’, il film d’apertura di Venezia 80

Un comandante e i suoi marinai. Tutti insieme in un sommergibile, in guerra. E quando il nemico finisce in mare che fare? Salvarlo o lasciarlo annegare?

Da un lato Edoardo De Angelis e dall’altro Sandro Veronesi, due stili di scrittura del tutto differenti che si incontrano – o forse anche “scontrano” – nel raccontare la storia di Salvatore Todaro in Comandante, film d’apertura dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia. Una storia per il grande schermo – che arriverà in sala prossimamente con 01 Distribution – ma anche per l’editoria. Un racconto, di certo romanzato, in cui si incontrano uno più politico e uno più poetico anche ironico. Un film che, seppur riguarda il passato, rimanda all’oggi e alle navi di migranti che spesso vengono lasciate al largo in attesa di una decisione: salvarli o meno. Cosa fa Salvatore Todaro? Salva il nemico rispondendo a una legge umana e morale ma no, non è un eroe.

A Venezia la storia di comandante e dei suoi marinai

Edoardo De Angelis con questo film resta fedele al suo cinema e al suo stile. Tornano le tinte fredde, quelle blu che lo contraddistinguono visivamente, e come già avvenuto in passato, ha scelto un film che metterà in moto – o almeno si spera – più di una riflessione e discussione. Con Veronesi si concentrano sulla storia di un uomo schierato con il fascismo, in campo – in questo caso in mare – da quel lato della guerra, che però ad un certo punto è chiamato a fare una scelta e la sua decisione non è politica, è umana. E qui entra in campo un’altra politica, quella che non riguarda gli schieramenti, le divisioni, quella che riguarda il popolo, la cosa comune. Salvatore Todaro è il Comandante, e lo è dall’inizio alla fine. Ma è anche un uomo che si muove con i suoi marinai, che fa parte di un insieme. Insieme vincono e insieme perdono, insieme sorridono e insieme soffrono. Il sommergibile, ovvero il pesce di ferro che li ospita, è la loro casa ma è anche la loro prigione. Un luogo che rispettano, proteggono ma che temono. 

Coprotagonista di “Comandante” il sommergibile realizzato a Cinecittà

Ed il sommergibile è il coprotagonista di questa storia e la sua costruzione – per la realizzazione del film – è iniziata nel 2020. Al suo progetto hanno lavorato lo scenografo Carmine Guarino (Il vizio della speranza, Indivisibili, È stata la mano di Dio), la Fincantieri, l’ingegnere navale Nicola Ferrari e il virtual art department di Cinecittà. “Lo scafo, prima costruito e montato negli Studios di Cinecittà, è stato poi smontato, trasportato e rimontato a Taranto, all’interno del bacino di carenaggio Ferrati dell’arsenale, grazie al fondamentale supporto della Marina Militare. Posizionato su pontoni galleggianti, il simulacro del Cappellini è stato in seguito trainato in mare aperto dove sono state girate le scene del film. Per quanto riguarda le sequenze all’interno del sommergibile si è deciso di modificare alcune parti della costruzione scenografica preesistente di un sommergibile tedesco che è stato appunto trasformato in un sommergibile italiano. La costruzione dei locali ufficiali è stata invece realizzata completamente ex novo sulla base di più di 50 tra bozzetti ed esecutivi”, si può leggere nelle note di scenografie. 

Pierfrancesco Favino e Edoardo De Angelis COMANDANTE @Enrico De Luigi
Pierfrancesco Favino e Edoardo De Angelis COMANDANTE @Enrico De Luigi

Il commento di Edoardo De Angelis, regista di “Comandante”

Chi è davvero forte? Cosa vuol dire essere italiani? Me lo chiedevo con insistenza quando nel 2018 mi imbattei nel racconto illuminante dell’Ammiraglio Pettorino, riportato in occasione del 123esimo anniversario della Guardia Costiera”, dichiara De Angelis. “Pettorino, in un clima di porti italiani chiusi ai naufraghi, di donne, bambini, uomini inermi morti affogati in mare, ebbe l’esigenza di dire ai propri marinai come comportarsi. Scelse la strada della parabola e raccontò la vicenda straordinaria di Salvatore Todaro, il sommergibilista italiano che in guerra affondava le navi nemiche ma salvava gli uomini. Questo prescrive la legge del mare, così si è sempre fatto, così sempre si farà. L’uomo alla guida di una trireme romana duemila anni fa è lo stesso che comanda un sommergibile nel 1940, in Atlantico, in piena guerra. Quell’uomo si chiama Salvatore ed è forte. Affonda il ferro delle navi nemiche senza paura e senza pietà. Ma il nemico inerme non è più nemico, è solo un altro uomo e allora lo salva. Perché l’essere umano davvero forte è quello capace di tendere la mano al debole. Salvatore conosce le leggi eterne che governano il cielo e il mare e sa che sono superiori a qualunque altra legge: chi salva un solo uomo, salva l’umanità”. 

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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