L’alma della Spagna contemporanea. A 88 anni muore a Barcellona il grande Antoni Tàpies

“La sua ultima mostra la organizzai in autunno, lui con Louise Bourgeois, ma non venne per l’inaugurazione. Aveva un bellissimo carattere, era una persona molto facile da affrontare”. Una sorta di oscuro presagio, quello che la gallerista madrilena Soledad Lorenzo affida al quotidiano El Paìs: non avrebbe più rivisto il “suo” artista Antoni Tàpies, che […]

La sua ultima mostra la organizzai in autunno, lui con Louise Bourgeois, ma non venne per l’inaugurazione. Aveva un bellissimo carattere, era una persona molto facile da affrontare”. Una sorta di oscuro presagio, quello che la gallerista madrilena Soledad Lorenzo affida al quotidiano El Paìs: non avrebbe più rivisto il “suo” artista Antoni Tàpies, che è morto oggi, poche ore fa, all’età di 88 anni, nella sua città natale, Barcellona. “L’ultima volta mi disse che stava solo disegnando, non riusciva più a sdraiarsi sul pavimento per creare i suoi pezzi concettuali di grandi dimensioni. Mi disse anche che era stata una brutta estate, per lui: peccato che non si sia più ripreso”.
Era nato proprio a Barcellona nel 1923, e la sua formazione lo portò ad affacciarsi al panorama artistico nel bel mezzo dell’affermarsi dell’Informale, di cui divenne uno dei più significativi esponenti a livello internazionale. Dopo aver viaggiato lungamente fra Parigi e New York, nel 1948 per lui fu fondamentale l’adesione al movimento Dau al Set, fondato a Barcellona dal poeta Joan Brossa e dai pittori Joan Ponç e Modest Cuixart, un gruppo artistico di rottura, di ispirazione Dada e Surrealista. Fece in tempo a conoscere Joan Miró, che lo incoraggiò. La sua ricerca artistica si intrecciò con l’impegno sociale antifranchista, che lo portò ad essere imprigionato per aver partecipato a una riunione clandestina.
Nel 1950 la sua prima mostra personale, presso la Galeries Laietanes di Barcellona, e nello stesso anno il soggiorno a Parigi per una borsa di studio dell’Istituto Francese, dove conobbe Pablo Picasso. Fin da questo periodo la sua arte materica trae influenze dalle religioni orientali, soprattutto dal Buddismo Zen. Influenze che hanno sempre venato la sua opera di grande spiritualità, con sviluppi formali che negli anni lo avvicinano a certe atmosfere dell’Arte Povera.
Difficile riassumere i successi di una carriera sfolgorante, con una personale alla Biennale di Venezia già nel 1958 che gli valse il Premio Unesco. Grandi mostre quelle del 1973 al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, e del 1977 all’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. Con una cinquantina di premi a dare ufficialità al suo ruolo di padre dell’arte contemporanea iberica, dalla Medalla d’Or de la Generalitat (1983) al Premio Príncipe de Asturias de las Artes (1990), al Velázquez de Artes Plásticas del Ministerio de Cultura (2003), stesso anno del trionfo globale con il Praemium Imperiale in Giappone. Nel 1990 era stata inaugurata a Barcellona la Fondazione Antoni Tàpies, dedicata al suo lavoro ma anche ad altri artisti contemporanei, con mostre ed iniziative di promozione riprese nel 2010, dopo due anni di chiusura per lavori di ristrutturazione. Nel mese di aprile del 2010 il Re di Spagna aveva coronato la sua carriera concedendogli il titolo nobiliare di Marchese. L’ultima grande mostra  nel settembre 2011, nella città di Aranjuez, un focus sulla sua grafica con 26 incisioni originali.

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