“Lazarus” di David Bowie torna in Italia in versione rock. Ecco qualche consiglio per capire la complessa trama
Il musical con le canzoni di David Bowie è di nuovo in scena nei teatri italiani, sempre con Manuel Agnelli nei panni del protagonista. Qualche consiglio per seguire al meglio gli appuntamenti dal 5 al 15 giugno a Roma

Dopo il successo del tour del 2023, è di nuovo in scena nei nostri teatri la versione italiana di Lazarus, l’opera rock di David Bowie, scritta prima della morte in collaborazione con il drammaturgo irlandese Enda Walsh. L’adattamento italiano di questo “teatro musicale”, prodotto da ERT/Emilia Romagna Teatro e affidato alla regia di Valter Malosti, è tornato a girare l’Italia questa primavera sempre con Manuel Agnelli nei panni del protagonista. Partito da Cesena lo scorso aprile, lo show ha poi toccato varie città del nord Italia, per chiudere in bellezza al teatro Arcimboldi di Milano ( visibile sino al primo giugno), ed è infine atteso a Roma, al teatro Argentina, dal 5 al 15 giugno.
Consigli per orientarsi nell’opera rock “Lazarus” di David Bowie
Il consiglio spassionato è quello di non mancare questa occasione, con una premessa doverosa: non aspettatevi di capirci qualcosa perché l’opera nasce volutamente criptica. Nel senso che è stata scritta in maniera volutamente frammentaria e surreale, al fine di creare un effetto dispersivo che riproduca il punto di vista di un narratore inaffidabile, dalla mente confusa, sprofondata nell’alcolismo e a un passo dalla follia. Le coordinate di base da sapere sono che lo spettacolo si configura come un ipotetico seguito del romanzo di Walter Tevis del 1963 – L’uomo che cadde sulla terra – trasposto da Nicolas Roeg nell’omonimo film del 1976, con protagonista proprio David Bowie nei panni dell’“alieno alienato” Thomas Jerome Newton. Alla fine del film rimane solo, triste e abbandonato sulla terra senza possibilità di invecchiare né di morire. Condannato in eterno in questo limbo, sprofonda nella depressione e nell’alcol, auto-recludendosi in casa a bere gin e a osservare la vita attraverso un muro di televisori sempre accesi.
Il musical “Lazarus” con le canzoni di David Bowie
Il musical (ri)parte proprio da qui: dalla prigione del suo appartamento, che altro non è che la trasposizione fisica della prigione della sua mente. Abbiamo quindi una serie di scatole cinesi: una prigione (la mente) dentro una prigione (l’appartamento), dentro un’altra prigione, che è il nostro Pianeta, rappresentato da un palco rotante, dal quale Newton fantastica una sorta di “fuga di ritorno” fra le stelle. Lo spettacolo porta avanti un suo filo narrativo, ma lo stesso è spezzettato in maniera non poi così tanto distante dal “cut-up burroughsiano”, con cui Bowie aveva composto in passato diversi testi delle sue canzoni: ovvero mettendo insieme frammenti di frasi diverse pescati a caso, in modo da disorientare l’ascoltatore, creando un effetto straniante. Molte sequenze di Lazarus sembrano essere state costruite proprio così, oppure seguendo le famose “strategie oblique” impiegate da Bowie – su imbeccata di Brian Eno – durante il periodo della trilogia berlinese.
La trama (quasi lynchiana) di “Lazarus”
Oltre ad essere frammentata, la trama di Lazarus è seppellita sotto una coltre onirica allucinata, quasi lynchiana, che confonde verità e illusione, sogno e realtà, allucinazioni e ricordi, mettendo a soqquadro la mente del protagonista, dentro la quale veniamo lentamente calati e insieme a lei catapultati sull’orlo della follia. In ogni caso, per quanto vaga e difficile da seguire attraverso la visione di piani temporali, fisici e virtuali differenti, una trama di fondo c’è: lo stesso Bowie ci teneva a sottolineare quanto fosse importante per lui che ci fosse dietro anche una storia e che l’opera non si limitasse a essere soltanto un “jukebox musical”, tanto che Bowie non parlava neanche di musical, ma di “teatro musicale”.

Manuel Agnelli è il protagonista di “Lazarus” di David Bowie
A confondere ulteriormente le acque di questa narrazione torbida abbiamo una galleria di personaggi bizzarri, che non siamo quasi mai in grado di capire se reali o immaginari. Su tutti, i principali sono l’assistente del protagonista – interpretata da una bravissima Camilla Nigro – che pian piano si trasforma in una copia della precedente donna amata; la ragazzina senza memoria, interpretata da una sorprendente Casadilego (ex vincitrice di X Factor 2020) e infine il villain della situazione, un magnetico Dario Battaglia nel ruolo dello psicopatico Valentine. A questi si aggiungono ballerine kabuki, vecchi amici e strani frequentatori di discoteche, il cui ruolo è poco chiaro. L’unico punto fermo certo è il protagonista interpretato da Manuel Agnelli, il leader degli Afterhours, noto ormai soprattutto in quanto personaggio televisivo di X Factor. È lui a tenere sulle spalle quasi tutto lo spettacolo grazie a una performance vocale superlativa.

“Lazarus” di David Bowie: i musicisti
Tutte le canzoni, siano esse integrate o meno nella trama, sono cantate, arrangiate e suonate benissimo. A questo proposito va fatto un plauso a tutti i musicisti, sempre presenti e visibili sulla scena, ai due bordi del palco. Tra questi anche due chitarristi d’eccezione come Stefano Pilia e Paolo Spaccamonti. Molto probabilmente senza di loro (e le spettacolari performance vocali dei protagonisti), le quasi 2 ore di spettacolo non sarebbero sostenibili, poiché rimarrebbe soltanto lo strano flusso di coscienza di una mente ondivaga – che a pensarci bene è un modo perfetto di descrivere alcune canzoni di David Bowie.

“Lazarus” e la passione teatrale di David Bowie
Bowie è sempre stato a suo modo sinonimo di teatro. Basti pensare ai vari personaggi che ha interpretato e alle mille maschere che ha indossato nel corso di tutta la sua carriera. I suoi concerti del periodo Ziggy Stardust, nel 1972, furono rivoluzionari per l’integrazione di elementi teatrali all’interno di uno spettacolo rock. Ma anche prima di diventare famoso, Bowie aveva recitato nella pièce di mimo di Lindsay Kemp, Pierrot in Turquoise (1968), e aveva mantenuto viva nel tempo la sua passione teatrale, raccogliendo anche recensioni entusiastiche per la sua performance nella trasposizione di The Elephant Man a Broadway. Quello che ancora gli mancava era uno spettacolo tutto suo, un passo che purtroppo è riuscito a fare soltanto quando era ormai prossimo alla morte. Lazarus è quindi – in tutti i sensi – la realizzazione di un sogno.
Fabrizio De Palma
Scopri di più
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati