Cinema d’animazione. Zootropolis

Ve lo siete perso quest’inverno? Allora dovete assolutamente recuperare durante le ferie. Perché Zootropolis è un gran bel film d’animazione. Con una scena che resterà cult.

Alle derive isolazioniste di Donald Trump, ai muri, alle divisioni e ai “ban”, l’Academy ha risposto lanciando segnali forti e chiari durante la cerimonia di consegna degli Oscar. Segnali che vanno in direzione diametralmente opposta alle nuove politiche della Casa Bianca e inseguono quei valori che nell’immaginario collettivo hanno reso l’America – tralasciandone in questa sede le palesi contraddizioni – la terra delle libertà, della tolleranza, dell’integrazione, delle battaglie civili.

IL VOLTO BUONO DELL’AMERICA

Non è sfuggito a questa logica il premio assegnato al Miglior Film di Animazione, Zootropolis, una delle ultime creazioni di casa Disney, quella “contaminata” dall’acquisita Pixar sotto lo sguardo vigile di John Lasseter, qui produttore esecutivo, in grado di coniugare la linearità del racconto mainstream con una più che apprezzabile lateralità di pensiero.
Zootropolis, dunque, o Zootopia nella versione originale, è il simbolo del volto buono dell’America, una metropoli “multietnica” in cui animali antropomorfi di ogni possibile razza convivono in armonia gli uni con gli altri. È inoltre la città dell’“American Dream”, il luogo in cui il mito del self-made può affermarsi e nessun desiderio è irrealizzabile se inseguito con la necessaria costanza e determinazione.

Byron Howard & Richard Moore, Zootropolis (2016)

Byron Howard & Richard Moore, Zootropolis (2016)

LA CONIGLIETTA POLIZIOTTA

Comprensibile, quindi, l’eccitazione di Judy Hopps, coniglietta caparbia che coltiva fin dall’infanzia il sogno di diventare poliziotta, all’idea di trasferirsi nella capitale. Dopo aver faticato non poco per convincere i genitori che l’avrebbero preferita “al sicuro” a portare avanti l’attività agricola di famiglia e al termine di un duro addestramento in accademia, non tutto andrà come previsto, ma in breve tempo alla piccola coraggiosa protagonista si presenterà l’occasione per indagare sulla misteriosa sparizione di alcuni mammiferi.
Ad aiutarla nelle indagini sarà Nick Wilde, una volpe che vive di espedienti, con le conoscenze giuste per dare impulso alla risoluzione di un caso che vede coinvolte le alte sfere della politica, dove pur di conquistare il potere non ci si fa scrupolo a insinuare nella cittadinanza immotivate paure, secondo l’antico e ormai rodato principio del divide et impera. È sufficiente alimentare un clima di sospetto verso gli animali predatori poiché “biologicamente predisposti” a uccidere e il resto viene da sé: diffidenza, discriminazione, palesi ingiustizie perpetrate in nome della sicurezza.

IL BRADIPO CULT

Zootropolis, insomma, racconta il passaggio dall’America di Obama a quella di Trump, ma di riflesso anche il presente (e il passato) dell’Europa, spazzata da venti di populismo e xenofobia, perché – come recita una battuta del film – “la paura funziona sempre”.
La storia è lineare, la computer grafica elaboratissima, certe gag memorabili (la lentezza del burocrate-bradipo è già nella storia), ma questo film è più di una detective story condita di action. E dovrebbero vederlo tutti, prima di andare a votare.

– Beatrice Fiorentino

Byron Howard, Richard Moore, Jared Bush (co-regia) – Zootropolis
USA, 2016 | 108’
http://film.disney.it/zootropolis

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Beatrice Fiorentino

Beatrice Fiorentino

Giornalista freelance e critico cinematografico, scrive per la pagina di Cultura e Spettacoli del quotidiano Il Piccolo e per diverse testate online. Dal 2008 collabora con l'Università del Litorale di Capodistria, dove insegna Linguaggio cinematografico e audiovisivo. Dal 2015 cura…

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