Le donne riaprono il Museo del Paesaggio. A Verbania

Museo del Paesaggio, Verbania – fino al 1° ottobre 2017. Un palazzo del Seicento, un museo di inizio Novecento, un restauro e un riallestimento recentissimi. È questo, in estrema sintesi, il Museo del Paesaggio di Verbania. Che per tutta l’estate e parte dell’autunno propone una riflessione sul ruolo della donna nella società.

Le evoluzioni, o le involuzioni, del ruolo della donna nella società europea tra XIX e XX secolo si indagano bene nelle sue innumerevoli rappresentazioni artistiche quanto in quelle letterarie, tra le Madame Bovary, le Anna Karenina e le Albertine proustiane…
Mentre i moti ottocenteschi reclamano l’“autodeterminazione dei popoli”, la raffigurazione della donna nei vari ruoli occupati dentro culture di matrice patriarcale diviene funzionale allegoria delle pulsioni di volta in volta romantiche o passatiste, rivoluzionarie o conservatrici, che sommuovono gli ideali di intere nazioni in rotta verso la modernità. Un argomento affascinante, ancora non indagato in tutte le sue sfaccettature, con implicazioni storiche, culturali e politiche di amplissima portata.

LA MOSTRA A VERBANIA

La mostra allestita nella bella cornice del palazzo seicentesco che dal 1914 ospita il Museo del Paesaggio di Verbania, oggi ottimamente riallestito e riaperto dopo un virtuoso restauro, applica il tema di indagine a una selezione di opere dello stesso museo, offrendo il pretesto per radunare circa ottanta pezzi, tra pitture sculture e disegni, di artisti distanti per cronologia e tenore espressivo.
Si parte con le donne “scapigliate” di Daniele Ranzoni, di cui il museo di Verbania custodisce un buon nucleo di opere. Languide, forti e sicure nello sguardo, tendenzialmente dissolute e tormentate da passioni irrisolte (Testa di donna, 1864), oppure saldi appigli di ineccepibili virtù morali (Ritratto di Giuseppina Imperatori di Orsenigo, 1876-77), con poche vie di mezzo. Dentro una pittura che si disfa e si sfalda. “Pitturà col fiaa”, dipinte con la leggerezza di un fiato, come diceva l’artista stesso, forse a inseguire l’inconsistenza dell’anima da ritrarre.
La donna madre, “angelo del focolare”, depositaria delle tenerezze e degli affetti domestici, in condizioni di benessere o povertà, come nel Gruppo dal vero (Maternità, 1898) di Paolo Troubetzkoy (abile ritrattista della Belle Époque di origini russe ma nato vicino a Verbania, dove si conserva in un intero piano del museo la sua gipsoteca) o nell’Addio dello spazzacamino (1898) di Giulio Branca.

Arnaldo Ferraguti, Alla vanga, 1890

Arnaldo Ferraguti, Alla vanga, 1890

IL LAVORO NOBILITA LA DONNA?

Le donne e il lavoro. Altro argomento forte e sponda figurale di difficili e lente conquiste. Seguono e aiutano i loro uomini e i loro figli sfruttati come braccianti tra i campi del Mezzogiorno ne Alla vanga, mastodontica tela larga oltre sei metri con cui il ferrarese Arnaldo Ferraguti vinse il premio Fumagalli a Brera nel 1891. Un estenuante esercizio di realismo sociale, con una lettura impostata e aneddotica che oggi tornerebbe buona come fonte di ispirazione per i costumi e le atmosfere di una telenovela brasiliana.
Molto interessanti le opere di Sophie Browne, irlandese di nascita e verbanese di adozione. Abile pastellista tutta da riscoprire: davanti a pastelli come Sfinge (1900) o Nimpha (1896-1900) viene da pensare a quanto l’ideale trascendenza della figura femminile simbolista di primo Novecento sia vicina all’estetica della donna hippie degli anni Sessanta. Corsi e ricorsi storici…

Mario Sironi, Figura (Cocotte), 1914-15

Mario Sironi, Figura (Cocotte), 1914-15

UN INATTESO SIRONI

Due sezioni della mostra sono dedicate ad Arturo Martini e Mario Tozzi, ma la sorpresa più gradita è la splendida raccolta di disegni, acquerelli e incisioni di Mario Sironi che chiudono l’esposizione. Alcuni pezzi provengono dalla collezione di Lodovico Isolabella, ma la maggior parte apparteneva alla sorella dell’artista. Sono quindi opere soprattutto giovanili, che mostrano la straordinaria abilità di Sironi nello sperimentare tecniche e soluzioni figurative diverse.
Dai ritratti della sorella Cristina in chiave accademica o modernista, agli ex libris che guardano ai frontespizi delle riviste secessioniste, fino agli acquerelli con la Cocotte (1914-15) o i volti di Figure (1915-16) che si sarebbero creduti, senza la sicura autografia dell’autore, rivisitazioni in chiave fauve di lavori di un espressionista tedesco.

– Stefano Bruzzese

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