Una borgata popolare, una strada di periferia, due saracinesche, una porzione di muro intorno, un locale al pianterreno di un palazzone. E la street art, che arriva a spezzare il grigio e la noia. Siamo a Roma, in zona Tufello, quartiere Monte Sacro. Qui Alice Pasquini, tra le più note writer della scena capitolina – una sua tela campeggia addirittura in un ufficio del Campidoglio – ha realizzato un nuovo, imponente murales, con i classici volti di adolescenti, dal tratto definito e veloce, e quegli scorci urbani tipici di un’estetica da suburbia metropolitana.
Tutte le fasi del lavoro sono state riprese, con l’idea di produrre un videodocumentazione pensata dalla prospettiva dei residenti: a essere filmata è Alice, con le mani imbrattate di colore, con un po’ di amici a darle una mano, con una caterva di bombollette intorno e quell’immagine che prende forma, via via, trasformando radicalmente l’aspetto del muro, del palazzo, della strada, del quartiere. E poi la gente: passanti, curiosi, qualcuno che si ferma a commentare, qualcun altro che spia dall’automobile, chi si affaccia dal balcone, chi scatta un paio di foto, chi si spende in complimenti o lancia una battuta lapidaria. E la reazione, in generale, è sempre a stessa: stupore, approvazione e un pizzico di complicità. E cambiano gli spazi, cambiano le città, con le persone, per le persone. Che è poi il senso e l’origine della street art: riscoprire e risignificare luoghi pubblici dimenticati, ormai invisibili, esposti al degrado, semplicemente anonimi. E farne nuova occasione di comunità.
Helga Marsala