I migliori film italiani del 2025. La nostra selezione

Da “Le città di pianura” e “L’infinito”, da “Le assaggiatrici” a “Il maestro”, il bel cinema italiano che abbiamo visto sul grande schermo, con diversi debutti

Il 2025 del cinema italiano è stato insolito e interessante. Dalle pianure venete ai vicoli notturni di Roma, dai miti rivisitati di Buzzati alle inquietudini del Novecento, passando per la storia e l’avventura, la famiglia e le passioni impossibili: ogni film racconta un mondo, e ogni mondo ha la sua lingua, il suo ritmo, il suo mistero. Tra road movie alcolici e estati perdute, tra fantasmi della guerra e palcoscenici di kung fu, il cinema italiano del 2025 disegna un ritratto di coraggio e vulnerabilità, di humor e malinconia, di storie che ci spingono a guardare fuori e dentro di noi. Qui, i migliori titoli della stagione: opere che restano sulla pelle, che lasciano il segno, che fanno desiderare di sedersi in sala, spegnere il telefono e ascoltare il mondo raccontato sullo schermo.

“Le città di pianura” di Francesco Sossai

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Le città di pianura

Carlobianchi e Doriano, due cinquantenni senza prospettive, condividono un’unica ossessione: bere l’ultimo bicchiere. Durante una notte trascorsa a vagare in auto da un bar all’altro nella pianura veneta, incontrano per caso Giulio, un timido studente di architettura. Il confronto con questi due improbabili mentori segnerà profondamente il suo modo di guardare al mondo, all’amore e al futuro. Le città di pianura è un road movie notturno che procede con il ritmo lento e stordito di una sbronza che si smaltisce. Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2025 nella sezione Un Certain Regard, il film diretto da Francesco Sossai ha ricevuto il Biglietto d’Oro Cinecittà alle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento e il Premio Navicella Cinema Italiano ai Cinematografo Awards. Accolto con entusiasmo da critica e pubblico, è diventato una delle opere italiane più apprezzate della stagione ed è disponibile su MUBI dal 9 gennaio.

“L’albero” di Sara Petraglia

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L’albero

Bianca ha 23 anni e le sembrano già troppi. Ha lasciato la casa dei genitori, dovrebbe frequentare l’università ma non ci va mai. Le sue ossessioni sono poche e precise: il tempo che passa, la cocaina, Angelica. Da quando vivono insieme, tutto accelera e precipita, compresa la loro amicizia, che si incrina nella dipendenza e finisce per confondersi con l’amore. Bianca riempie un quaderno di appunti per i suoi libri, ma vorrebbe scriverci tutto: che la giovinezza fa male ed è già sul punto di finire, che l’amicizia può spezzare il cuore, che perdiamo continuamente qualcosa. Eppure, forse, tra le strade notturne di Roma, i ragazzi di Napoli e l’albero silenzioso che si intravede dalla finestra di casa, nulla andrà davvero perduto. L’Albero è il film d’esordio di Sara Petraglia, con Tecla Insolia e Carlotta Gamba.

Orfeo di Virgilio Villoresi

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Orfeo

Orfeo è un libero adattamento cinematografico di Poema a fumetti di Dino Buzzati, pubblicato nel 1969 e considerato la prima graphic novel italiana. In quest’opera, Buzzati – tra le figure centrali della letteratura italiana del Novecento – rielabora in chiave moderna il mito di Orfeo ed Euridice, ambientandolo in una Milano sospesa tra sogno e distopia e attraversata dai temi cardine della sua ricerca: l’arte, l’amore, il mistero, l’erotismo, la melanconia e il rapporto tra vita e morte. Libera reinterpretazione del primo graphic novel italiano, Orfeo segna l’esordio di Virgilio Villoresi, giovane talento del cinema d’animazione internazionale. Un viaggio visionario nelle profondità della psiche di un uomo alla ricerca dell’amata perduta, che fonde live action e animazione in tutte le sue forme, reinventando un secolo di avanguardie in un’opera di amore, morte e meraviglia cinematografica.

