In un film l’architettura radicale e visionaria del Gruppo 9999

Si chiama “Radical Landscapes" il documentario sul gruppo fiorentino che mezzo secolo fa partecipò al rinnovamento della pratica e della teoria architettonica contemporanea. L’indagine di una regista, l’omaggio di una figlia a un padre. Ma soprattutto un’impresa per il recupero e la diffusione di documenti dall’alto valore culturale. Pubblichiamo qui un estratto del film

I “paesaggi radicali” raccontati da Elettra Fiumi sono insieme un ritratto di famiglia e un fermo immagine di un’epoca, documento culturale, sociale e politico di un pezzo d’Italia, nel passaggio esplosivo tra gli anni Sessanta e Settanta. C’è la storia di suo padre, nel film della regista, giornalista e producer italiana, fondatrice della casa di produzione Fiumi Studios, con sede a Lugano e New York. E c’è il senso di un’esperienza turbolenta, seminale e innovativa, radicatasi a Firenze grazie al talento di una schiera di creativi e sperimentatori. Furono gli anni dell’Architettura Radicale – nome partorito da Germano Celant – sotto la cui bandiera fiorirono una serie di gruppi divenuti presto influenti, dagli Archizoom a Superstudio, da UFO a Zziggurat, a cui si univano le ricerche di alcuni singoli architetti, come Remo Buti e Gianni Pettena. E poi loro, i pionieri del Gruppo 9999, ovvero Giorgio Birelli, Carlo Caldini, Paolo Galli e Fabrizio Fiumi, padre di Elettra. È solo dopo la morte di quest’ultimo che la sua storia finì, per caso, tra le mani di lei: tutto partì dal ritrovamento fortuito di alcuni nastri Super 8, piccola parte di un folto patrimonio disperso, quasi totalmente dimenticato. A cui occorreva offrire un futuro di conservazione e di valorizzazione, ma soprattutto una forma organica e ragionata.

Gruppo 9999, Vegetable Garden House

Gruppo 9999, Vegetable Garden House

TUTTA L’UTOPIA DI UN MOVIMENTO ESPLOSIVO

Quello dell’Architettura Radicale fu un terremoto creativo e intellettuale: attraverso disegni, progetti, pubblicazioni, collage, video, performance, azioni ed esperienze collettive, questo eterogeneo movimento puntava a una rifondazione concettuale della disciplina architettonica, espandendone i limiti e ripensandone coordinate, metodologie, campi di applicazione, teorie, formule, linguaggi. Tutto era, o poteva essere, architettura. Non più un mondo a sé, un territorio circoscritto, una disciplina accademica; non più solamente e necessariamente una pratica finalizzata a edificare spazi abitabili.
Un pensiero lucidamente utopico si traduceva in immagini irriverenti, pop, visionarie, figlie di uno sperimentalismo estremo, ricercando un’architettura totale di cui diventavano parte integrante la musica, l’avanguardia tecnologica, i temi ambientali, i mass media, la moda, l’arte, il cinema, l’editoria, i mutamenti del costume. Architettura come processo, come comunicazione, come immaginazione a briglie sciolte, non puntando per forza sulla concretezza dei manufatti, sull’imperativo della costruzione, e non sottostando al diktat degli stili, delle convenzioni, delle norme: afunzionale, anarchica, emozionale, divertente, irrazionale, chiamata a reinventare il vivere comune, tra progettualità ardimentose e contaminazioni.

Illustrazioni dal film Radical Landscapes di Elettra Fiumi

Illustrazioni dal film Radical Landscapes di Elettra Fiumi

UNA LUNGA STORIA DI MEMORIA E DI RICERCA

Elettra Fiumi poco sapeva di quell’attività giovanile del papà, consumatasi nel giro di pochi anni. Di lui – cittadino del mondo, globetrotter, una vita spesa tra la sua Firenze e gli USA – ricordava il famoso brevetto del “Softitler”, dispositivo inventato dopo il trasferimento a Los Angeles: una tecnica per la titolazione cinematografica, adottata a livello internazionale. E ricordava certo il Florence Film Festival, di cui era stato fondatore, e che fin da piccola lei aveva imparato a frequentare. La vera portata della ricerca artistica di lui non le era stata ben presente, però, fino al giorno del fortunato ritrovamento. Una rivelazione, una porta che si apriva su un mondo stimolante e complesso, l’inizio di un percorso che era subito diventato sfida, impegno, tributo. E di cui, come nelle migliori avventure documentaristiche, la forma e la conclusione non furono subito ben chiare. “Ho trascorso un periodo lungo, caotico e complesso raccogliendo l’archivio di mio padre da diversi luoghi del mondo e cercando di trovare tutti i materiali e le riprese“, ha raccontato Elettra in un’intervista, riportata su Designboom. “Poi l’ho digitalizzato. E poi ho continuato a trovare più cose. Lentamente ho iniziato a metterlo insieme e a dargli un senso. Non sapevo davvero dove fossi diretta per l’intera prima parte del processo di realizzazione del film. Ho seguito le tracce che ho trovato e ho lasciato che la mia curiosità giornalistica e il mio dolore mi guidassero. Molto è stato quindi costruito nel corso della stessa post produzione. Avevo provato a scrivere e riscrivere il trattamento, ma ha iniziato a respirare solo durante il montaggio”.
La regista inizia a intervistare la sua famiglia, gli ex membri del gruppo e vari personaggi legati a quel milieu culturale, recuperando filmati, immagini, racconti: dopo 10 anni di lavoro ne è venuto fuori un prezioso archivio multimediale, confluito in “Radical Landscapes”, film che già nella forma riflette l’amore del Gruppo 9999 per i collage, le illustrazioni, la fotografia: da qui la collaborazione con il duo di artisti Fossick Project e con gli autori di animazioni Alessandro Santillo e Milly Miljkovic. Ma l’idea del collage domina in fondo l’intero sviluppo della pellicola, grazie a un montaggio fatto di livelli e di cuciture, in cui si combinano materiali d’archivio, grafiche e riprese attuali.

