Nelle fotografie di Francesco Bosso in mostra a Torino la natura si fa pensiero
Proprio come il suo metodo di lavoro che, avvalendosi del banco ottico, richiede tempo, così le grandi opere del fotografo pugliese alla galleria Photo&Contemporary non vogliono descrivere quanto far riflettere, invitando i visitatori a una pausa dalla contemporaneità

Francesco Bosso (Barletta, 1959. Vive a Barletta) non fotografa il paesaggio, lo distilla. Le sue immagini in bianco e nero non consegnano vedute ma apparizioni: sono forme scavate dal tempo, radici che sembrano i segni di una scrittura divina, isole sospese nella luce. La mostra Timeless Roots alla galleria Photo&Contemporary di Torino raccoglie dodici grandi opere, appartenenti a due serie diverse di lavori, che raccontano una natura capace di farsi pensiero incarnato ma anche semplicemente legno, pietra e luce. Non c’è soluzione di continuità, nelle fotografie di Bosso, tra astrazione e concretezza, tra la fotografia come arte della luce e la fotografia come cesellatura scultorea delle forme.

Le opere di Francesco Bosso in mostra alla galleria Photo&Contemporary di Torino
Nell’ulivo millenario di Tangled (2021), per esempio, lo sguardo non incontra un albero, ma un corpo primordiale, ferito eppure vitale. L’intreccio dei tronchi evoca un abbraccio e insieme una lotta, testimonianza silenziosa della resistenza di un paesaggio che la Xylella ha messo a rischio di estinzione. In questo ciclo, significativamente intitolato Alive, la fotografia assume un ruolo quasi etico: custodire ciò che muore, dare dignità formale alla caducità, fare del dolore una forma.

All’opposto, le isole della serie Waterheaven, come Light Clouds (2018), appaiono immerse in un biancore sospeso, tra levitazione e dissolvenza. Sono figure archetipiche, scaglie di mondo emerse dal mare che la lunga esposizione sottrae al tempo, consegnandole a un’atemporalità quasi metafisica. È qui che il dialogo con la tradizione americana, da Ansel Adams ai suoi eredi, incontra la poesia di Whitman e un respiro shintoista. La natura come tempio invisibile, il paesaggio come rivelazione.
Il metodo ascetico di Francesco Bosso nelle opere alla galleria Photo&Contemporary
Bosso lavora con rigore assoluto: banco ottico, grande formato, camera oscura, stampa analogica al selenio. Ma la sua disciplina tecnica non è virtuosismo, è metodo ascetico. Ogni immagine nasce da un processo di sottrazione che porta a ciò che resta quando ciò che non è essenziale è stato come cancellato dalla realtà dell’immagine e resta soltanto una forma, un ritmo, un respiro.

Nella società del “tutto e subito” la mostra di Bosso a Torino è un invita al silenzio e alla sospensione
Se il contemporaneo vive di saturazione visiva, Bosso va in direzione contraria: crea vuoto, silenzio, sospensione. Ci chiede di fermarci, di entrare in una grammatica dello sguardo che dissolve il visibile nell’invisibile, l’essere nel suo svanire. Le sue fotografie sono senza tempo, radicate nella terra e insieme rivolte al cielo. Non testimoniano o rappresentano il paesaggio ma lo trasformano in soglia, in pensiero, in esperienza di r-esistenza. Sono immagini di fronte a cui si potrebbe meditare con facilità, lasciando che la mente si cheti e che lo spazio ed il tempo, di una fotografia che non concede nulla alla modernità, possano nuovamente farsi strada nella nostra percezione ormai otturata dalle tempeste percettive continue in cui siamo soliti abitare.
Nicola Davide Angerame
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