Da Hockney a Holbein. La Collezione Würth a Berlino

Martin-Gropius-Bau, Berlino – fino al 10 gennaio 2016. Museo dell'immaginario o camera delle meraviglie contemporanea? Un assaggio della vasta collezione di Reinhold Würth, il collezionista che ambiva a creare un museo “aperto” per definizione.

DAL PRESENTE AL XV SECOLO: A RITROSO
Da Hockney a Holbein. La Collezione Würth a Berlino non è la solita mostra-contenitore di grandi nomi dalla A alla Z. Non è una mostra enciclopedica o, almeno, non ambisce a esserne una. È una mostra che attraversa la storia dell’arte dal XV secolo al presente, ma in maniera ellittica, come in un romanzo a puntate di cui si possiedono solo numeri sparsi. È una mostra dalla cronologia non lineare o cronologia all’inverso, dato che Reinhold Würth pensò bene di costruire la sua collezione a partire dal moderno e arrivare fino all’arte fiamminga e rinascimentale.
Passeggiando per il Martin-Gropius-Bau ci si sente come in una Wunderkammer, in una camera delle meraviglie oppure, come è stato detto, in un “museo immaginario” che conta più di quattrocento opere, solo una parte dell’enorme collezione Würth.

CRISI E IMPACCHETTAMENTI
Last Judgement Sculpture (1995-99) di Anthony Caro inaugura il percorso nel cortile centrale. L’installazione, presentata alla Biennale di Venezia nel 1999, era stata acquistata precedentemente da Würth, dopo averla vista nell’atelier londinese dell’artista. Si tratta di un’opera che parla di crisi dell’era contemporanea, scaturita in particolare dagli eventi storici della guerra dei Balcani e del Kosovo.
E poi ci sono i progetti di Christo e Jeanne-Claude per il Museo Würth a Künzelsau: i disegni e modellini per l’albero impacchettato (Wrapped Tree, 1994) e quelli per l’impacchettamento degli interni del museo stesso in 7,283 metri quadri di tessuto (Wrapped Floor and Stairways and Covered Windows, Project for Museum Würth, Germany, 1994).

Lukas Cranach il Vecchio, Santa Barbara, 1530 ca.

Lukas Cranach il Vecchio, Santa Barbara, 1530 ca.

ACCOSTAMENTI ARDITI
Lo spazio semi-privato, quasi intimo, di un collezionista è lo spazio immaginario in cui tutto diventa possibile. Quindi anche un parallelo al di sopra della cronologia storico-artistica, in cui i ritratti di Lucas Cranach il Vecchio sono accostati a quelli di Fernando Botero: le eleganti figure fiamminghe a mezzo busto figurano sullo sfondo di paesaggi da favola, così come i corpi massicci caricaturali di Botero si dilatano su tele di dimensioni superiori al naturale.
David Hockney e Hans Holbein il Giovane compaiono, infine, agli estremi opposti delle due ali laterali del museo, che circondano il cortile centrale. Three Trees Near Thixendale, Spring, Summer, Autumn, Winter, 2007/08 sono i grandi oli composti di tele multiple con cui Hockney ha registrato lo stesso soggetto durante le diverse stagioni, un po’ come Monet fece con la sua Cattedrale di Rouen (1894), dipinta in diverse ore del giorno, per studiare gli effetti della luce.
La Madonna of Major Jacob Meyer zum Hasen (1525-26 e 1528) di Holbein ha tutto il fascino proprio dell’arte fiamminga: dalla cura dei dettagli – come il tappeto orientale mosso da una piega, che sembra voler ingannare l’aspetto impeccabile di ogni personaggio inserendo un tocco di disordine – allo sfumato dei volti appreso dal rinascimento italiano.
Da Hockney a Holbein, insomma, “perdersi” risulta una condizione a priori che, varcate le soglie di un museo per definizione “immaginario”, non può che far bene.

Margherita Foresti

Berlino // fino al 10 gennaio 2016
Von Hockney bis Holbein. Die Sammlung Würth in Berlin
Catalogo Swiridoff Verlag
MARTIN-GROPIUS-BAU
Niederkirchnerstrasse 7
+49 (0)30 254860

[email protected]
www.gropiusbau.de

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Margherita Foresti

Margherita Foresti

Nata a Napoli nel 1991, Margherita Foresti compie gli studi in Archeologia e Storia delle Arti presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, laureandosi con una tesi dal titolo “La smaterializzazione dell’opera d’arte: nuovi prodotti artistici e mercato nell’arte…

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