Clare Waight Keller. Ecco la nuova stella del fashion system internazionale

La direttrice creativa di Givenchy, pur non essendo corteggiata dalla stampa, sta tenendo alto il nome della maison francese. Con uno stile che rispetta i dettami dell’haute couture.

Su questo non ci sono dubbi: Clare Waight Keller è una delle nuove ‒ vere ‒ stelle nel firmamento del fashion system internazionale. Inglese, lineamenti delicati, dotata di un atteggiamento naturalmente riservato, nel fashion ci stava però già da molti anni. Venticinque per l’esattezza, durante i quali ha disegnato top sexy e costumi da bagno per Tom Ford da Gucci, abiti da uomo per Ralph Lauren, la maglieria per Pringle of Scotland e da ultimo la collezione di Chloé. La stampa non l’aveva mai notata. Ma si sa, la stampa nota di regola solo quello che le potenti maison forniscono con adeguati lanci pubblicitari, bob bon chocolate e campioncini di profumo…
Quando è approdata da Givenchy, a Bernard Arnault, il patron della conglomerata LVMH di cui il marchio fa parte, sembra abbia posto una sola condizione ‒ non da poco a dire il vero: ricominciare una vera e propria operazione dedicata all’alta moda. Le cronache riportano questa sua frase: “Credo che possa essere un business e questo rende l’operazione valida al di là dei red carpet“.
Attualmente esistono solo quattro maison di haute couture che possono vantarsi di avere radici nel XX secolo: Chanel, Dior, Givenchy e Valentino. Devono competere con new entry come Gaultier e Armani Privé: tutto il resto è farlocco. Chiunque si può intestare il nominativo di couturier, ma per fare haute occorre ben altro che una lancio in cartella stampa. Lo spazio è ristretto, non ci sono più di 500 clienti al mondo capaci di spendere 50mila euro per una giacca e 200mila per una gonna. La stessa Givenchy aveva smesso di presentare collezioni couture sotto la direzione artistica di Riccardo Tisci. Anche se, a dire il vero, l’atelier era rimasto aperto per confezionare capi unici su richiesta. A questo proposito così si è espresso il Ceo di Givenchy, Philippe Forunato: “Saremmo diventati altrimenti un marchio come qualsiasi altro“.

UNA CHIARA VISIONE SARTORIALE

La prima collezione couture di Clare Waight Keller risale allo scorso gennaio. A Parigi, nelle sale degli Archives Nationales nel quartiere del Marais, Givenchy ha presentato la sua primavera-estate 2018. Abiti costruiti impiegando tessuti speciali, tagliati a tondo, con cuciture a mano, prima disegnati su tela poi modellati sul corpo e quindi pressati con ferri caldi. Nessun gesto drammatico, nessuno show fine a se stesso, ma una visione sartoriale chiara, giocata sul concetto di intimità. Keller ha impiegato gli artigiani dell’atelier non per un solo vestito da fine sfilata ma per un’intera collezione.
Un abisso separa un modo di procedere come questo dalle pagliacciate a cui spesso i fashion show ci hanno abituati. Chi conosce la Keller testimonia che si tratta di una giovane donna gentile, laboriosa e in grado di bilanciare un’intensa vita familiare con il suo lavoro: da vent’anni è sposata con Philip Keller, architetto di Appleton, Wisconsin da cui ha avuto tre figli.

DOPO ALEXANDER MCQUEEN

Non è la prima volta che il marchio fondato dal conte Hubert James Marcel Taffin de Givenchy nel 1952 passa nelle mani di un nuovo designer. Alexander McQueen, ad esempio, era dotato di un talento straordinario ma era spudoratamente sprezzante dell’eredità: riteneva che la maison non avesse mai trovato uno stile inconfondibile, come invece era accaduto per Coco Chanel o per Christian Dior. McQueen forse aveva torto, perché l’archivio di Givenchy è vasto e complesso e Waight Keller ha certamente più pazienza e nutre un interesse profondo per il know-how che la haute couture porta con sé.
Come ogni buon couturier, Clare Waight Keller ha un grande futuro alle spalle.

Aldo Premoli

www.givenchy.com

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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