Lo Strillone: a processo al Cairo i responsabili del restauro a base di colla di Tutankhamon sul Quotidiano Nazionale. E poi Leonardo, Viva Verdi

“Otto dipendenti del museo egizio del Cairo, tra cui il direttore e il capo dei restauratori, sono stati rinviati a giudizio per aver rovinato la maschera funeraria d’oro e lapislazzuli del faraone Tutankhamon, risalente a più di tremila anni fa”. È il Quotidiano Nazionale ad aggiornare sugli sviluppi di una vicenda che lasciò senza parole osservatori e tecnici […]

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Otto dipendenti del museo egizio del Cairo, tra cui il direttore e il capo dei restauratori, sono stati rinviati a giudizio per aver rovinato la maschera funeraria d’oro e lapislazzuli del faraone Tutankhamon, risalente a più di tremila anni fa”. È il Quotidiano Nazionale ad aggiornare sugli sviluppi di una vicenda che lasciò senza parole osservatori e tecnici di tutto il mondo: “lo sfortunato incidente avvenne ad agosto del 2014 quando un inserviente, per aggiustare una lampadina sollevò incautamente la maschera, che pesa undici chilogrammi, impugnandola per lo ‘sbuffo’ raffigurante la barba del faraone. L’improbabile maniglia si spezzò, restando tra le mani del maldestro operaio. Nel tentativo di coprire il disastro il direttore del museo, il capo restauratore, quattro tecnici e due dipendenti, decisero allora di ricorrere – per riattaccare il frammento – a una colla a base di una speciale resina. Ma ne usarono troppa, così sulla maschera si formò uno scalino che, anziché nascondere la frattura, la andava a sottolineare”.

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Grazie a una serie di indagini multispettrali, alcuni ricercatori della British Library di Londra sono riusciti a far riemergere uno schizzo che Leonardo da Vinci (1452-1519) cancellò da una sua pergamena”. Viene dal Corriere della Sera la notizia che aggiunge un nuovo tassello su una produzione del vinciano in continuo fermento: “l’indagine ha riguardato il cosiddetto Codex Arundet, il manoscritto leonardiano custodito dalla stessa British Library che annuncia sul suo sito Internet la scoperta di una figura umana”. Nei teatri torna il grido “Viva Verdi”. La Stampa informa di episodi accaduto a Milano, Venezia e Bologna che “dicono che l’identità degli italiani è ancora forte nelle sue opere”: alla prima della Scala con Giovanna d’Arco; sempre alla Scala nell’ultimo Rigoletto; alla Fenice per Stiffelio; al Comunale di Bologna, con Attila.

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Massimo Mattioli
É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto. Piero Dorazio scritti 1945-2004”. Ha curato mostre in spazi pubblici e privati, fra cui due edizioni della rassegna internazionale di videoarte Agorazein. È stato membro del comitato curatoriale per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, e consulente per il progetto del Padiglione Italia dedicato agli Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Nel 2014 ha curato, assieme a Fabio De Chirico, la mostra Artsiders, presso la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia. Dal 2011 al 2017 ha fatto parte dello staff di direzione editoriale di Artribune, come caporedattore delle news.