Le assaggiatrici” di Silvio Soldini

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Le assaggiatrici

Ossessionato dal timore di essere avvelenato, il Führer fa reclutare un gruppo di donne del posto per assaggiare i suoi pasti. Prelevata all’alba insieme alle altre, Rosa entra in una routine sospesa tra la fame e la paura di morire. Tra le assaggiatrici nascono alleanze, amicizie e patti silenziosi; la giovane berlinese fatica a farsi accettare e, quando finalmente ci riesce, un evento inatteso la travolge. Il legame con un ufficiale delle SS risveglia in lei un sentimento proibito: forse amore, forse solo il disperato bisogno di sentirsi viva, nonostante tutto. Girato in lingua tedesca e ambientato nella Germania del 1943, Le assaggiatrici racconta una pagina poco conosciuta della Seconda guerra mondiale. Prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Rosella Postorino, vincitore del Premio Campiello e ispirato alla storia vera di Margot Wölk, l’unica sopravvissuta tra le donne costrette ad assaggiare i pasti destinati ad Adolf Hitler. Wölk rivelò la sua vicenda solo nel 2012, a 95 anni, poco prima di morire.

“La città proibita” di Gabriele Mainetti

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La città proibita

Mei, una giovane donna cinese dal passato misterioso, arriva a Roma alla ricerca della sorella scomparsa. Marcello, cuoco, e sua madre Lorena mandano avanti il ristorante di famiglia, soffocati dai debiti lasciati dal padre Alfredo, fuggito con un’altra donna. Quando i loro destini si incrociano, Mei e Marcello si trovano a fronteggiare antichi pregiudizi culturali e nemici spietati, in una lotta in cui vendetta e amore diventano inseparabili. La città proibita è un’opera visivamente potente e dal respiro internazionale, un viaggio caleidoscopico tra kung fu e suggestioni tarantiniane ambientato nel cuore criminale di Roma. Al centro, l’incontro tra due anime in fuga – un giovane ristoratore schiacciato dai debiti e una donna arrivata nella capitale per ritrovare la sorella – unite da un destino imprevedibile che le trascina in un’avventura senza esclusione di colpi, contro eserciti di criminali e contro barriere culturali profondamente radicate.

“Un film fatto per bene” di Franco Maresco

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Un film fatto per bene

Le riprese del film di Franco Maresco dedicato a Carmelo Bene vengono bruscamente interrotte dopo l’ennesimo incidente sul set. A fermare tutto è il produttore Andrea Occhipinti, esasperato da ciak interminabili e continui ritardi. Maresco, già autore di Belluscone e La mafia non è più quella di una volta, accusa la produzione di “filmicidio” e scompare. A tentare di ricucire lo strappo è l’amico Umberto Cantone, che convoca come testimoni tutti coloro che hanno preso parte al progetto, dando vita a un’indagine che diventa l’occasione per ripercorrere la personalità e le idee dell’autore più corrosivo e apocalittico del cinema italiano. E se, nel frattempo, lontano da tutto e da tutti, Maresco stesse davvero ultimando il suo film, diventato l’unico modo per dare forma alla rabbia e all’orrore che prova per il mondo?

“L’infinito” di Umberto Contarello

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L’infinito

La vita di uno sceneggiatore di discreto successo crolla come un terremoto, lasciandolo a malapena in piedi e senza nulla. L’infinito racconta i giorni vagabondi e dolorosi di questo sopravvissuto, intento a dare un senso alla propria esistenza: cerca un lavoro nonostante la carriera sia ormai in declino, tenta di ricucire il rapporto con sua figlia dopo il divorzio, aiuta una giovane sceneggiatrice di talento. Si confronta con la nuova casa, troppo grande per la sua solitudine, e si occupa delle incombenze burocratiche da cui era sempre fuggito. Tra lacrime e sorrisi per le assurdità della vita, incontra fugacemente persone sconosciute. L’unica compagnia costante è una malinconia leggera come l’assenza di gravità degli astronauti, che convive con una sottile speranza, simile a un suono lontano. Alla fine scoprirà che la vita era crollata molto tempo prima e non si ricostruisce, ma saldati i conti e pagati i debiti, si apre per lui la possibilità di un futuro. Dolce e malinconico, ma capace di lasciare spazio alla speranza, L’infinito è il film d’esordio alla regia di Umberto Contarello, co-sceneggiato e prodotto anche da Paolo Sorrentino.

