Francesco Prosperetti. Intervista al soprintendente

È un fiume in piena, l'architetto che da qualche mese è al comando di una delle più importanti e ricche soprintendenze del Paese, quella Archeologica di Roma. Colosseo, Palatino, Foro, Terme di Diocleziano e molto altro. Di cosa abbiamo parlato? Ricostruzione dei fori, copertura del Colosseo, stazioni della Metro C, ricostruzione della Meta Sudans. E di ristoranti di lusso in cima al Palatino...

Si respira aria fresca a Palazzo Massimo. Per una volta dagli uffici che guardano dall’alto la Stazione Termini si pensa al futuro, non ci si vergogna di voler fare del business a fin di bene, si immaginano sperimentazioni, si tesse una visione complessiva dell’area archeologica centrale di Roma che non disdegna innovazioni e sguardo contemporaneo. Francesco Prosperetti sarà sì stato defraudato della poltrona ministeriale che più di ogni altra gli competeva (quella di Direttore Generale per l’arte contemporanea), ma il suo arrivo alla Soprintendenza Archeologica di Roma (una macchina da decine di milioni di fatturato l’anno grazie essenzialmente al Colosseo) promette faville. Qualche avvisaglia in questo botta e risposta.

Come prima cosa voglio chiederti il tuo punto di vista su una questione che sta generando polemiche da settimane. E che ti chiama in causa sia come soprintendente, sia come architetto impegnato a gestire archeologi e archeologia. Mi riferisco all’anastilosi nel Foro della Pace di Roma: si tirano su delle colonne, per farlo si usa del cemento e giù polemica sul presunto scempio. Che ne pensi?
Penso che chi sta facendo tutte queste polemiche non coglie il bersaglio. Non capisco cosa ci sia di male a utilizzare quel materiale per tirare su le colonne. Cosa dovremmo utilizzare? I mattoni come si faceva tanti anni fa? E perché, visto che la malta utilizzata per il Tempio della Pace è il miglior materiale del momento?

Insomma, favorevole all’anastilosi?
Sì, soprattutto quando ci sono i materiali e quando sono allestiti in modo da rendere più leggibile il sito. Se un tempio o delle colonne sono cadute in un modo specifico e si sceglie di lasciare così, è una scelta (ad esempio ad Olimpia ci sono dei ruderi lasciati in crollo, così come sono crollati, e ha un senso). Ma quando ti ritrovi dei reperti tutti catalogati, in fila, su dei rialzi di legno, lasciati come in un magazzino all’aperto, beh, allora se si può ricostruiamo. Alla fine l’obiettivo è quello di avere delle aree archeologiche che siano comprensibili non solo a pochi studiosi.

Foro della Pace di Roma prima dell'anastilosi

Foro della Pace di Roma prima dell’anastilosi

Nelle scorse settimane non s’è parlato altro che di “scempio” dando addosso al Sovrintendente Capitolino…
E cosa volevano, che le colonne rimanessero a terra, appoggiate su dei baggioli per altri decenni? Io le preferisco tirate su. E poi la storia ritorna…

In che senso?
Nel senso che cinquant’anni fa si fece la stessa identica polemica su Villa Adriana. Prima era totalmente incomprensibile ed è del tutto evidente che fu giusto ricostruire. Dopo cinquant’anni siamo sempre allo stesso punto.

Molti sostengono che l’anastilosi sia un’opzione puramente scenografica. 
E da quando in qua la scenografia ha un’accezione negativa? È una grande arte…

Il Foro della Pace è nella parte comunale dei fori, ma nella parte statale, quella gestita da te, avete parti che intendete ricostruire, visto che sei così aperto e positivo verso questa pratica?
Io sto cercando di ottenere dalla Soprintendenza di Torino un architetto esperto in anastilosi. Visto che a Roma questa cosa non s’è mai fatta ed è sempre stata considerata come fumo negli occhi ora non abbiamo professionalità. Per fortuna ora si cambia e c’è più coraggio. Basta pensare che siamo in dirittura d’arrivo – è cosa del Comune, ma noi collaboriamo – per un’altra parziale anastilosi: quella della Basilica Ulpia.

