Il Signore Delle Formiche. Gianni Amelio torna al Festival di Venezia

Un film su un ingiusto processo. A Venezia 79 il cinema di Gianni Amelio è classico e contemporaneo, reazione e ribellione. A 100 anni dalla nascita la storia di Aldo Braibanti, il primo condannato per plagio in Italia

Un film di reazione, di ribellione. Gianni Amelio porta sul grande schermo l’ingiusto e ingiustificato processo all’intellettuale Aldo Braibanti (1922- 2014), il suo titolo è Il signore delle formiche e, oltre ad essere in Concorso a Venezia 79, è nelle sale dal 8 settembre con 01 Distribution. Il signore delle formiche è un film di reazione. Un film in cui tutti si ribellano. Chi col silenzio, chi subendo la pena, chi con la penna, manifestando per strada. Una storia in cui il coraggio, la voglia e decisione di ribellarsi sono fondamentali. È un film classico, contemporaneo. Un film di Gianni Amelio. Il suo essere regista e sceneggiatore sono chiari, evidenti e riconoscibili.

IL SIGNORE DELLE FORMICHE - foto di Claudio Iannone

IL SIGNORE DELLE FORMICHE – foto di Claudio Iannone

LUIGI LO CASCIO INTERPRETA ALDO BRAIBANTI

Il signore delle formiche ha un cast molto interessante. Attori che sanno bene usare le importanti parole scritte, e sono, nei principali, Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco e l’esordiente Leonardo Maltese. È la storia del drammaturgo e poeta Aldo Braibanti, condannato nel 1968 a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, primo caso italiano a riguardo. Accusato di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, per farlo “guarire” da quell’influsso ‘diabolico’. Alcuni anni dopo, il reato di plagio viene cancellato dal codice penale: un reato che in realtà̀ fino ad allora era servito per mettere sotto accusa i ‘diversi’ di ogni genere, i fuorilegge della norma. “Gianni Amelio ha a cuore tutto ciò che è rivolgimento, sovvertimento dei luoghi comuni”, dice Lo Cascio. “La stagione in cui tutto avviene è quella del ’68, poco prima poco dopo però è quello il momento, è un momento cruciale nella nostra storia dell’occidente, le conquiste ma comunque le battaglie un certo tipo di lotta che si fa per cambiare la società. Forse in questo senso, al di là delle cose, del punto di vista, ognuno ha i suoi, una cosa sicura che si può dire che si può avere forse e si deve avere nostalgia di qualcosa che sembra non tornare e cioè che le notto devono essere delle cose dirette non verso un miglioramento personale, singolare, egoistico, di una fazione… Le lotte non si fanno per una parte, le lotte sono per tutti perché le persone che hanno lottato e che continuano a lottare hanno un’idea di società, hanno un’idea di uomo. Questo è un aspetto che al di là delle idee particolari non può non provocarci visto che adesso il tipo di lotta che facciamo e per cose piccole è quasi sempre faziose. Ho una grande ammirazione per chi ha speso la propria vita per lottare per “qualcosa che ha a che fare con il bene comune”.

IL SIGNORE DELLE FORMICHE - foto di Claudio Iannone

IL SIGNORE DELLE FORMICHE – foto di Claudio Iannone

IL SIGNORE DELLE FORMICHE: UN PROCESSO SENZA REATO

I film nascono anche quando il regista non pensa. Possono nascere anche da un’emozione, come può essere un ricordo vago… non so, per dire, una volta sono andato in tribunale per assistere a un’udienza – avevo 23 anni all’epoca -, oppure anche dalla considerazione che è una vicenda di cui nessuno sa più niente”, racconta Gianni Amelio. “Braibanti è come intellettuale sconosciuto, i libri suoi non si leggono, i suoi testi teatrali non sono rappresentati, ed è diciamo noto ad alcuni solo per una grandissima ingiustizia che gli è stata fatta, cioè averlo condannato a 9 anni di carcere con un’accusa fantomatica di aver corrotto e distorto mentalmente e fisicamente un’altra persona, questa parola plagio, che non vuol dire assolutamente niente… Non l’avrei fatto il film se non avessi sentito una necessità oggi di parlare di certe cose. Il processo Braibanti è stato un atto di violenza da parte della Giustizia e da parte anche di una certa mentalità. È pericoloso oggi che una mentalità o una ingiustizia si ripeta. E oggi si ripete in altra forma, magari non c’è un processo ma c’è qualcosa di più sommario tipo una denuncia perché due donne si stanno baciando, un’istigazione al suicidio, il bullismo imperante per cui diverso ha sempre torto”. Il signore delle formiche è quindi il diario di viaggio di un processo senza reato, ingiusto. Un percorso nella vita di un uomo condannato e giudicato per amore. Braibanti è anche e prima di tutto un intellettuale da riscoprire e Amelio non ha rinunciato nel film alla bellezza dei suoi testi. “Io credo di non aver messo mai in un mio film tante poesie come in questo. Non vorrei che si spaventasse qualcuno, non sono poesie difficili, sono poesie molto belle e sono poesie scritte da una persona innamorata. Non svelo alcuni momenti del film ma i momenti in cui le poesie vengono dette dall’amante all’amato hanno per me una potenza che dice molto più di quanto direbbero le parole normali di due persone, cioè il verso della poesia rende ovviamente più potente l’amore che lega due esseri umani”.

 – Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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