Lo Strillone: Vittorio Emiliani e le cinque mosse sbagliate di Franceschini su Il Fatto Quotidiano. E poi il Ciaone ministeriale, design Made in DDR

“Come ti disfo la Cultura in cinque mosse”. Su Il Fatto Quotidiano Vittorio Emiliani riversa il suo personalissimo cahier de doléances verso l’operato del ministro Dario Franceschini, individuando 5 criticità, o mosse sbagliate. 1 – “Poiché i Soprintendenti non hanno mai saputo valorizzarli (una balla, ovviamente) Franceschini stacca i musei da loro e quindi dal […]

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Come ti disfo la Cultura in cinque mosse”. Su Il Fatto Quotidiano Vittorio Emiliani riversa il suo personalissimo cahier de doléances verso l’operato del ministro Dario Franceschini, individuando 5 criticità, o mosse sbagliate. 1 – “Poiché i Soprintendenti non hanno mai saputo valorizzarli (una balla, ovviamente) Franceschini stacca i musei da loro e quindi dal territorio (pure quelli di scavo…) onde renderli autonomi”. 2 – “Venti musei di ‘eccellenza’ godranno di totale autonomia e dovranno rendere soldi”. 3 – “Marianna Madia, nella maxi-riforma amministrativa, da una mano a Renzi e alle pratiche ‘veloci’ già previste dallo Sblocca-Italia ribadendo il micidiale silenzio/assenso se in 90 giorni le Soprintendenze non riusciranno a dare il loro parere e cinicamente si sa già che, con poco personale e tante pratiche, non ce la faranno mai”. 4 – “La stessa angelica Madia infila una norma-killer con cui le Soprintendenze tanto detestate da Renzi finiranno gerarchicamente sotto i Prefetti. Ai quali toccherà decidere, ad esempio, se mandare un archeologo o invece un dirigente Asl alla conferenza di servizi ‘delicata’“. 5 – “Franceschini ficca sotto la legge di Stabilità una mina che fa saltare le Soprintendenze archeologiche accorpandole in un solo organismo con Belle Arti e Paesaggio”.

Non è la giornata giusta per Franceschini sui giornali: Libero – con un po’ più leggerezza – gli imputa di scivolare sul fatidico “Ciaone”: ”‘Ciaone alla Bild’, ha cinguettato incurante delle polemiche che hanno investito il collega di partito, ‘vi accoglie questo azzurro che gli italiani stanno fotografando’. Il riferimento è all’allarme lanciato dal giornale tedesco a proposito del rischio attentati sulle nostre spiagge”. Senza libertà muore il design. Così titola Italia Oggi, riferendosi a una mostra a Berlino sulla produzione nella Germania comunista degli anni 50: “non bisognava cadere nel peccato di imitare la pubblicità peccaminosa e dispendiosa del paradiso capitalista. La grafica della Ddr doveva essere utile prima di essere artistica. E per risparmiare non si cambiava di anno in anno: se un disegno era riuscito, lo si continuava a riprodurre identico per sempre. Cambiare tanto per cambiare era uno spreco intollerabile”.

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Massimo Mattioli
É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto. Piero Dorazio scritti 1945-2004”. Ha curato mostre in spazi pubblici e privati, fra cui due edizioni della rassegna internazionale di videoarte Agorazein. È stato membro del comitato curatoriale per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, e consulente per il progetto del Padiglione Italia dedicato agli Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Nel 2014 ha curato, assieme a Fabio De Chirico, la mostra Artsiders, presso la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia. Dal 2011 al 2017 ha fatto parte dello staff di direzione editoriale di Artribune, come caporedattore delle news.