Gauguin, Hopper e van Gogh per parlare del confine in una mostra in Friuli
Il confine come concetto fisico e mentale al centro della mostra “Confini da Gauguin a Hopper. Canto con variazioni” curata da Marco Goldin a Villa Manin. Un viaggio nell’arte del primo Novecento

Nasce da un articolato magma artistico e culturale il titolo scelto dal curatore Marco Goldin per la mostra a Villa Manin di Passariano nel comune di Codroipo, vicino Udine, che ha il suo perno ruotante nel lessema confine. “L’idea di confine”, spiega lo stesso Goldin nell’introduzione del suo ampio saggio-catalogo, “come principio della mostra nasce da un passo del De rerum natura di Lucrezio: Tutto ciò che esiste è dunque illimitato in ogni senso; // infatti diversamente dovrebbe avere un estremo… // l’universo non ha estremo, né confine, né misura”. Da qui trae origine l’infinità del confine, che si sposta sempre oltre, dell’infinità dello spazio. Un’infinità che oltre a includere la dimensione naturale, terra mare cielo, si travasa nella dilatazione senza limiti dell’interiorità. Ed ecco il titolo della mostra che amplia il concetto di confine, ne anticipa l’articolazione del percorso affidandolo a Paul Gauguin (Parigi, 1848 – Hiva Oa, 1903), l’autore che evoca la ricerca di un confine spostandolo in un luogo altro tra la Bretagna, la Martinica, Tahiti e le isole Marchesi. Al contrario Edward Hopper (New York, 1882 – 1967) che incarna nella propria interiorità questo andare verso un altrove. In realtà il contrasto è solo apparente. Ciò che li accomuna è l’essere invaghiti dell’immensità.
Il confine come concetto mentale nella mostra a Villa Manin vicino Udine
C’è un quadro nella mostra, composta da 130 opere provenienti da 42 musei, che a parere dello scrivente, che incarna al massimo livello il viaggiare dentro se stessi: l’Autoritratto di Vincent van Gogh (Paesi Bassi, 1853 – Francia, 1890) del 1887 del Van Gogh Museum di Amsterdam. L’artista si raffigura con una casacca blu da pittore che lo avvicina allo status del pittore-lavoratore, condizione che sentiva essere la propria. Il blu della giacca e l’arancione della barba e dei capelli fanno emergere la forza del suo volto. In grado di esprimere il senso esagerato della vita, che lo ha sempre contraddistinto.

Gli artisti nella mostra “Confini” a Passariano di Codroipo
Tra gli artisti esposti nelle 16 sale della mostra, oltre ad alcuni italiani come Giuseppe Zigaina e Piero Guccione, vi sono molti autori internazionali, tra cui: Courbet, Monet, Cézanne, Van Gogh, Bonnard, Giacometti, Bacon, Hopper, Kiefer, Munch, Rothko, Nolde, Constable.
Il cuore della mostra “Confini” a Villa Manin in provincia di Udine
Ma quando deve precisare qual è il cuore della mostra non è a loro che Goldin fa riferimento. Come a dire, non c’è bisogno di citarli. Sono notissimi. Soni i miti della pittura dell’Ottocento e del Novecento. Indica invece due autori della pittura americana del XIX secolo che devono essere riscoperti. Il primo è Winslow Homer (Boston, 1836 – Prouts Neck, 1910) con Il vento occidentale del 1891, per la prima volta in Europa. Un’opera dalla dinamicità segnica. Con questa figura di donna, sulle coste del Maine, che si affaccia sull’oceano come una farfalla che apre le ali. Un’immagine perfetta di un certo rapporto tra figura umana e infinito. Il passaggio sembra accennare al mondo che sta per disfarsi, ma senza tracce tragiche. Onde che si rompono contrapposte al terreno pettinato dal vento. Il secondo è Andrew Wyeth (Chadds Ford, 1917 – 2009) con il suo Vento di Aprile del 1952. Superando gli stereotipi il personaggio è ripreso da dietro, il volto oscurato, le gambe troncate. L’artista si serve di una prospettiva insolita per il paesaggio circostante, aggiungendo ulteriore fascino al dipinto. La linea dell’orizzonte è precisa. Come se volesse dirci di una visione infinita o un altro mondo appena oltre la cima della collina. Un paesaggio che sembra in bilico tra due mondi: il palpabile e l’incorporeo. E come dice Goldin, ha saputo mettere in relazione lo spazio circoscritto che occupiamo…e l’immensità a cui possiamo guardare. E questo è senz’altro il tema profondo della mostra.
Vorrei ricordare ancora, i volti dipinti da Alberto Giacometti (Grigioni, 1901 – Coira 1966), con la sua inafferrabile Testa nera che si posiziona ai limiti dell’immagine. Francis Bacon (Dublino, 1909 – Madrid, 1992) che cerca la realtà nella contorsione inquietante del volto, e nelle pennellate che creano la forma e non la riempiono semplicemente. Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920) con il bellissimo ritratto di Giovane donna e la sua tipica enfatizzazione che esaspera corporeità ed espressione, sprigionando emozionanti interiorità che accompagnano i visitatori verso il cuore della mostra appena accennata.
Fausto Politino
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