Le provocazioni di Otto Mühl e dell’Azionismo Viennese rivivono a Trieste. Grazie a una mostra del Gruppo 78. Una storia lunga trentacinque anni, tra performance e avanguardia

Trieste, 1978. Raccogliendo la gloriosa eredità di Fluxus, dell’Azionismo Viennese, della Body Art, nasceva un’associazione impegnata sul fronte più estremo della ricerca artistica contemporanea. Il Gruppo 78 iniziò a farsi carico di un lavoro attento di promozione e diffusione delle migliori voci attive sulla scena artistica internazionale; un percorso portato avanti negli anni, per una […]

Trieste, 1978. Raccogliendo la gloriosa eredità di Fluxus, dell’Azionismo Viennese, della Body Art, nasceva un’associazione impegnata sul fronte più estremo della ricerca artistica contemporanea. Il Gruppo 78 iniziò a farsi carico di un lavoro attento di promozione e diffusione delle migliori voci attive sulla scena artistica internazionale; un percorso portato avanti negli anni, per una realtà che è tutt’oggi attiva sul territorio triestino.
Una mostra, giovedì 20 giugno, celebra questa lunga e intensa esperienza, raccogliendo prezioso materiale d’archivio sulle performance e gli happening prodotti fin qui: documentazione fotografica, video e progetti, suddivisi in sezioni tematico-cronologiche, a cui si aggiunge un programma di otto performance. Trantacinque anni di storia, rileggendo il milieu culturale cittadino attraverso l’impegno, le scelte, le relazioni e le direzioni riconducibili al percorso e all’identità del Gruppo. Dagli esordi con le memorabili azioni di Hermann Nitsch al Teatro Romano e di Otto Mühl all’Istituto d’Arte Nordio, fino alla performance dell’artista sudafricana Mamela Nyamza al Museo Ferroviario, ospitata la scorsa estate.
Ed è proprio Mühl uno dei maggiori protagonisti di questo evento, per un sincero omaggio a poche settimane dalla sua scomparsa. Spentosi lo scorso 26 maggio in Portogallo, all’età di 87 anni, il grande, provocatorio, estremo performer austriaco, è stato uno dei vati dell’Azionismo Viennese, poeta della crudeltà, dell’eccesso, del rischio e di una nuova estetica della perversione, condotta attraverso la celebrazione e insieme la mortificazione del corpo: esplorare i limiti del sé significava contestare uno schematismo borghese di natura politica, culturale, linguistica e soprattutto morale, riconducendo l’uomo alla sua dimensione più ancestrale. I liquidi organici, le ferite, il sesso e tutto quello che attiene alla dimensione corporea, passavano attraverso il filtro controverso della mente, recuperando impulsi latenti e spezzando barriere inconsapevoli, oltre ogni tabù. Freud, Marx, Reich tra i riferimenti culturali dell’artista, che nel 1972 fondò una comunità hippy a Friedrichshof, chiusa nel 1990, un anno prima della condanna per pedofolia e i conseguenti sette anni in cella.

Otto Muehl con alcuni membri della sua comunità hippy

Otto Muehl con alcuni membri della sua comunità hippy

Spiega Maria Campitelli, curatrice del progetto, ricordando quelle performance prodotte come primi esperimenti dell’associazione: “Mühl aveva presentato a Trieste, in una sede del tutto out, quale una scuola d’arte, e non in un’accademia, rivolgendosi quindi ad un pubblico giovanissimo, uno straordinario evento dimostrativo del lavoro che svolgeva, preceduto dalla fase preparatoria e liberatoria delle Selbsdarstellungen. Cioè le autopresentazioni che hanno coinvolto tutti gli studenti, trascinati in divertenti dinamiche ludiche e anticonvenzionali. L’azione indimenticabile partiva dalla pittura su di una carta stesa su un cavalletto, da cui ad un certo punto fuorusciva, gradualmente, il corpo reale di una performer, sostituendosi in carne e ossa all’immagine tracciata sulla superficie cartacea. La realtà viva che ribalta la convenzione. E lo scatenamento poi di una danza orgiastica a diretto contatto con i materiali più disparati, dalla salsa di pomodoro alle piume.”
Memorie che torneranno a vivere grazie al percorso espositivo, ma anche durante l’incontro dal titolo Otto Mühl e l’Azionismo viennese”, in programma il prossimo 27 giugno. Un’occasione ghiotta, per ascoltare dalla viva voce di Campitelli il ricordo delle azioni del Wiener Aktionismus condotte insieme agli artisti triestini che furono più vicini a Mühl: la pittrice Erika Stocker-Micheli, amica e collaboratrice, e il fotografo Mario Sillani Djerrahian.

Helga Marsala

http://doubleroomtrieste.wordpress.com/

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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