Venezia 76. You Will Die at 20 e No. 7 Cherry Lane nella quinta giornata al Lido

Continua il nostro diario quotidiano della 76. Mostra del Cinema di Venezia. Oggi vi parliamo dei film che ci hanno colpito di più delle sezioni collaterali del festival

I film più belli a Venezia spesso si vedono nelle sezioni collaterali. Provengono da produzioni piccole, da paesi travolti da sofferenza e conflitti, dove la narrazione è un’urgenza e non una maniera.

YOU WILL DIE AT 20 DI AMJAD ABU ALALA

Il Sudan per esempio, tormentato da una cruenta guerra intestina e dal regime di Al Bashir. Nei trent’anni di dittatura la produzione cinematografica si è interrotta, per riprendere solo con la deposizione del dittatore nel 2019. You Will Die at 20, presentato alla SIC (Settimana Internazionale della Critica) è il primo film del nuovo Sudan, e per questo assume un significato ancora più forte. È la storia di Muzamil (Mustafa Shehata), a cui lo stregone del villaggio di El-Gezira predice la morte prematura a vent’anni. La maledizione grava sulla vita del ragazzo, condannato ad essere un morto vivente, a portare il fardello di un futuro nefasto che influenza ogni suo giorno. Il padre abbandona la famiglia per la vergogna, la madre porta già il lutto e segna i giorni sulle pareti di una grotta, i coetanei lo bullizzano, la zia gli dona l’incenso del funerale. La vita dei vivi gli è preclusa, e lui non può far altro che imparare il corano a memoria con particolare attenzione ai versetti di espiazione e sepoltura. L’esistenza degli altri scorre mentre la sua è condizionata dalla superstizione che sempre di più si muta in realtà, in profezia che si autoavvera.

YOU WILL DIE AT 20. CINEMA, TRADIZIONE E POLITICA

Nel contesto intriso di religione in ogni aspetto del quotidiano, Muzamil conosce un outsider, un uomo maturo che supplisce l’assenza del padre e lo avvicina alla vita attraverso il cinema (simbolo del peccato, tentazione del demonio). Sino a questo momento, per sapiente scelta registica, lo spettatore non è in grado di collocare nel tempo la vicenda. Potremmo essere all’indomani della diffusione del Corano: case di fango, abiti bianchi e lindi accarezzati dal vento, piedi scalzi, preghiera, nessuna tecnologia, niente elettricità. Subito dopo è invece un fiorire di inquadrature di empori, acquisto di Pepsi Cola per celebrare fidanzamenti, e uso di mezzi motorizzati per raggiungere Sceicchi e Sciamani. È proprio l’incontro col cinema, con l’altro da sé, con la coscienza del libero arbitrio dunque, che il tempo dilatato e sempre uguale a se stesso si storicizza, si cala nel calendario dell’uomo. Esordio fulminante del giovane Amjad Abu Alala, il film è un inno al coraggio, all’autodeterminazione, alla libertà individuale, accolto dal pubblico in sala con una standing ovation. “Il mio film è un invito alla libertà. Nessuno dovrebbe mai dirti: Muzamil, questo è il tuo destino, così è scritto e non puoi far altro che accettarlo. Scappa, ragazzo!” afferma il regista nel Q&A, verbalizzando l’ultima scena (no spoiler). Le riprese di You Will Die at 20 sono iniziate lo stesso giorno della deposizione di Al Bashir, ma per Amjad Abu Alala è solo una felice coincidenza, il destino non c’entra nulla.

NO. 7 CHERRY LANE DI YONFAN

Da un’altra zona calda del globo arriva invece una delle pellicole della selezione ufficiale di Venezia.76, in perfetto timing con le proteste che nelle ultime settimane scuotono Hong Kong e la Cina. No. 7 Cherry Lane, film d’animazione dell’esordiente Yonfan, è ambientato nel 1967, nel pieno delle rivolte di Hong Kong, dove Ziming, giovane studente di architettura, è combattuto tra l’amore per la signora Yu e la figlia di lei, Meiling. È interessante come anche in questo caso la cultura Occidentale venga proposta come simbolo e viatico di emancipazione: i protagonisti parlano di Proust, che Ziming sogna di tradurre in cinese e che nel frattempo riassume alla signora Yu; leggono Jane Eyre e Cime tempestose in lingua, vanno ai matinée per vedere i film americani. La prima parte della pellicola è molto poetica e mette in risalto la splendida attenzione che l’Oriente riserva ai piccoli dettagli della natura. Anche i disegni e l’impianto complessivo sono più curati. Col procedere della narrazione invece emergono incongruenze che abbassano il livello del film: sceneggiatura carente, disegni in stile diverso, personaggi che sembrano camminare su un tapis roulant in modalità risparmio energetico, e una lentezza giustificata solo dalla mancanza di frame (troppa fretta e/o pochi soldi), in tal senso sono più affascinanti i fotogrammi chiave che le animazioni. Nonostante i limiti No. 7 Cherry Lane è un manifesto generazionale che ci permette di capire le trasformazioni culturali in corso con l’accesso a sfumature altrimenti invisibili e spesso predittive. Potere dell’arte.

– Mariagrazia Pontorno

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