Non di sola luce. Riflessioni sulla fotografia a Bologna

Palazzo de’ Toschi, Bologna – fino al 28 febbraio 2016. Cosa vuol dire fotografia, oggi? Ha ancora senso parlare di “scrittura con la luce”, quando i mezzi usati possono non avere nulla a che fare con le tecniche tradizionali? A tali quesiti prova a rispondere la mostra bolognese intitolata all’arte dello scatto.

CAMERA E SUPPORTI
Le opere esposte a Bologna sono firmate da quasi venti artisti molto diversi tra loro, per stile, età, provenienza e formazione. Ma tutti sono accomunati da un utilizzo peculiare del mezzo fotografico, della “camera”, per usare il termine inglese: ed è proprio questo il tema principale della mostra curata da Simone Menegoi, che nel sottotitolo non lascia spazio a dubbi.
Si riflette infatti sulla materialità della fotografia e, di conseguenza ma non solo, sulle possibilità innumerevoli e talvolta stravaganti di tecniche di stampa e supporti: dal dagherrotipo alla stampa 3D o UV, fino a opere fotografiche montate in forma di scultura, come la Structure for Moon Plates and Moon Shards di Johan Österholm, che conclude il percorso.

TECNICHE, TRA PASSATO E FUTURO
Accostati tra loro, i metodi antichi riescono a dialogare con i più recenti, spesso contaminandosi e producendo nuovi risultati documentati attraverso un catalogo-guida alla mostra, che per alcuni artisti non riproduce l’opera ma un momento della sua esecuzione: la preparazione manuale della carta per la stampa al platino nel caso di Paul Caffell, le macchine fotografiche progettate appositamente da Attila Csörgő per poter creare fotografie su superfici sferiche o semisferiche, o ancora il collimatografo usato da Anna Lena Radlmeier per scannerizzare una serie di oggetti su un tavolo.
A un presente che tende verso il futuro, appartengono invece le stampe 3D in titanio – create da Ives Maes – di riprese panoramiche effettivamente incise sulla superficie e che, nella loro conversione tridimensionale, assumono una connotazione informale. E materiale d’avanguardia è pure quello fosforescente impiegato da Paolo Gioli per realizzare delle lastre luminose che possono quindi essere stampate a contatto senza bisogno di un ingranditore o di altre fonti di luce. Ma non mancano le immagini prodotte grazie al foro stenopeico di antica memoria, le sovrapposizioni con la serigrafia, l’impiego della pietra, del gesso e delle muffe che riconducono le opere di Franco Guerzoni all’archeologia, sia nel soggetto sia nella tecnica scelta.

Franco Guerzoni, Dentro l’immagine, 1975. Cristalli di zolfo su fotografia originale

Franco Guerzoni, Dentro l’immagine, 1975. Cristalli di zolfo su fotografia originale

UN PROGETTO DI RICERCA
La mostra fa parte di un progetto di più ampio respiro condotto dal curatore: i primi due episodi si sono svolti a Nuoro nel 2013 e ad Anversa nel 2015 e indubbiamente presentano un carattere di ricerca che da un lato spiazza le aspettative comuni sul medium fotografico, dall’altro spalanca potenzialità nuove attraverso un connubio fra tradizione e modernità.
Senza voler sovrapporci al puntuale e intelligente lavoro curatoriale, stupisce un po’, in una mostra bolognese, l’assenza di Nino Migliori, uno dei primi artisti in Italia ad avere abbandonato la via del realismo per scegliere, e portare ancora oggi avanti, la sperimentazione in fotografia.

Marta Santacatterina

Bologna // fino al 28 febbraio 2016
La Camera. Sulla materialità della fotografia
a cura di Simone Menegoi
PALAZZO DE’ TOSCHI
Piazza Minghetti 4d
051 6571430
[email protected]
www.bancadibolognaeventi.it/mostra-arte-la-camera/

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/50776/la-camera-sulla-materialita-della-fotografia/

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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