Festa del Cinema di Roma: si parla di Freaks Out, le maschere tragiche di Gabriele Mainetti

Dopo 5 anni dall’esordio al lungometraggio con Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti è quasi pronto a presentare al grande pubblico il suo Freaks Out. Il regista è protagonista di uno degli Incontri Ravvicinati della Festa del Cinema. Tra gli autori che ama di più: Monicelli, Leone e Spielberg.

Che cosa hanno in comune Mario Monicelli, Sergio Leone e Steven Spielberg? Gabriele Mainetti si racconta attraverso tre maestri di cinema per lui fondamentali. Il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot, dopo 5 anni dalla presentazione del suo film di genere che ha cambiato un po’ le carte in tavola nel cinema italiano contemporaneo, torna alla Festa del Cinema di Roma come protagonista per uno degli Incontri Ravvicinati. A dialogare con lui sul palco il direttore artistico della Festa, Antonio Monda, e Francesco Zippel, regista e selezionatore della Festa. Gabriele Mainetti scegli di mostrare al pubblico tre scene tratte da tre film a cui è profondamente legato e appartenenti alla filmografia di altrettanti registi che in un modo e in un altro influenzano le sue scelte creative e drammaturgiche. Un incontro speciale in quanto in prima mondiale sono stati presentati 8 minuti del secondo lungometraggio di Mainetti, Freaks Out, un film attesissimo da tantissimi e in sala dal 16 dicembre con 01Distribution.

L’ARMATA BRANCALEONE E MONICELLI

Ho scelto questo film perché, insieme a I soliti ignoti, è uno di quelli che ho visto svariate volte con mio padre. È un film che sta alla genesi di Freaks Out, racconta di poveracci che non smettono di seguire il mito. Un film determinate nel tono”. Gabriele Mainetti presenta così un frammento de L’armata Brancaleone di Mario Monicelli, il primo dei tre registi di cui sceglie di parlare nel suo incontro con il pubblico. “Monicelli giocava con il cinema. Ha fatto tanti film e diceva ‘ne ricorderanno 4 o 5’ ma io intanto mi diverto con il cinema”. Il cinema di Monicelli è quindi tra i punti di riferimento più sensibili e acuti, al tempo stesso, per Gabriele Mainetti che continua: “da parte di Monicelli c’è una ricerca interessante nell’estetica, molto vicina alla commedia dell’arte. In L’armata Brancaleone Vittorio Gassman veste questo costume in modo austero, crede in quello che fa e crea un personaggio meraviglioso. È austero ma al tempo stesso comico e come attore comico è stato scoperto dallo stesso Monicelli che faceva un’attenta ricerca dei volti”. Cosa rappresenta Monicelli per Gabriele Mainetti? Tanto, tantissimo. È il primo che usa la risata in modo sano e suggestivo. “Monicelli è il re della commedia all’italiana, quella vera e non becera. Approcciava al cinema con grande forza e leggerezza ma in modo serio”.

PER UN PUGNO DI DOLLARI E LEONE

Un altro regista che approcciava all’ironia in un modo molto personale è Sergio Leone. “La romanità di Sergio Leone si sente dentro i suoi western. Raccontava la storia degli ultimi non dei più grandi. Non faceva cinema politico ma era cinema di politica. Lui ha destrutturato il western perché ha dato spazio agli ultimi e non agli eroi”, dice Gabriele Mainetti che del cinema di Leone è vero fan. “Leone ha fatto sempre qualcosa di più difficile. Aveva una visione che si amplificava di film in film. Amo Leone perché con lui mi sento a casa ma al tempo stesso sento che parla a tutti quanti”. Il cinema di Leone è stato di grande stimolo per Mainetti nella realizzazione di Lo chiamavano Jeeg Robot, due film in apparenza così diversi ma con sfumature simili. “Leone con C’era una volta in America sembrava avesse spento un certo tipo di ‘fuoco’, ripensarlo in chiave contemporanea non era facile e quindi come potevo farlo, se non con i personaggi? Così Jeeg Robot fa sospendere l’incredulità. Il grande potenziale italiano è saper navigare tra le emozioni, non essere solo drammatico, o solo comico”.

Gabriele Mainetti Incontro ravvicinato, 15th Rome Film Festival 2020

Gabriele Mainetti Incontro ravvicinato, 15th Rome Film Festival 2020

ET E SPIELBERG

E poi c’è Spielberg, “il mio regista preferito in assoluto”. Per Gabriele Mainetti Spielberg è il re dell’intrattenimento, di una danza cinematografica unica al mondo. Con Et, pietra miliare del cinema e in particolare di una specifica generazione, Spielberg “capovolge la prospettiva. L’alieno non è una minaccia ma una possibilità di salvezza”, dice Mainetti. “Rimasi scioccato dalla bellezza di questo film, che un po’ come in Inside Out, è un personaggio che sta nell’angolo della mia memoria”. Proprio come Monicelli e Leone, Spielberg prende la storia di persone normali e la porta in uno spazio grandissimo, anche se più amplificato e fantastico. Spielberg e il suo cinema hanno insegnato a Gabriele Mainetti a sognare in grande e insieme a Monicelli e Leoni lo stimolano nella ricerca di personaggi che sono maschere tragiche ma che al temo stesso fanno ridere. Il sogno di Mainetti è quindi quello di unire la dimensione italiana del cinema a quella fantastica del cinema americano rappresentato nello specifico dal regista di Ready Player One, quindi cosa aspettarsi da Freaks Out?

8 MINUTI DI FREAKS OUT

Freaks Out esiste, ora ne abbiamo la prova. Il film a cui Mainetti sta lavorando da diversi anni e in cui ha investito non solo tempo ma anche denaro è quasi pronto e il 16 dicembre farà il suo debutto sul grande schermo. Nel film sono presenti tra gli altri anche Giorgio Tirabassi e Pietro Castellitto. Alla fine del suo incontro col pubblico alla Festa del Cinema Gabriele Mainetti emozionatissimo e anche un po’ teso presenta 8 minuti del film in anteprima mondiale. Quello che viene mostrato riguarda il circo Mezzapiotta, dove ad accogliere il pubblico è il direttore con la sua costellazione di onirici saltimbanchi dalle magie incantevoli. Dentro il tendone si svolge quindi lo spettacolo, tra magia, attesa, suspense e meraviglia. Fuori invece c’è la guerra, soffocante e minacciosa che rompe il momento di idillio e incanto. 8 minuti di Freaks Out sono sufficienti per credere in questo film e nella sua attesa interminabile. 8 minuti che riconcilierebbero chiunque con l’arte cinematografica e che sono solo un piccolo assaggio di una grande macchina che Mainetti ha messo in piedi per raccontare persone comuni, anzi persone allontanate da tutti, in un contesto che avrà sicuramente più di una similitudine. Sullo sfondo il feroce nazismo.

– Margherita Bordino

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

Scopri di più