Questione culturale o politica? L’affaire Alda Merini

A qualche giorno dal post su Facebook nel quale Barbara Carniti, figlia di Alda Merini, si indignava per l’incuria, l’indifferenza e lo stato di abbandono in cui versa la casa-museo dedicata alla poetessa, abbiamo contattato la terzogenita della scrittrice per un chiarimento sugli ultimi fatti. Per Barbara la scelta di chiudere la casa-museo è di natura politica. Inoltre, prosegue la Carniti, “non ho la percezione che vogliano trovare una soluzione stabile per dare la giusta dignità alla Poetessa dei Navigli”.

Milano: a poco più di quattro anni dall’inaugurazione della Casa-Museo di Alda Merini, avvenuta il 21 marzo del 2011 e situata in via Magolfa 32, a pochi passi dal palazzo in cui la poetessa ha vissuto nell’ultimo periodo della sua vita, la situazione della giovane istituzione risulta già complicata. Dopo la chiusura definitiva del museo, ufficializzata il 2 settembre 2013 per la mancanza di risorse economiche e pochi visitatori, non sono mancati gli incresciosi episodi di incuria, indifferenza e abbandono che hanno spinto la figlia Barbara prima a uno sfogo tramite Facebook, e successivamente a chiedere un confronto con l’assessore alla cultura Filippo Del Corno.

Dopo la chiusura del museo e gli spiacevoli avvenimenti dei giorni scorsi, pensi che l’unica questione imputabile sia quella economica oppure si tratta di un’assenza di sensibilità culturale da parte delle istituzioni?
Voglio credere nelle persone e quindi al fatto che, per mancato bilancio del 2013 e per le poche visite, il Comune abbia dovuto chiudere la casa-museo. Tenendo conto però che la casa-museo è ubicata nella zona a traffico limitato di via Magolfa e gli orari di apertura erano previsti dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 18. Vista la situazione in cui versa tutto il Paese, come si può pensare che un lavoratore durante la settimana prenda un permesso per visitare un museo, quando potrebbe farlo tranquillamente nel weekend? Credo che questa scelta sia di natura politica. Non dimentichiamo che la proposta di aprire una casa museo a nostra madre è provenuta dalla Giunta precedente. In campagna elettorale Pisapia ha fatto della cultura il suo cavallo di battaglia, ma è venuto meno a molti dei suoi propositi e, per quello che si può vedere, la cultura non ha avuto lo spessore che noi tutti ci aspettavamo.

Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del Comune di Milano, ha comunicato: “Stiamo già scrivendo, insieme alla Zona, un bando che uscirà entro l’anno: l’obiettivo è quello di assegnare gli spazi a un’associazione o a una rete di associazioni che tengano viva la memoria di Merini aprendo il museo e svolgendo, nelle altre stanze, attività culturali, corsi e seminari”. Secondo te questo atteggiamento propositivo del Comune può celare una manovra che declini la responsabilità verso terzi sul futuro del museo?
Per quel che riguarda il declinare la responsabilità, è il mio più vivo sentire. Se le cose dovessero andare bene con l’Associazione che prenderà carico la casa-museo, sarà merito del Comune stesso per aver avuto la perspicacia di individuare la giusta associazione e viceversa.

Alda Merini e Barbara Cariniti

Alda Merini e Barbara Cariniti

Alcuni commenti letti in Rete consigliano di trasferire il museo in Calabria o in Puglia. Esistono dei presupposti per un eventuale cambio di residenza?
Qualcuno ha parlato di Calabria ed è stato riportato anche sulla testata Il Giornale, ma quanto scritto in quell’articolo non è veritiero: non so come sia trapelata questa notizia. Al massimo si potrebbe pensare alla Puglia, visto che ha ospitato la poetessa milanese negli anni del matrimonio in seconde nozze con il poeta/chirurgo Michele Pierri (tarantino), ma questo sarà da valutare. La questione è anche un’altra: noi eredi abbiamo ceduto in comodato d’uso gratuito gli oggetti esposti nella casa-museo per una durata di cinque anni e, se teniamo conto che nostra madre è deceduta già da quattro anni, si possono fare in fretta i conti. Il Comune di Milano dimostri di avere sensibilità e onestà e ridia alle persone che amano la poetessa quei luoghi da lei vissuti.

Quali potrebbero essere le soluzioni per una futura riapertura del museo?
La proposta del Comune è stata quella di scrivere un bando valido a tutte le associazioni non profit per tenere viva la casa-museo. Peccato, e qui mi viene da sorridere, che a una associazione non profit vengano richiesti 5mila euro di cauzione, quando il Comune stesso non ha dimostrato di prestare la giusta attenzione alla memoria e agli oggetti della poetessa che ha cantato Milano. La stessa Milano che più di una volta le ha girato le spalle. Il mandato che interesserà l’associazione vincitrice del bando avrà una durata di soli tre anni, rinnovabili al massimo per altri tre. Questo significa che, se dovesse andar male fra tre anni, ci troveremmo nelle stesse condizioni odierne e nella peggiore delle ipotesi il progetto è solo rimandato tra sei anni. Non ho la percezione che gli amministratori locali vogliano trovare una soluzione stabile, per dare la giusta dignità alla Poetessa dei Navigli.

Giuseppe Arnesano

www.aldamerini.it

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Giuseppe Arnesano

Giuseppe Arnesano

Storico dell'arte e curatore indipendente. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali all'Università del Salento e in Storia dell'Arte Moderna presso l'Università La Sapienza di Roma. Ha conseguito un master universitario di I livello alla LUISS Master of Art di Roma.…

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