“Come ti muovi, sbagli” di Gianni Di Gregorio

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Come ti muovi, sbagli di Gianni Di Gregorio

C’è qualcosa di cui gli esseri umani non possono fare a meno: la famiglia. È la fonte del più grande amore, ma anche della sfida più impegnativa, capace di schiacciare le nostre velleità personali e i desideri di libertà e pace”, commenta Gianni Di Gregorio. Riuscire a evitare ogni fastidio della vita quotidiana è davvero sufficiente per essere felici? Un professore settantenne sembra aver trovato la serenità: una bella casa, una discreta pensione, amici con cui scherzare, e una compagna con cui trascorrere qualche giornata. Si dedica solo a piaceri semplici, finché la sua routine viene sconvolta dall’arrivo della figlia in crisi coniugale e dei due ingombrantissimi nipotini. Nuove preoccupazioni e angosce, certo, ma anche nuovi affetti. Inizia così un’avventura tra le vite sentimentali degli altri e la propria, che lo porterà a capire che l’amore vale sempre la pena, anche quando comporta tribolazioni, sacrifici e sofferenze. Il film riflette sull’amore e sull’inevitabile tendenza degli esseri umani a intrecciare il proprio destino con quello degli altri, con tutto ciò che ne consegue: fatiche, gioie e la sensazione di aver vissuto davvero.

“Testa o croce?” di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

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testa o croce

Agli inizi del ’900, il Wild West Show di Buffalo Bill arriva a Roma per vendere agli italiani il mito della frontiera, tra fucili a salve e spettacoli di cowboy. Nella cornice di una leggendaria gara di doma tra cowboys e butteri italiani, Rosa, giovane moglie di un signorotto locale, si innamora di Santino, il buttero vincitore della sfida. Dopo l’omicidio del marito, Rosa e Santino fuggono insieme, ma la giustizia è venduta al miglior offerente e sulla testa di Santino viene posta una grossa taglia. Inseguiti da Buffalo Bill, Rosa sogna l’America vera, lontana dai manifesti pubblicitari e dai bisonti finti, ma il suo sogno dovrà scontrarsi con la dura realtà. Perché, come in ogni ballata western che si rispetti, il destino lancia la moneta… e spesso la verità resta sepolta sottoterra. Il film, diretto da Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, è stato presentato nella selezione ufficiale del Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard e in Piazza Grande al Locarno Film Festival.

“Il maestro” di Andrea Di Stefano

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Il maestro

Estate, fine Anni Ottanta. Felice, tredici anni, dopo anni di allenamenti duri e regole ferree, si prepara finalmente ai tornei nazionali di tennis, portando sulle spalle tutte le aspettative del padre. Per guidarlo al meglio, il genitore lo affida al sedicente ex campione Raul Gatti, che vanta addirittura un ottavo di finale al Foro Italico. Di partita in partita, il loro viaggio lungo la costa italiana, tra sconfitte, bugie e incontri bizzarri, porterà Felice a scoprire il gusto della libertà e Raul a intravedere la possibilità di un nuovo inizio. Tra i due nasce un legame inatteso, profondo e irripetibile, come certe estati che arrivano una volta sola e non tornano più. Il Maestro, diretto da Andrea Di Stefano, con Pierfrancesco Favino nel ruolo di Raul Gatti e il giovane Tiziano Menichelli, è stato presentato alla 82ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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