Spring Breakers, il trip della Mostra del Cinema

Da quelle parti, in America, ci sono le vacanze di primavera. Servono a far rifiatare gli studenti prima del rush finale e gli eventuali esami. Quindi dovrebbero essere tutte relax e studio. Ma se ci mette mano Harmony Korine, la prospettiva si ribalta. E nasce l’ennesimo cult movie firmato da uno dei registi più in forma di questa rassegna veneziana.

Window Licker di Chris Cunningam. Questo suggerisce l’introduzione del film. Ma in stile John Waters. Una bomba a orologeria. Spring Breakers, il nuovo film di Harmony Korine, approda a Venezia con la stessa forza della tempesta che si è abbattuta sul Lido. Completamente amorale. Folle. E stroboscopico. Una ventata fresca che spazza via l’aria stantia e pesante accumulata nei giorni.
Quattro ragazzine al college vogliono partire per le vacanze di primavera e in mancanza di fondi si improvvisano rapinatrici. Si ritrovano felicemente tra orge, fumo, cocaina, sesso sfrenato e fiumi di alcool. Finisce la festa con l’arrivo della polizia che le mette in prigione. Alien aka James Franco, irriconoscibile, è il deus ex machina che paga la cauzione. Un gangster bianco, coi denti tutti d’oro, in un mondo di neri. La prima a tornare a casa si chiama Faith. La Fede è la prima ad andarsene. Le altre restano a spassarsela tra gli strip bar dei narcotrafficanti, montagne di bucks (“cocozzoni”) e una collezione di armi. Quando una delle ragazze viene ferita da Archie, Alien organizza una vendetta. Strage. Muoiono tutti. Tranne le due amiche. Fine del Grand tour.
Più che di racconto qui si tratta di flusso onirico con continue accelerate in avanti e indietro, in uno stato di trance da calumet della pace.

2479 Harmony Korine prt Spring Breakers, il trip della Mostra del Cinema

Harmony Korine

In Spring Breakers il sesso è già superato come elemento accessorio. Non si tratta più dei ragazzini di Kids, anche se hanno qualcosa in comune con quelli di Ken Park, né dei piccoli grotteschi “white trash” di Gummo. Il tema non è l’innocenza, perché ognuno ha la misura di sé e si ritira quando non può coprire il piatto. Non è un film sulla violenza, perché si agisce nell’ambito del libero arbitrio. La vera trasgressione è il ribaltamento (vedi scena finale) in un mondo dove si può fare tutto, “come in un videogioco, come in un film”, con una irresistibile, politically uncorrect, vena umoristica.
Così Britney Spears nella colonna sonora ci sta come il Danubio Blu in 2001 Odissea nello Spazio, ma con un effetto nettamente più comico. Nel carosello di assurdità che innesca la sua giostra, Korine riesce meravigliosamente bene nella sua specialità: far guardare il mondo attraverso gli occhi di un teenager, un mondo fluo, tutto edonismo e superficie, dove si vive in costume e infradito e ci si “sfascia” ogni giorno. Nota a margine: i passamontagna fosforescenti che indossano nella rapina iniziale e nella sparatoria finale hanno una sinistra somiglianza con quelli delle Pussy Riot.
Qualcuno tra i più vecchi giornalisti non ha retto ed è uscito prima della fine. Tutti gli altri hanno goduto. Possibilità che vinca? Remote. “Spring break for ever!”. È già cult.

Federica Polidoro

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Federica Polidoro

Federica Polidoro

Federica Polidoro si laurea in Studi Teorici Storici e Critici sul Cinema e gli Audiovisivi all'Università Roma Tre. Ha diretto per tre anni il Roma Tre Film Festival al Teatro Palladium, selezionando opere provenienti da quattro continenti, coinvolgendo Istituti di…

Scopri di più