Hai parlato di coraggio come cosa che si è un po’ smarrita ultimamente. Ma un tempo c’era?
Certo. C’era e oggi non c’è più. Basta pensare a cosa ha fatto ai Fori Giacomo Boni. Era un’istanza urbanistica e architettonica. Sul Palatino c’erano sette chiese: non ce n’è più traccia. Alcune zone sono state alzate, altre abbassate. Il lavoro dell’archeologo è tutto tranne che conservativo.

Gru esegue l'anastilosi al Foro della Pace di Roma

Gru esegue l’anastilosi al Foro della Pace di Roma

Prima abbiamo parlato di Fori Comunali e di Fori Statali. È ormai una barzelletta buona per i libri di sacrosanto attacco alle istituzioni di Rizzo&Stella. Risolviamo?
Beh, su questo l’input del ministro è stato chiaro: bisogna unificare. Stiamo componendo un consorzio e questa è la strada. L’Università Bocconi sta aiutandoci a stabilire una possibile strategia di aggregazione, mi auguro che il Comune Roma stia facendo lo stesso, anche se stiamo un po’ soffrendo questa fase di stallo politico-amministrativo di quell’ente. Per parte nostra, su cosa fare dell’Area Archeologica Centrale abbiamo un’idea precisa.

Anticipaci qualcosa.
Ho scoperto che campiamo grazie a noi stessi. Dallo Stato non prendiamo un soldo: siamo l’unica soprintendenza al mondo che non ha contributi pubblici e che non solo è autonoma, ma anzi devolve parte dei propri utili ad altri enti culturali. Il nostro bilancio è robusto – 50 milioni di euro – e ce lo finanziamo tutto da soli. Facciamo fronte a tutto il patrimonio archeologico di Roma e di Ostia grazie agli introiti del Colosseo: qui entrano 6 milioni di persone ogni anno e dobbiamo trattarle meglio sotto ogni punto di vista.

Ovvero?
Dobbiamo lavorare sulla bigliettazione, sulle membership, sui tempi, sulle code, sul fundraising che può essere fatto anche in modalità crowdfunding, vista la quantità di contatti che facciamo.

Insomma, voi su tutta questa gente volete guadagnare di più. Istanza che un tempo sarebbe guardata di traverso.
Il British Museum fa un sacco di soldi e dà dei servizi di qualità. Lo guardano di traverso? Per quale motivo noi non dobbiamo avere ristorazione di qualità? Per quale motivo non ci deve essere un ristorante di lusso al Palatino?

A proposito: nell’ambito dei lavori di Della Valle è previsto un grande centro servizi sotterraneo a fianco al Colosseo?
Sì, ci sono 5 milioni su questo progetto sui 25 totali di sponsorizzazione e stiamo ripartendo: la gara era ferma per vizi di forma, ma la stiamo sistemando.

Il Museo Palatino di Roma

Il Museo Palatino di Roma

E poi, sempre attorno al Colosseo, vi hanno liberato dai camion bar…
Sì, incredibilmente il Comune di Roma alla fine ce l’ha fatta. Noi dobbiamo tenere conto però dei nostri visitatori. Ad oggi non possiamo permetterci che la gente crolli disidratata in mezzo ai Fori o a piazza del Colosseo. Provvederemo subito con dei distributori automatici di acqua e una caffetteria, ma poi vogliamo sviluppare davvero molto la parte di ristorazione.

Ma quando parlavi di ristorante gourmet al Palatino?
Dobbiamo servire almeno tre target diversi. Tra questi ci deve essere per forza un target alto. Un’idea è usare il piano alto e la terrazza del Museo Palatino. Per capirci, si tratta di un appartamento di 130 mq più terrazze. Nel luogo più panoramico della città. Nel luogo più bello del mondo: il ristorante più indimenticabile e suggestivo del pianeta.

