Clamorose scoperte archeologiche a Petra. Giardini, fontane e una piscina di 2mila anni fa

L’antica capitale dei Nabatei era molto diversa da quella vista al cinema con Indiana Jones. Avanzati sistemi di irrigazione e di stoccaggio dell’acqua permettevano di coltivare piante e alberi in pieno deserto

Complici l’instabilità socio-politica e i conflitti che da anni ormai attanagliano l’area mediorientale, e che impediscono – o comunque fortemente sconsigliano – anche ai visitatori più impavidi di avventurarsi in quelle zone, l’idea che nell’immaginario collettivo si ha di Petra è quella tratta dalle scene di Indiana Jones e l’ultima crociata, il celebre film diretto da Steven Spielberg che vede i protagonisti Harrison Ford e Sean Connery imperversare fra le mura – o per meglio dire, fra le rocce – di Alessandretta, nome che nella finzione cinematografica ha rimpiazzato quello dell’antica perla archeologica della Giordania. La realtà però è abbastanza diversa, e non si limita allo stretto e alto canyon che conduce alla monumentale e celerrima facciata di Al Khazneh, ovvero “il Tesoro”. E su questa realtà contribuisce ora a far luce la missione archeologica diretta da Leigh-Ann Bedal, professore associato di antropologia presso il Behrend College dell’americana Pennsylvania State University.

STRADE OMBREGGIATE DA VITI, ALBERI E PALME DA DATTERO
Una vera rivoluzione, per una città circondata dal deserto: e che ora si scopre essere stata dotata  – qualcosa come 2mila anni fa – di sorprendentemente avanzati sistemi di irrigazione e di stoccaggio dell’acqua, che permettevano di mantenere magnifici giardini con fontane, laghetti e una grandissima piscina, più ampia delle attuali olimpioniche. Petra, antica capitale dei Nabatei situata nei deserti a sud-ovest del Giordano, era percorsa da strade ombreggiate da viti, alberi e palme da dattero: “La piscina segnava il capolinea di un acquedotto che trasportava l’acqua da una delle sorgenti situata sulle colline circostanti“, ha dichiarato Leigh-Ann Bedal al quotidiano israeliano Haaretz. “La monumentale architettura e il verdeggiante giardino fungevano anche da celebrazione visiva di successo Nabatei, capaci di fornire acqua corrente al centro della città“. Canali, tubazioni e cisterne sotterranee consentivano inoltre di coltivare alberi da frutta e di produrre vino e olio d’oliva: gli archeologi hanno trovato anche semi carbonizzati e gusci di noce, “molto probabilmente utilizzati come fertilizzanti“, ha precisato Bedal.

– Massimo Mattioli

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Massimo Mattioli

Massimo Mattioli

É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto.…

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