Dalla tela alla pellicola. L’eroe della Rivoluzione nel Napoleon di Abel Gance

In quale modo i capolavori pittorici hanno influenzato la rappresentazione di Napoleone Bonaparte e Jean-Paul Marat? I modelli dietro la raffigurazione mitizzata dei due personaggi simbolo dei valori repubblicani nel film del cineasta francese.

Strutturato su una complessa impalcatura allegorica, Napoleon (1927) di Abel Gance delinea alcuni dei momenti topici della vita del futuro imperatore in un’epopea romantica e magniloquente. Inizialmente progetto di ampissimo respiro, prevedeva un serial di sei, poi addirittura otto film, che avrebbero dovuto delineare la biografia bonapartiana dall’infanzia fino all’esilio a Sant’Elena. Tuttavia le vicissitudini finanziarie, il fallimento nel giugno del 1925 della casa di produzione russo-tedesca Wangeroff-Stinnes nel pieno delle riprese e la creazione in corsa della Société Générale du Film permisero di ultimare solo una parte del disegno complessivo.
La versione definitiva proiettata a Parigi nel 1927 (montata sino all’ultimo dal cineasta e arrivata a noi grazie al restauro di Kevin Brownlow del 1979) si concentra, infatti, sull’ascesa al potere del protagonista, di cui vengono esplorati l’infanzia nel collegio di Brienne, le traversie in Corsica, la battaglia di Tolone (1793) e la Campagna d’Italia (1796-97).


Napoleon (1927) – 1

“NAPOLEONE AL PONTE DI ARCOLE” DI ANTOINE-JEAN GROS

Ritratto epico di un personaggio storico, è tratteggiato con una certa libertà rispetto ai fatti documentati, mentre massimo rilievo è conferito all’apparato simbolico. Anzitutto, è l’immagine stessa di Bonaparte nel film di Gance a rifarsi a una fonte pittorica, piuttosto che alla realtà: il criterio secondo cui il regista scelse il suo interprete, stando a quanto dichiarato da lui stesso, era la somiglianza al soggetto di Napoleone al ponte di Arcole di Antoine-Jean Gros, soddisfatto poi da Albert Dieudonné.
Si voleva così sin da principio riferirsi a una rappresentazione idealizzata del condottiero, che nella lunga capigliatura e nell’aspetto messi in scena replicava le fattezze del soggetto nel dipinto. Era d’altra parte presente un simile iter di sublimazione del soggetto sin dall’originale del 1796, in cui non era raffigurato in maniera mimetica, né nell’immediatezza dell’evento bellico, ma la sua figura, assai più slanciata rispetto al vero, era catturata in una posa eroica e in una resa atemporale, confermata dalla divisa da parata (e non da battaglia) da lui indossata. Diveniva così simbolo della virtù militare nell’affermazione dei valori di libertà e uguaglianza ancora legati alla Repubblica, caratterizzazione utilizzata altresì nella pellicola.

Antonin Artaud nel Napoleon (1927) di Abel Gance

Antonin Artaud nel Napoleon (1927) di Abel Gance

LA MORTE DI MARAT TRA DESCRIZIONE FILMICA E PITTORICA

Se Napoleone era quindi, nella pietra miliare di Gance, emblema dell’eroismo bellico al servizio della rivoluzione e rimandava a un modello indiscusso e immediatamente riconoscibile desunto dalle arti figurative, al medesimo emisfero si rifaceva la rappresentazione di uno dei più intransigenti deputati della Montagna, Jean-Paul Marat (interpretato da Antonin Artaud).
Nella narrazione filmica, difatti, particolare rilevanza era conferita alla descrizione delle diverse fasi e dei protagonisti della Rivoluzione Francese fino agli anni del Terrore, e la loro storia era affiancata evocativamente a quella di Bonaparte: in un montaggio alternato dall’enfasi espressionista, quest’ultimo era inquadrato intento a lottare contro la furia degli elementi in una fragile imbarcazione, mentre Maximilien de Robespierre e Marat, travolti similmente dalla rivolta dei Girondini contro la Convenzione, erano catturati nella loro battaglia politica in un girato ondulatorio che riproduceva l’effetto delle mareggiate.
Ancor più, il politico e giornalista francese è accomunato a Napoleone da una citazione pittorica, in questo caso diretta, quella de La morte di Marat (1793) di Jacques-Louis David. Nella sequenza in cui viene narrato il suo omicidio a opera di Carlotta Corday, la posa, il volto riverso all’indietro, il capo avvolto in un panno bianco e un braccio abbandonato su un bordo, molti sono gli elementi ripresi dal dipinto, in una descrizione allo stesso modo eroica del soggetto e frugale degli ambienti.
Nella pellicola, tuttavia, varia il punto di vista, non laterale ma obliquo, lievemente sopraelevato rispetto all’oggetto della rappresentazione e ribaltato; inoltre il corpo senza vita è catturato in più inquadrature, fornendo uno sguardo dell’intero, poi la macchina da presa si avvicina sempre di più fino a un primo piano sulla testa abbandonata. Attraverso il rimando a un secondo celebre quadro viene evidenziato un momento di passaggio fondamentale nell’affermazione di un nuovo status quo: prima la morte di Marat, fermo nel suo credo fino all’ultimo, poi le esecuzioni di Robespierre e Saint Just precedono la distensione dopo il Terrore. La scelta quindi di ritrarre Marat come Napoleone in maniera mediata, facendo riferimento alla loro immagine sublimata in due illustri capolavori pittorici, è tesa alla mitizzazione dei due personaggi iconici della Francia rivoluzionaria.

Sabrina Crivelli

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Sabrina Crivelli

Sabrina Crivelli

Laureata in Economia e Gestione Aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha conseguito la laurea specialistica in Economia e Gestione dei Beni Culturali nel medesimo ateneo. Ha poi lavorato a Londra come analista finanziaria e frequentato nel medesimo periodo…

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