Parliamo di arte contemporanea. Sei il soprintendente archeologico, ma molti si aspettano tanto da te.
Continuiamo con le Terme di Diocleziano (cambieremo l’entrata a settembre, quando apriremo la mostra di Moore, per cercare di rispondere al grande problema del degrado in quell’area) che sta diventando sempre di più uno spazio di grandi mostre. Il prossimo anno ci sarà una proposta strepitosa, che anticiperemo a settembre. Qui l’intenzione è iniziare a fare davvero grandi numeri – con mostre che devono essere profit – e anche grazie all’arte contemporanea, appunto. Poi con il Festival Romaeuropa iniziamo a fare teatro, ad esempio quest’anno partiamo dal Planetario, che si riapre per l’occasione, ma con loro abbiamo intenzione di utilizzare molti spazi nostri, dai Fori a Caracalla. Sempre a Caracalla, quest’anno faremo la Mela con Michelangelo Pistoletto, la stessa che ha fatto a Milano in piazza Duomo.

Sempre a proposito di interventi contemporanei, si parla sempre di più della ricostruzione dell’arena del Colosseo. Che idea hai? 
Un’idea me la sono fatta e ci ho perso un po’ di sonno. Credo che l’arena si possa fare a patto di non fare un’operazione mimetica. Se si farà, non si farà come quel pezzo che è stato fatto, già pavimentata con quella finta sabbia. Sono convinto che il segno debba essere contemporaneo e ci debba essere qualità architettonica anche nella scelta dei materiali. Dobbiamo fare un concorso oppure dobbiamo dare un incarico a un architetto di chiara fama, delle due l’una. Dedicheremo questi due anni ancora di sponsorizzazione Tod’s per fare rilievi e studi, perché coprire il Colosseo non è banale dal punto di vista di quel che succederà sotto: c’è da fare un lavoro serio dal punto di vista idraulico. L’arena del Colosseo non era un oggetto statico, era una macchina decisamente dinamica, c’erano qualcosa come sessanta ascensori. Non è che possiamo fare un tappeto di finta sabbia e cavarcela così. Occorre pensare a qualcosa che assolva ancora alla funzione di macchina scenica.

La Meta Sudans tra l'Arco di Costantino e il Colosseo

La Meta Sudans tra l’Arco di Costantino e il Colosseo

Oltre all’interno del Colosseo, pensiamo all’esterno. Qui c’è una necessità urbanistica ben precisa: il sindaco ha pedonalizzato molto e pedonalizzerà ancora di più. Ne consegue che la piazza va ripensata…
Proprio in questi giorni ne stiamo parlando con l’assessore all’urbanistica di Roma, Giovanni Caudo. Abbiamo buttato giù un protocollo d’intesa proprio per ripartire dalla piazza del Colosseo. È la priorità maggiore per una serie di motivi. Il primo è che si tratta di un luogo di crisi: ci sono gli ambulanti, le aiuole non sono più aiuole, si arriverà alla pedonalizzazione totale e allora il discorso di ripensare quell’area è fondamentale. Ho poi l’obiettivo di togliere la cancellata dall’Arco di Costantino. C’è il progetto dei Fratelli Panella, che hanno trovato delle cose importantissime laddove c’è la recinzione che separa la Via Sacra dal Palatino, anche perché quella recinzione taglia a metà quel complesso di templi arcaici che stavano proprio tra la Meta Sudans e la Via Sacra. C’è un’idea di fare una struttura semisotterranea che consenta di visitare questa realtà. E poi c’è il famoso tema della parziale ricostruzione della Meta Sudans…

La ricostruzione della Meta Sudans demolita negli Anni Trenta? Davvero?
Ma certo! Esiste la traccia in pianta, esistono mille fonti iconografiche, sappiamo esattamente dov’era e com’era. Non abbiamo granché come reperti, ma perché non ragionarci?

A proposito di ragionamenti, sempre in quest’area hai detto anche tu la tua sulla realizzazione della stazione Fori Imperiali della Metro C. Il progetto, dai rendering, appare francamente scadente…
A me non compete valutare se lì c’è o non c’è qualità architettonica, intendiamoci. Però io devo capire se il progetto attualmente esistente risponde al concetto di qualità architettonica. Partiamo dal presupposto che questo progetto è stato affidato meramente agli uffici tecnici del Consorzio Metro C. La parte esterna può essere anche soddisfacente, perché non si vede di fatto, ma la parte interna è davvero deludente e incomprensibile. A mio modo di vedere c’è una società che sta compilando un progetto esecutivo senza ottemperare alle prescrizioni che sono quelle di fare qualità.

Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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