Marcel!, l’opera prima di Jasmine Trinca ispirata al Monello di Chaplin

Da attrice e regista, era tanto che lo desiderava e ora ha realizzato il suo sogno. Jasmine Trinca presenta a Cannes il suo primo lungometraggio, un film sull’arte come fonte di vita con Alba Rohrwacher. Ci hanno raccontato la loro esperienza in questa doppia intervista

“Ricorda che all’arte si deve la vita”. È questo il punto di partenza di Marcel!, opera prima di Jasmine Trinca che ha deciso di cambiare prospettiva passando dietro la macchina da presa, esigenza che sentiva da tempo. Lo ha fatto con un film in parte autobiografico, in parte fantastico, che si divide tra lacrime e gioia, in cui la crudeltà colpisce tutti i fronti e i ruoli. Una storia che subisce il fascino di Fellini ma prima di tutto e dichiaratamente di Charlie Chaplin, il suo Il Monello. Marcel! è un film fatto di e da tante donne. È la storia di una madre distratta, disorientata e di una figlia che cerca di proteggerla, capace per questo di ogni cosa. La sceneggiatura è scritta con Francesca Manieri e la protagonista è Alba Rohrwacher“Quando sono inquieta cammino, mi aggiro, mi perdo e mi ritrovo. È così che scopro il mondo. Così è per il bambino e per sua madre”, ha detto la regista. Il film è l’evoluzione del cortometraggio Being My Mum, che aveva presentato alla Mostra di Venezia del 2020. Jasmine Trinca, che nel 2001 diretta da Nanni Moretti ha iniziato il suo percorso nel cinema, è a Cannes 75 anche come giurata del Concorso ufficiale.

Quando hai deciso di passare dietro la macchina da presa?
Jasmine Trinca: C’è voluto un po’ di tempo per autorizzarmi a fare questo passaggio. Era da qualche tempo che, da attrice, cominciavo a pensare che forse quello sguardo che ricevevo potevo ricambiarlo. È passato qualche anno, poi, da una serie di snodi della mia vita importanti, impegnativi, ho pensato “forse posso iniziare a metterci le mani”. Sicuramente mi ha smosso anche l’esempio di altre registe che ho avuto e della felicità che questo passaggio ha comportato loro.

Tua partner in scrittura è stata Francesca Manieri.
JT: Devo ringraziare infinitamente Francesca Manieri perché mi ha spinto a scrivere questa storia. La sceneggiatura l’ha scritta lei, riuscendo a dare voce alle cose più profonde della mia vita. Marcel! è nato con l’idea di farne una commedia, di non ripiegarci su noi stesse. E, seppur parli di vicende intime, lo fa in maniera completamente trasfigurata. Il mio tentativo è stato fare un film dove si piangesse e si ridesse insieme.

Quanto Charlie Chaplin ha influenzato la storia di Marcel!?
JT: Direi che Il Monello è veramente l’ispirazione di questo film, poiché mi piaceva raccontare un posto che fosse un microcosmo dove avvengono tutte delle avventure incredibili. Le avventure più intime come le più assolute. E in questo senso Il Monello è un grande riferimento.

Jasmine Trinca ha scritto di te: “È una Buster Keaton travestita da pantera, divertente ma sensuale”. Ti rivedi in ciò?
Alba Rohrwacher: Forse il personaggio è un Buster Keaton travestito da pantera. Ma anche, al contrario, una pantera travestita da Buster Keaton. È un grande complimento quello che mi ha fatto. È bello che lei mi veda così e mi faccia poi diventare in questo modo, e facendomi aderire alla sua idea di personaggio.

Alba Rohrwacher interpreta una madre distratta, che condivide la crescita con la figlioletta…
JT: Volevamo dare a questa madre, apparentemente priva di attenzioni per la figlia, un un’occupazione che fosse anche auto-ironica. Volevamo ridere un po’ di questo. È stata la stessa Alba a darci lo spunto, durante le riprese. Lei e Maayane Conti hanno iniziato a giocare al cane e alla padrona e abbiamo trovato questa immagine molto crudele e molto affascinante al tempo stesso.

Spiegatemi meglio…
AR: Durante il cortometraggio era accaduto che io avevo giocato con Maayane a un gioco fuori scena. Aveva qualcosa di assurdo e crudele insieme, e qualcuno aveva spiato questo gioco e lo aveva mostrato a Jasmine che già aveva un’idea di film in mente. Mentre quell’idea si concretizzava, lei mi raccontava la storia punto per punto e mi è sembrata incredibile. E poi, quando ho letto la sceneggiatura sono rimasta molto colpita perché meravigliosa, fatta di pochissimi elementi. Era molto chiara, semplice, capace di emozionare in una maniera profonda perché andava a toccare degli archetipi senza invaderli. Sono stata felicissima che lei mi chiedesse di continuare questo percorso. Ho sentito un senso di responsabilità e devo dire che ho avuto anche paura perché sentivo che il dono che mi stava dando era qualcosa di estremamente prezioso per lei e non volevo in nessun modo danneggiarlo. Volevo essere più che all’altezza di questa responsabilità che mi aveva affidato. E come tutte le cose che ti mettono paura… poi ti stimolano a fare il meglio possibile.

Marcel! è un film poetico che fa convivare dolcezza e crudeltà.
JT: In questo film la crudeltà è un elemento prepotente, una crudeltà molto ben distribuita tuttavia, non mi piacciono i personaggi che sono una umanità con delle tracce uniche. In questo film una bambina può essere crudele anche se sembra un angelo, e viceversa. Il mio è stato un tentativo di rielaborare i ruoli che ci vengono assegnati, diventando poi noi protagonisti di questi ruoli.

Cuore scenico del film è uno spettacolo di strada, una performance, come è nata?
AR: Sentivo la necessità di capire cosa metteva in scena questo personaggio e anche Jasmine lo sentiva. Ne parlavamo molto, finché a un certo punto Jasmine ha individuato questa maestra, una insegnante di movimento scenico, e ho fatto un laboratorio con lei, dove c’era un’idea che nasceva dalla sceneggiatura e che Jasmine aveva puntualizzato. C’era l’esperienza di questa insegnante e il mio bagaglio di aspirante circense, perché io da ragazzina sognavo di fuggire con un circo e quindi studiavo ginnastica artistica, facevo i miei piccoli allenamenti. Sognavo di diventare una acrobata o una trapezista. Poi la mia vita è andata da un’altra parte, ma questo personaggio ha unito tutti questi elementi, dando vita a spettacoli maldestri, un po’ goffi ma molto sentiti.

-Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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