Il rischio del taxi
Nel centro commerciale di un’anonima e deserta area rurale degli Stati Uniti, una donna e suo figlio escono da un cinema pomeridiano e, seguendo le raccomandazioni dell’apprensivo marito/padre, prendono un taxi per tornare a casa. Ma non vi arriveranno mai.
Sequestrati dal tassista (Vincent D’Onofrio), la donna (Julia Ormond) verrà brutalmente uccisa dopo poche ore, mentre il figlio Tim (il giovanissimo Evan Bird), ribattezzato “Rabbit” dal suo rapitore, sarà costretto a vivere in cattività e al servizio del suo carnefice per molti anni prima di poter finalmente riscattare la sua libertà e la sua identità.
A vent’anni di distanza dal deludente Boxing Helena (1993), Jennifer Lynch, figlia di uno dei grandi mostri sacri del cinema contemporaneo, stupisce con una prova d’autentica autorialità. Le atmosfere calde, claustrofobiche e avvolgenti che comparivano per la prima volta in Surveillance (2008) e che costituivano già la sua cifra personale dopo i deludenti stilismi dell’immatura prova da regia del ’93, in Chained si affinano, si dilatano nel tempo, si concentrano nei silenzi e nelle parole non dette e diventano le basi di un universo discreto e spietato. Di diretta derivazione paterna è l’uso del suono che accompagna le immagini, incalzandole e comprimendole, senza mai aprirsi per dare respiro.
Come in molti altri thriller psicologici che analizzano il morboso rapporto vittima/carnefice, anche Chained non può fare a meno di trasportare lo sguardo dello spettatore in una lenta, squallida, orribile e inesorabile quotidianità. Ma la Lynch lo fa mostrando quasi nulla, anzi, censurando la brutalità fisica per privilegiare la relazione e l’evoluzione psicologica di entrambi i soggetti, in una sorta di pudica comprensione dell’umana debolezza. Il giovane Tim, segregato alla catena per nove lunghissimi anni, senza più un nome né un’identità, verrà sottoposto a un continuo processo d’apprendimento per divenire “l’erede” del suo carnefice Bob. Ma qualcosa non funzionerà, la sua vera natura resisterà al cambiamento e si manifesterà a tempo debito, smascherando il segreto che lo ha condotto fino lì. Bob invece non riuscirà a redimersi: il suo passato costituisce un peso troppo grande, un peccato originale imperdonabile.
Bravi gli attori: Vincent D’Onofrio perfetto e disgustoso nel ruolo del serial killer e il giovane ma decisamente talentuoso Eamon Farren che, con la sua diafana e allucinata presenza, rende tangibile lo spaesamento di una vita rubata.
Giulia Pezzoli
Jennifer Chambers Lynch – Chained
USA | 2012 | 98’
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #13/14
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