Si o no, che importa? Il problema non è il Padiglione Italia, ma l’Italia tutta. Parola di Adalberto Abbate…

Quelli che hanno detto No adducendo motivazioni articolate e precise, quelli che No l’hanno detto senza soffermarsi  troppo a spiegare, e quelli che, pur rifiutando, hanno preferito non comunicarlo proprio. E poi qualcuno che ha detto Sì, sentendo il bisogno di rendere pubblica la cosa. Ma c’è pure chi sostiene che dire Si o No […]

Quelli che hanno detto No adducendo motivazioni articolate e precise, quelli che No l’hanno detto senza soffermarsi  troppo a spiegare, e quelli che, pur rifiutando, hanno preferito non comunicarlo proprio. E poi qualcuno che ha detto Sì, sentendo il bisogno di rendere pubblica la cosa.
Ma c’è pure chi sostiene che dire Si o No al Padiglione Italia, è un po’ la stessa cosa. Tanto, il disastro che ci sommerge è tale da non ammettere alcuna esitazione, alcuna spiegazione, alcun ripensamento o fine individualistico. Una rivoluzione ci vorrebbe. E basta.
Di chi parliamo? Di Adalberto Abbate, uno che sull’idea di contestazione rivoltosa ha orientato la sua recente ricerca.
Abbate ci ha scritto, a proposito della Biennale. Ma di sé non parla: la sua presenza o la sua assenza diventano un fatto marginale. Dall’episodio biennalesco l’artista siciliano prende spunto per una riflessione generale intorno all’attuale situazione politico-economica italiana, alla relativa indifferenza del mondo dell’arte e al ruolo della cultura.
Che Abbate era stato invitato Venezia, per la sezione Accademie, ve lo diciamo noi. E vi diciamo anche che la sua risposta è stato un secco no, senza troppi giri di parole.
Un po’ di parole le mette poi, nero su bianco, nella lettera qui di seguito. Che noi condividiamo, assieme a tutte le altre che abbiamo pubblicato e che costituiscono un piccolo diario in progress di questa insolita, delirante, convulsa vicenda…

– Helga Marsala

rivolta10 Si o no, che importa? Il problema non è il Padiglione Italia, ma l’Italia tutta. Parola di Adalberto Abbate…

Adalberto Abbate, For politicians only, 2009, mazze da baseball modificate, dimensioni reali, courtesy Galleria Francesco Pantaleone, Palermo

Da semplice osservatore dello stato attuale.
Siamo a pochi giorni dell’inaugurazione della drammatica kermesse veneziana. Osservo da giorni, mesi e anni i movimenti viscerali di questa nostra Italia della cultura. I momenti difficili generati dalla crisi hanno colpito le fondamenta dell’economia culturale, e quindi anche i suoi protagonisti, che da lungo tempo non proferivano parola intorni al disagi del Paese. L’interesse del mondo dell’arte verso i problemi del paese era completamente inesistente.
Poi la crisi e il lieve risveglio: piccoli movimenti antipolitici, simili a un subbuglio intestinale, cominciano ad affiorare qui e là.
I teatri fanno un minuto di silenzio per i tagli alla cultura, gli artisti volteggiano con performance di protesta, intellettuali e premi nobel per la letteratura ottengono l’attenzione delle telecamere per parlare di lotta incontrastata contro un sistema corrotto. Contro un malgoverno che sta demolendo, giorno dopo giorno, la cultura italiana.
Poi, tutto tace, tutto riprendere a scorrere come prima.
E le Accademie di Belle Arti, addirittura, decidono di partecipare alla Biennale di Venezia, anziché  indignarsi per la crisi che sta investendo la formazione culturale, la ricerca, lo sviluppo.
Dalle Accademie che educano giovani menti, più che dagli artisti con il loro percorso individuale, mi sarei aspettato un rifiuto simbolico. E invece? Pronta partecipazione.
Dire c’ero anche io, come dire io ho rifiutato, pesano allo stesso modo. Per lungo tempo il mondo della cultura è rimasto indifferente ai problemi del Paese: i lavoratori che hanno perso anima e stipendio, i terremotati dell’Aquila e gli alluvionati di Sicilia, la Campania devastata dai rifiuti, la cultura che crolla, Pompei ridotta in briciole, Agrigento che si sta polverizzando, la strage delle Palme centenarie di Palermo, Roma e i suoi monumenti senza interventi di ripristino e salvaguardia…
E l’Italia tace. Tace perché si è in pochi a volere sistemare le cose. Tace perché gli artisti si indignano solo in maniera individuale e autocelebrativa.
Non è più il momento di pensare alla propria individualità, in un paese che miete vittime e che affama ogni giorno migliaia di persone.
Esserci o non esserci in Biennale conta poco, l’arte dovrebbe agire unita.
La cultura si considera la mente di questo paese… E allora che la cultura aiuti questo paese a pensare.
L’espressione artistica gode di un privilegio di libertà: impegnarsi per liberarsi dalla corruzione e dall’ignoranza è un dovere morale. Si deve andare contro tutti, dal curatore televisivo del Padiglione Italia, al Premio Nobel della letteratura divenuto selezionatore per il Padiglione stesso. Bisogna attaccare il vergognoso intellettuale di destra e fare lo stesso con quello di sinistra.

Poi, potremmo finalmente tornare a parlare di buona cultura.

“É forse solo un brutto sogno”

Adalberto Abbate

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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