Space Electronic © Gruppo 9999, Carlo Caldini

Space Electronic © Gruppo 9999, Carlo Caldini

LE IMPRESE DEL GRUPPO 9999

Tra i viaggi in India e in USA, lo studio delle teorie di Marshal McLuhan, il contatto diretto con la controcultura californiana, con le metropoli statunitensi e con i movimenti artistici e sperimentali dell’epoca, il Gruppo diventa protagonista della neo-avanguardia architettonica italiana, ridefinendo il ruolo dell’architetto e i confini dell’architettura stessa, in un mix avveniristico di progettazione, multimedialità, musica rock, cultura underground, iconografia pop, progresso tecnologico e sensibilità ambientalista. Un lavoro di natura concettuale, veicolato largamente attraverso composizioni cartacee e fotografiche, testi, happening.
Memorabile l’evento fiorentino sul Ponte Vecchio del 25 settembre 1968, in cui le storiche mura del Lungarno diventavano schermi di proiezione, ospitando un mix di immagini varie: un astronauta che galleggia nel cosmo, le autostrade di Los Angeles, disegni astratti e geometrici… Una maniera radicale d’intervenire nello spazio cittadino più antico e monumentale, optando per una forma leggera, immateriale, eppure sorprendente.
Con lo stesso spirito rivoluzionario, nel 1969, i quattro aprivano a Firenze una discoteca in un ex garage danneggiato dalle alluvioni, in Via Palazzuolo: ispirata all’Electric Circus di New York, venne battezzata Space Electronic e fu un luogo di grande sperimentazione, tra dance-floor, performance, jam session, concerti e spettacoli teatrali, frequentato da personaggi della portata di Dario Fo, Demetrio Stratos, Julian Beck e Judith Malina del Living Theatre, gli Area.

Paolo Galli, Barca in Legno, Firenze, 1973. Foto di Giorgio Birelli. Archivio 9999 - Ph. Facebook

Paolo Galli, Barca in Legno, Firenze, 1973. Foto di Giorgio Birelli. Archivio 9999 – Ph. Facebook

Nel 1971, insieme ai Superstudio, fondano la S-SPACE – Scuola Separata Per l’Architettura Concettuale Espansa, che in un documento definiscono “un luogo non fisico di produzione, elaborazione e trasmissione di idee, processi, eventi, apparizioni, profezie, ricordi, situazioni, esistenze. S-Space è esperienza e catalogo per l’architettura concettuale, espansa, impossibile, immaginaria e riflessa. S-Space è un sistema globale teorico-pratico di didattica sperimentale per l’affinamento di strategie mentali”. E mentre sviluppano riflessioni sempre più incalzanti sui temi della natura e dell’ecologia, facendoli convivere con la vocazione tecnologica e con gli orizzonti futuristici, nel 1972 prendono parte con il progetto Vegetable Garden House alla mostra “Italy: The New Domestic Landscape”, curata da Emilio Ambasz al MoMA di New York.
Esperienza iconica fu poi la costruzione di una braca, nel giardino di Paolo Galli: uno scafo in legno di 12 metri concepito come spazio comunitario, simbolo di quello sforzo che le forze creative ed intellettuali potevano contrapporre al sistema borghese, alla burocrazia oppressiva e ai processi di urbanizzazione imposti dall’alto. Un’impresa in pieno spirito hippy, di cui resta preziosa memoria negli gli scatti di Giorgio Birelli, realizzati nel corso del cantiere.
Il film di Elettra Fiumi, sostenuto da Women Make Movies, è stato sviluppato con Documentary Campus Masterschool e presentato al Dok Leipzig e all’IDS Academy del Torino Film Festival. Ha vinto una borsa di studio della Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts e il materiale raccolto ha fatto parte di varie mostre in musei internazionali, dal Vitra Design Museum al Design Museum Brussels, dal Canadian Centre for Architecture alla Biennale di Architettura di Venezia, da Palazzo Strozzi al Museo del Novecento.

Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più