Venezia 76. Il diario della settima giornata al Lido: I diari di Angela. Noi due cineasti

I diari di Angela. Noi due cineasti e Guest of Honour. Vite ricostruite dalla memoria del cinema nella settima giornata al Lido.

Cosa accade quando in  una coppia di artisti uno dei due viene a mancare?  Insieme al dolore indescrivibile della perdita se ne aggiunge uno ulteriore, restare amputati della propria metà artistica e dello slancio produttivo. L’unico modo per continuare ad esistere insieme – e non solo – è allora guardare indietro, preservando la memoria e attingendo a progetti incompiuti e materiali già esistenti. Christo per esempio, dopo la morte di Jeanne- Claude ha fatto propria la missione di realizzare opere immaginate insieme alla compagna, The Floating Piers ad esempio è dedicato a lei. Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi sono due cineasti i cui film di ricerca sono entrati nelle rassegne del MoMA e del Centre Pompidou.

DOPO LA MORTE DI ANGELA

Angela è venuta a mancare nel febbraio 2018 e Yervant, supportato dal Mart di Trento e Rovereto ha deciso di produrre un film in cui il diario della compagna, corredato da appunti e disegni, viene associato ad immagini riprese da lui stesso durante i loro tanti viaggi di vita/lavoro insieme. Il primo capitolo di I diari di Angela. Noi due cineasti  è stata presentata a Venezia.75, nel 2018, e a distanza di un anno ritorna al Lido con il secondo capitolo. I 100 minuti della pellicola, introdotti da Enrico Ghezzi, sono un viaggio intimo e commovente nel percorso della coppia, in cui la sovrapposizione di produzione e vita privata si risolve in missione esistenziale. I video e il diario sono nati come contenuti indipendenti ma quasi destinati a confluire in un’opera densa e stratificata, fatta di immagini, parole, disegni, memorie di coppia e riflessioni personali. Il girato di Yervant fa da perfetto controcanto alle pagine di Angela, e i due linguaggi si completano a vicenda, fornendo uno spaccato di arte e ma anche di costume e storia dagli ultimi decenni del secolo scorso fino al 2017.
Di mezzo ci sono infatti le amicizie e le interazioni tra artisti italiani e stranieri negli anni ’80 (pratica più rara di oggi), il problema della lingua (Angela usa un interprete), l’attentato alle Torri Gemelle (col ricordo al ristorante in cui i due artisti avevano pranzato di recente,) e poi il passaggio al mondo digitale e globalizzato. La pellicola è eterogenea e volutamente somiglia ad un flusso di coscienza, alla maniera delle opere dei due cineasti. La parte più interessante e riuscita, e che in sala catalizza l’attenzione, è quella relativa ai bellissimi disegni con cui Angela ha illustrato le sue memorie di bambina, per tirare fuori gli orrori del secondo conflitto mondiale. Sono acquarelli freschissimi, che con ironia e potenza visiva raccontano della guerra col filtro magico dell’infanzia, capace di colorare anche il terrore.

I diari di Angela Noi due cineastii, Yervant Gianikian

I diari di Angela Noi due cineastii, Yervant Gianikian

GUEST OF HONOUR DI EGOYAN

Sempre la memoria, stavolta coi suoi inganni, è protagonista di Guest of Honour, dell’armeno Atom Egoyan, pellicola in concorso a Venezia.76. La preparazione della commemorazione funebre del padre Jim (David Thewlis), è il pretesto narrativo che permette alla figlia Veronica (Laysla De Oliveira) di ricostruire la vita del defunto attraverso i ricordi. Il film si presenta come un avvincente giallo, e in effetti le premesse sono brillanti. I personaggi di Jim, ispettore sanitario alle prese con ristoranti poco ligi alle norme igieniche, e di Veronica, musicista di talento  finita in prigione per un crimine sessuale, sono disegnati bene. Ben presto però ci si arena in una sceneggiatura inconsistente che impoverisce e a tratti rende inverosimile la storia. A fine proiezione, alla presenza di regista, attori, e Alberto Barbera, gli applausi sono di circostanza e frettolosi, anche perché, come già detto, c’è il fuggi fuggi per aggiudicarsi un posto ben più ambito della sala grande, quello in vaporetto. Nonostante le corse, le signore in lungo e tacchi a spillo rischiano l’osso del collo, la fila all’imbarcadero supera già i cento metri. E così, un po’ per passare il tempo, un po’ perché parlare di cinema evitare l’argomento della piattaforma Rousseau, i vari gruppetti discutono con un certo gusto di alcune scene poco chiare o perse del tutto causa pisolino, spiegate a gran voce da cinefili col senso del dovere rimasti svegli. I vaporetti speciali venuti in soccorso delle folle di accreditati sono più grandi dei normali battelli e il percorso da Lido a San Marco è diretto, senza scalo a San Servolo. Forse per un problema tecnico il marinaio spegne le luci e la traversata in laguna si svolge al silenzio e al buio, come al cinema.

Mariagrazia Pontorno

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