Non si butta via niente, soprattutto i sacchetti di plastica: la nomade Claudia Borgna torna in Italia con un nuovo progetto, tra performance e installazione. Le sue sculture effimere invadono a Pavia lo storico Palazzo Bottigella
È stato residenza nobiliare, costruito in epoca rinascimentale sotto la regia dell’Amadeo; ed è stato, in epoca più recente, una scuola. Oggi è un portone chiuso lungo corso Mazzini, nel centro di Pavia: Palazzo Bottigella è uno tra i tanti innumerevoli piccoli gioielli della provincia italiana. Chiostro affrescato, colonne e capitelli raffinatissimi, atmosfera fiabesca: roba […]
È stato residenza nobiliare, costruito in epoca rinascimentale sotto la regia dell’Amadeo; ed è stato, in epoca più recente, una scuola. Oggi è un portone chiuso lungo corso Mazzini, nel centro di Pavia: Palazzo Bottigella è uno tra i tanti innumerevoli piccoli gioielli della provincia italiana. Chiostro affrescato, colonne e capitelli raffinatissimi, atmosfera fiabesca: roba da fare ammattire gli americani, costretta invece al più classico anonimato italico dato dall’inflazione del troppo che stroppia. Uno scrigno che si apre all’improvviso per accogliere, con la complicità della giovane galleria Hangart, uno tra i rari passaggi italiani di Claudia Borgna, artista nomade che si muove fuori dai circuiti tradizionali dell’artworld, conducendo un percorso autonomo di installazioni performative. Dalla California al Klondike, dal Galles alla Baviera; fino a Germania, Messico, Francia e Irlanda: ha girato un bel pezzo di mondo, negli ultimi dieci anni, creando in contesti pubblici le sue effimere sculture in plastica. Sacchetti di plastica. A coprire leggerissime strutture in fil di ferro, costruendo nuvole lievi e affascinanti.
Al tramonto, con la sola luce di torce e candele, lo svelamento delle opere non riesce a non affascinare: sono enormi fiori bianchi i sacchetti, assemblati in una fontana tentacolare che prende possesso del cuore della corte; scivolano tra rami e altri elementi naturali lungo lo scalone d’onore, in una poetica ibridazione tra natura reale e natura figurata. Danno corpo, nelle stanze del piano nobile, a fantasmi immacolati: gli antichi specchi del palazzo e l’illuminazione rarefatta suggeriscono un ammiccante gioco di movimenti appena suggeriti.
– Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati